Il Tribunale di S. Maria Capua Vetere, nell’ambito del procedimento riguardante il sig. S.V., ha promosso una questione di legittimità costituzionale anche con riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., a proposito dell’art. 4 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità) e dell’art. 2-ter della legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro la mafia), nella parte in cui non consentono che la procedura di applicazione delle misure di prevenzione si svolga, su istanza degli interessati, nelle forme dell’udienza pubblica. Ad avviso del giudice rimettente, il procedimento per l’applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali, svolgendosi, in base alla normativa richiamata, in camera di consiglio senza la presenza del pubblico, presenterebbe profili di incompatibilità con la disposizione CEDU che codifica il diritto ad un processo equo, ossia l’art. 6, par. 1, così come interpretato dalla Corte di Strasburgo. La Corte EDU, infatti, ha sancito che la pubblicità delle procedure giudiziarie, garantita dalla citata norma pattizia, tutela le persone soggette ad una giurisdizione contro una giustizia segreta, che sfugge al controllo del pubblico, e costituisce uno dei mezzi idonei per preservare la fiducia nei giudici, stabilendo, pertanto, il contrasto della procedura di applicazione delle misure di prevenzione con l’art. 6, par. 1, CEDU.
Elisa Baroncini (2018). Corte costituzionale, sentenza dell’8 marzo 2010, n. 93. bologna : bononia university press.
Corte costituzionale, sentenza dell’8 marzo 2010, n. 93
Elisa Baroncini
2018
Abstract
Il Tribunale di S. Maria Capua Vetere, nell’ambito del procedimento riguardante il sig. S.V., ha promosso una questione di legittimità costituzionale anche con riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., a proposito dell’art. 4 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità) e dell’art. 2-ter della legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro la mafia), nella parte in cui non consentono che la procedura di applicazione delle misure di prevenzione si svolga, su istanza degli interessati, nelle forme dell’udienza pubblica. Ad avviso del giudice rimettente, il procedimento per l’applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali, svolgendosi, in base alla normativa richiamata, in camera di consiglio senza la presenza del pubblico, presenterebbe profili di incompatibilità con la disposizione CEDU che codifica il diritto ad un processo equo, ossia l’art. 6, par. 1, così come interpretato dalla Corte di Strasburgo. La Corte EDU, infatti, ha sancito che la pubblicità delle procedure giudiziarie, garantita dalla citata norma pattizia, tutela le persone soggette ad una giurisdizione contro una giustizia segreta, che sfugge al controllo del pubblico, e costituisce uno dei mezzi idonei per preservare la fiducia nei giudici, stabilendo, pertanto, il contrasto della procedura di applicazione delle misure di prevenzione con l’art. 6, par. 1, CEDU.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.