Secondo l’UNHCR, sarebbero oltre 27mila i Minori Stranieri Non Accompagnati arrivati in Italia attraverso il Mediterraneo nel 2016. I minori che arrivano soli rappresentano il 91% del totale dei minori che arrivano nel nostro territorio, fuggendo da conflitti bellici, gravi situazioni di povertà e degrado, in cerca di migliori condizioni di vita per sé e per la propria famiglia che, spesso, rimane nel paese d’origine in attesa di un sostegno economico inviato dal ragazzo che raggiunge il nuovo paese. Il complesso e composito sistema di accoglienza italiano per MSNA, legato a un circuito nazionale SPRAR e a una molteplicità di altre realtà locali autonome, rendono il panorama quanto mai eterogeneo in termini di pratiche educative, utenza, bisogni, problematicità, ecc. Il presente contributo intende mettere in luce alcuni dei risultati relativi a una ricerca (ancora in atto) avviata con l’obiettivo di comprendere e addentrarsi nei contesti che ospitano MSNA, attraverso le parole e il sapere professionale degli educatori/educatrici e coordinatori/coordinatrici che quotidianamente operano con questa particolare utenza, caratterizzata da almeno 3 potenziali aspetti di problematicità: essere minori, ritrovarsi da soli in un contesto lontano dal proprio paese di origine ed essere stranieri. Le interviste strutturate realizzate con operatori e coordinatori di comunità di seconda accoglienza, hanno toccato numerosi aspetti, tra i quali il tema della discriminazione subita da alcuni di questi ragazzi. La loro differente origine, spesso inferita da tratti fisici e somatici socialmente e culturalmente ricondotti a una origine non italiana, è sovente motivo di discriminazione. In particolar modo, si è scelto di includere questo tema nello scheda di intervista a fronte dell’ampia letteratura scientifica che non solo testimonia la ancora diffusa presenza di episodi di discriminazione verso soggetti di origine straniera (tanto più se portatori di tratti somatici che rendono tale caratteristica “visibile”), ma altresì ricerche che correlano il vissuto di discriminazione a una compromissione della salute mentale (es: DSPT, ansia, depressione). Pertanto, ai vissuti già spesso traumatici di questi giovani, si possono aggiungere ulteriori fattori di rischio come, appunto, il vissuto discriminatorio. Episodi di razzismo e di discriminazione – in relazione ai quali il colore scuro della pelle dei MSNA provenienti dal continente africano (infatti per la maggior parte arrivano dall’Eritrea, Gambia e Nigeria) sembra essere l’oggetto primario di attenzione – sono raccontati dagli intervistati come avvenimenti portatori di grande sofferenza e disagio per i giovani. In particolar modo, si desidera mettere in luce come ancor oggi, secondo le parole degli educatori/trici che quotidianamente si relazionano con questi minori, questi accadimenti sembrino essere quotidianamente presenti nella vita di questi giovani numerosi e “sfumati” episodi identificabili come razzisti. Un dato di interesse, che emerge dalle parole degli intervistati, riguarda in particolar modo quelli che possiamo definire “i luoghi della discriminazione” (es: autobus, ospedale, campo di calcio, contesto lavorativo, strada, polizia), ovvero i luoghi dove tale discriminazione viene agita/subita e potenzialmente i luoghi dover poter agire in direzione educativa e trasformativa. Se è vero che l’atto discriminatorio subito incide sull’integrità psicologica del soggetto, è certo importante non solo conoscere dettagliatamente tali episodi e le ricadute emotive che questi hanno sul minore, ma anche quali siano gli interventi e le risposte che gli operatori utilizzano più o meno consapevolmente e intenzionalmente e che si delineano come interventi educativi di rilevante importanza nel quotidiano rapporto con i MSNA.

C’erano una volta i luoghi della discriminazione…e ci sono ancora: racconti di quotidiano razzismo verso i minori stranieri non accompagnati

Margherita Cardellini
2018

Abstract

Secondo l’UNHCR, sarebbero oltre 27mila i Minori Stranieri Non Accompagnati arrivati in Italia attraverso il Mediterraneo nel 2016. I minori che arrivano soli rappresentano il 91% del totale dei minori che arrivano nel nostro territorio, fuggendo da conflitti bellici, gravi situazioni di povertà e degrado, in cerca di migliori condizioni di vita per sé e per la propria famiglia che, spesso, rimane nel paese d’origine in attesa di un sostegno economico inviato dal ragazzo che raggiunge il nuovo paese. Il complesso e composito sistema di accoglienza italiano per MSNA, legato a un circuito nazionale SPRAR e a una molteplicità di altre realtà locali autonome, rendono il panorama quanto mai eterogeneo in termini di pratiche educative, utenza, bisogni, problematicità, ecc. Il presente contributo intende mettere in luce alcuni dei risultati relativi a una ricerca (ancora in atto) avviata con l’obiettivo di comprendere e addentrarsi nei contesti che ospitano MSNA, attraverso le parole e il sapere professionale degli educatori/educatrici e coordinatori/coordinatrici che quotidianamente operano con questa particolare utenza, caratterizzata da almeno 3 potenziali aspetti di problematicità: essere minori, ritrovarsi da soli in un contesto lontano dal proprio paese di origine ed essere stranieri. Le interviste strutturate realizzate con operatori e coordinatori di comunità di seconda accoglienza, hanno toccato numerosi aspetti, tra i quali il tema della discriminazione subita da alcuni di questi ragazzi. La loro differente origine, spesso inferita da tratti fisici e somatici socialmente e culturalmente ricondotti a una origine non italiana, è sovente motivo di discriminazione. In particolar modo, si è scelto di includere questo tema nello scheda di intervista a fronte dell’ampia letteratura scientifica che non solo testimonia la ancora diffusa presenza di episodi di discriminazione verso soggetti di origine straniera (tanto più se portatori di tratti somatici che rendono tale caratteristica “visibile”), ma altresì ricerche che correlano il vissuto di discriminazione a una compromissione della salute mentale (es: DSPT, ansia, depressione). Pertanto, ai vissuti già spesso traumatici di questi giovani, si possono aggiungere ulteriori fattori di rischio come, appunto, il vissuto discriminatorio. Episodi di razzismo e di discriminazione – in relazione ai quali il colore scuro della pelle dei MSNA provenienti dal continente africano (infatti per la maggior parte arrivano dall’Eritrea, Gambia e Nigeria) sembra essere l’oggetto primario di attenzione – sono raccontati dagli intervistati come avvenimenti portatori di grande sofferenza e disagio per i giovani. In particolar modo, si desidera mettere in luce come ancor oggi, secondo le parole degli educatori/trici che quotidianamente si relazionano con questi minori, questi accadimenti sembrino essere quotidianamente presenti nella vita di questi giovani numerosi e “sfumati” episodi identificabili come razzisti. Un dato di interesse, che emerge dalle parole degli intervistati, riguarda in particolar modo quelli che possiamo definire “i luoghi della discriminazione” (es: autobus, ospedale, campo di calcio, contesto lavorativo, strada, polizia), ovvero i luoghi dove tale discriminazione viene agita/subita e potenzialmente i luoghi dover poter agire in direzione educativa e trasformativa. Se è vero che l’atto discriminatorio subito incide sull’integrità psicologica del soggetto, è certo importante non solo conoscere dettagliatamente tali episodi e le ricadute emotive che questi hanno sul minore, ma anche quali siano gli interventi e le risposte che gli operatori utilizzano più o meno consapevolmente e intenzionalmente e che si delineano come interventi educativi di rilevante importanza nel quotidiano rapporto con i MSNA.
2018
INFANZIE MOVIMENTATE. Ricerca pedagogica e progettazione nei contesti di emergenza per minori stranieri non accompagnati.
196
210
Margherita Cardellini
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/634064
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