Le indagini sulla dimensione fisica del territorio statuale, in Italia, interessano una lunga tradi- zione di studi che risale all’epoca rinascimentale. Tali ricerche conobbero un nuovo slancio durante il Risorgimento, quando il fiorire delle analisi statistiche gettò le basi strumentali per condurre un esame del rapporto fra un determinato territorio e i gruppi umani nella loro dimensione sociale e economica (GAMBI, 1992). A partire dagli ultimi anni del secolo XIX, inoltre, la ricerca di una base territoriale per misurare i fenomeni fisici e antropici si accompagnò alla definizione del concetto scientifico di confine e, nel caso italiano, all’idea di un confine terrestre situato lungo lo spartiacque alpino. La premessa teorica all’oggetto di studio muove innanzitutto dalle considerazioni di Lucio Gambi. Secondo il geografo ravennate, nel connubio fra geografia e nazione fu in primo luogo la statistica che si sforzò di fornire un’idea scientifica dell’unità politica, attraverso una rappresentazione neutrale e quantitativa del rapporto uomo-ambiente e popolazione-risorse (GAMBI, 1973). Nonostante l’interesse di dette riflessioni la storiografia italiana, pur interessata negli ultimi due decenni da molteplici indagini sulla natura della nazione e sul fenomeno del nation building, ha consi- derato solo in maniera contingente il rapporto fra identità nazionale e produzione geografica e carto- grafica. Recentemente, in occasione delle celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario dell’Unità italiana, lo storico Adriano Roccucci ha fatto appello per un’analisi geografico politica – solo in parte esplorata nel contesto italiano – che indaghi il rapporto fra le enunciazioni teoriche e le rappresentazioni della geografia e l’identità nazionale. In questo richiamo emergono due concetti fondanti. Da un lato, l’idea di territorio come spazio unificante dove trovano dimensione gli elementi della coesione sociale. Dall’altro, il territorio come spazio di separazione dal quale si originano il senso di diversità e alterità (ROCCUCCI, 2012). A riguardo il geografo britannico Stuart Elden ha posto l’accento sulla distinzione fra il concetto di territorio e il processo di territorializzazione: il primo inteso non quale conseguenza del secondo ma piuttosto come concetto di base per analizzare e comprendere le forme spaziali delle pratiche di potere. Dunque, il territorio dovrebbe essere interpretato come una forma di rappresentazione, appropriazione e controllo dello spazio. In questa prospettiva la determinazione dello spazio – e in particolare il ruolo del calcolo – sono i processi che creano i confini. Questo perché Elden interpreta i confini non come distinzione primaria che separa il territorio, ma come processo secondario che segue l’appropriazione e la determinazione dello spazio: «Territory can be understood as a political technology: it comprises techniques for measuring land and controlling terrain» (ELDEN, 2010, p. 811). Come si cercherà di dimostrare, questa prospettiva si mostra applicabile anche alla visione che si venne affermando nella geografia italiana dopo l’Unità.

Lo spartiacque alpino e il confine della nazione. Le basi geografiche e cartografiche della Grande Guerra.

proto, matteo
2018

Abstract

Le indagini sulla dimensione fisica del territorio statuale, in Italia, interessano una lunga tradi- zione di studi che risale all’epoca rinascimentale. Tali ricerche conobbero un nuovo slancio durante il Risorgimento, quando il fiorire delle analisi statistiche gettò le basi strumentali per condurre un esame del rapporto fra un determinato territorio e i gruppi umani nella loro dimensione sociale e economica (GAMBI, 1992). A partire dagli ultimi anni del secolo XIX, inoltre, la ricerca di una base territoriale per misurare i fenomeni fisici e antropici si accompagnò alla definizione del concetto scientifico di confine e, nel caso italiano, all’idea di un confine terrestre situato lungo lo spartiacque alpino. La premessa teorica all’oggetto di studio muove innanzitutto dalle considerazioni di Lucio Gambi. Secondo il geografo ravennate, nel connubio fra geografia e nazione fu in primo luogo la statistica che si sforzò di fornire un’idea scientifica dell’unità politica, attraverso una rappresentazione neutrale e quantitativa del rapporto uomo-ambiente e popolazione-risorse (GAMBI, 1973). Nonostante l’interesse di dette riflessioni la storiografia italiana, pur interessata negli ultimi due decenni da molteplici indagini sulla natura della nazione e sul fenomeno del nation building, ha consi- derato solo in maniera contingente il rapporto fra identità nazionale e produzione geografica e carto- grafica. Recentemente, in occasione delle celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario dell’Unità italiana, lo storico Adriano Roccucci ha fatto appello per un’analisi geografico politica – solo in parte esplorata nel contesto italiano – che indaghi il rapporto fra le enunciazioni teoriche e le rappresentazioni della geografia e l’identità nazionale. In questo richiamo emergono due concetti fondanti. Da un lato, l’idea di territorio come spazio unificante dove trovano dimensione gli elementi della coesione sociale. Dall’altro, il territorio come spazio di separazione dal quale si originano il senso di diversità e alterità (ROCCUCCI, 2012). A riguardo il geografo britannico Stuart Elden ha posto l’accento sulla distinzione fra il concetto di territorio e il processo di territorializzazione: il primo inteso non quale conseguenza del secondo ma piuttosto come concetto di base per analizzare e comprendere le forme spaziali delle pratiche di potere. Dunque, il territorio dovrebbe essere interpretato come una forma di rappresentazione, appropriazione e controllo dello spazio. In questa prospettiva la determinazione dello spazio – e in particolare il ruolo del calcolo – sono i processi che creano i confini. Questo perché Elden interpreta i confini non come distinzione primaria che separa il territorio, ma come processo secondario che segue l’appropriazione e la determinazione dello spazio: «Territory can be understood as a political technology: it comprises techniques for measuring land and controlling terrain» (ELDEN, 2010, p. 811). Come si cercherà di dimostrare, questa prospettiva si mostra applicabile anche alla visione che si venne affermando nella geografia italiana dopo l’Unità.
2018
Per un Atlante della Grande Guerra
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proto, matteo
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/633136
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