Nel seguire la nascita e gli sviluppi della «Querelle des anciens et des modernes» attraverso le posizioni da una parte soprattutto di Perrault e Bouhours e dall’altra di Muratori, Orsi, Vico, si mostra come, nonostante l’inclinazione dei letterati italiani a sostenere la superiorità degli “antichi”, si sia affermato a poco a poco un senso di disagio rispetto all’eccellenza del passato, che generò un’impressione di oppressione e di decadenza, oltre alla frustrazione di non potere più avere le stesse possibilità creative e originali degli antichi. Progressivamente ci si rese conto dei pregiudizi argomentativi che troppo dogmaticamente concedevano il primato agli antichi, come l’errore di privilegiare del passato soltanto gli esempi e gli episodi migliori, l’artificio di considerare il passato come un blocco unico, senza distinguere i periodi e le generazioni, l’idealizzazione di un mondo che non esiste più. Al tempo stesso vennero a imporsi aspetti che ridiedero fiducia al presente, come i progressi delle scienze naturali, l’impegno per una letteratura utile alla società civile, il superamento del Barocco, la coscienza di risolutivi mutamenti di sensibilità, con l’affermazione dell’estetica del Sublime. Alla fine, verso la metà del Settecento, ci si rese conto che il confronto tra antichi e moderni era improponibile, non potendosi giudicare due epoche per niente omogenee. Indicativo al proposito fu l’auspicio di un letterato, Giulio Cesare Becelli, secondo cui era ormai venuto il tempo di veleggiare verso altri lidi, dando un «addio» «a latini e greci», «quali i pellegrini agli ospiti loro».
andrea Battistini (2018). La «querelle des anciens et des modernes» e il ripudio della parola eloquente. Bologna : I libri di Emil.
La «querelle des anciens et des modernes» e il ripudio della parola eloquente
andrea Battistini
2018
Abstract
Nel seguire la nascita e gli sviluppi della «Querelle des anciens et des modernes» attraverso le posizioni da una parte soprattutto di Perrault e Bouhours e dall’altra di Muratori, Orsi, Vico, si mostra come, nonostante l’inclinazione dei letterati italiani a sostenere la superiorità degli “antichi”, si sia affermato a poco a poco un senso di disagio rispetto all’eccellenza del passato, che generò un’impressione di oppressione e di decadenza, oltre alla frustrazione di non potere più avere le stesse possibilità creative e originali degli antichi. Progressivamente ci si rese conto dei pregiudizi argomentativi che troppo dogmaticamente concedevano il primato agli antichi, come l’errore di privilegiare del passato soltanto gli esempi e gli episodi migliori, l’artificio di considerare il passato come un blocco unico, senza distinguere i periodi e le generazioni, l’idealizzazione di un mondo che non esiste più. Al tempo stesso vennero a imporsi aspetti che ridiedero fiducia al presente, come i progressi delle scienze naturali, l’impegno per una letteratura utile alla società civile, il superamento del Barocco, la coscienza di risolutivi mutamenti di sensibilità, con l’affermazione dell’estetica del Sublime. Alla fine, verso la metà del Settecento, ci si rese conto che il confronto tra antichi e moderni era improponibile, non potendosi giudicare due epoche per niente omogenee. Indicativo al proposito fu l’auspicio di un letterato, Giulio Cesare Becelli, secondo cui era ormai venuto il tempo di veleggiare verso altri lidi, dando un «addio» «a latini e greci», «quali i pellegrini agli ospiti loro».I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.