Dall'inizio della sua attività -avvenuto, con l'insediamento della sua prima compagine, il 13 dicembre 1995- ad oggi, l'Organo d'appello dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) ha presentato 149 reports, mentre nel sistema multilaterale di risoluzione delle controversie sono state introdotte 541 richieste di consultazioni. Si tratta di un evidente segno di una significativa fiducia della membership dell'OMC nel meccanismo di risoluzione delle controversie creato dall'Uruguay Round e, in particolare, nell'ente giudicante di secondo grado, dunque nella più alta autorità giudiziaria che caratterizza tale meccanismo. Dotato di un doppio grado di giudizio, di un dispositivo di costante monitoraggio e di esecuzione dei reports adottati, della possibilità di reagire alla mancata attuazione di detti reports con ritorsioni, anche incrociate, e fondato sul processo decisionale del reverse consensus, che garantisce l'approvazione quasi automatica delle conclusioni di panels ed Organo d'appello, come pure delle sanzioni per il mancato adempimento delle decisioni quasi-giudiziali, il sistema di risoluzione delle controversie dell'OMC rappresenta, nel panorama della Comunità internazionale, il più sofisticato ed efficace contenzioso interstatale. Introdotto, come una vera rivoluzione, dai risultati dell'Uruguay Round, il meccanismo ginevrino delle dispute è chiamato a dirimere le controversie su tutti gli Accordi multilaterali e plurilaterali di Marrakech. Esso è disciplinato dall'Intesa sulle norme e sulle procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie dell'OMC (Understanding on Rules and Procedures Governing the Settlement of Disputes, d'ora innanzi: DSU), e rappresenta la precisa scelta dei negoziatori di fondare gli scambi internazionali sulla rule of law, al fine di promuovere il carattere universale del rinnovato sistema multilaterale, dunque la convinta adesione ad esso non solo dei Paesi più forti economicamente ma anche dei Paesi in via di sviluppo -certo interessati, questi ultimi, a partecipare ad un global trading system dedito anche alla liberalizzazione dei prodotti tessili ed agricoli, dotato di regole sostanziali appositamente dedicate a tutelare gli Stati più deboli, ma con la garanzia che il rispetto delle sue nuove regole poggi su un contenzioso dai tempi certi e dalle decisioni indipendenti e vincolanti. Così, se, da un lato, i Membri dell'OMC si sono impegnati a rispettare una mole imponente di nuovi Accordi commerciali, dall'altro essi hanno voluto scongiurarne il mancato rispetto, approntando un contenzioso rapido, progettato per produrre soluzioni dotate di immediata efficacia giuridica alle dispute commerciali, costantemente sottoposto al controllo politico di tutta la membership, e libero, grazie al meccanismo decisionale del consensus negativo, dalle posizioni di incertezza e di stallo provocate dal diritto di veto che, invece, caratterizzava il sistema di risoluzione delle controversie del GATT 1947. I negoziatori di Marrakech hanno voluto anche evitare che, con l'approvazione quasi automatica delle conclusioni raggiunte dai panels, ci si ritrovasse a doversi confrontare con dei "bad reports," dunque con interpretazioni ed applicazioni errate ed inaccettabili del diritto OMC: per tale motivo venne creata una seconda istanza di giudizio, appunto l'Organo d'appello, una soluzione istituzionale senza precedenti nel panorama internazionale -non solo nel settore del commercio- cui fu affidato il compito di garantire, per l'appunto, il pieno rispetto delle regole multilaterali attraverso la sua attività giudiziale di revisione delle conclusioni raggiunte in primo grado dai panelists. In questi primi vent'anni, l'istituzione dell'Organo d'appello dell'OMC si è rivelata una scommessa vinta da parte della Comunità internazionale. Pur non mancando fisiologiche decisioni problematiche, il Tribunale permanente continua ad essere un costante elemento di riferimento per chiarire il diritto di Marrakech, cui si appellano, indistintamente, Paesi industrializzati come pure Paesi in via di sviluppo -i quali rappresentano ben i tre quarti degli attuali 164 Membri dell'OMC. Nei primi anni del suo funzionamento, l'Organo d'appello è stato chiamato ad intervenire su tutti i panel reports, con un dato di impugnazione pari al 100% dei casi affrontati in primo grado. Si era, infatti, dinanzi ad una moltitudine significativa di nuovi accordi, in una cornice istituzionale molto sofisticata e altrettanto inedita, con la conseguenza che tutti i Membri dell'OMC intendevano, pur con cautela, esplorare le varie dinamiche dei mezzi creati dall'Intesa di risoluzione delle controversie, e iniziare a contribuire alla precisazione delle regole multilaterali confrontandosi anche dinanzi al Tribunale permanente. Successivamente, il numero di casi impugnati è diminuito. Infatti, i panels potevano far riferimento ai giudizi d'appello già approvati che chiarivano i quesiti giuridici loro sottoposti. Ma, soprattutto, nei primi anni del nuovo millennio, i Membri dell'OMC avevano iniziato a conoscere le notevoli indipendenza e imparzialità con cui i giudici d'appello raggiungono le loro conclusioni, con la conseguenza che, in quel periodo, avevano preferito evitare di cristallizzare interpretazioni degli Accordi di Marrakech suscettibili di ampia applicazione -con tali interpretazioni, infatti, tutta la membership multilaterale avrebbe, poi, dovuto confrontarsi esercitando il proprio potere di regolamentazione interna. In quell'arco temporale, quindi, vi fu una sorta di astensione dal sollevare o proseguire dispute relative a disposizioni ritenute particolarmente sensibili e ricche di implicazioni. Tuttavia, dal 1998 in poi, la media dei reports dei panels impugnati si è, comunque, attestata attorno al 70%. E questo consistente e costante ricorso all'Organo d'appello può avvenire in chiave conflittuale, dilatoria, costruttiva ed anche "dimostrativa." Può, infatti, accadere, che le parti in disputa abbiano una visione opposta rispetto alla portata delle disposizioni dell'OMC venute in rilievo per dirimere una controversia, e quindi si rivolgano ai giudici di seconda istanza per sostenere in tutti i gradi di giudizio la loro interpretazione delle regole; oppure, lo Stato convenuto, ben consapevole di mantenere una prassi o una disciplina incompatibili con le regole di Marrakech, può decidere di esperire i vari gradi di giudizio, anche se praticamente certo della sua futura condanna, per allontanare il più possibile il momento nel quale dovrà necessariamente decidere se attivarsi per rispettare il diritto OMC, oppure sopportare le eventuali contromisure imposte dalla parte vincitrice; ancora, si può verificare l'ipotesi in cui le parti in disputa, certo divise da opposti interessi economici, si appellino entrambe al Tribunale ginevrino pure con spirito costruttivo, laddove la portata delle regole da applicare sia particolarmente incerta, e quindi il ricorso in sede d'appello venga congiuntamente considerato il modo "fruitful" di esperire il sistema di risoluzione delle controversie; infine, un Membro OMC può appellarsi o resistere in giudizio, nella quasi certezza di una decisione d'appello avversa, poiché potrà, così, disporre di una decisione internazionale, se ci si consente il termine, "dimostrativa," sulla quale far leva per dar prova dell'impossibilità di mantenere una data normativa nazionale, e, quindi, vincere le resistenze interne alle modifiche delle misure contrastanti con il sistema multilaterale. I Membri dell'OMC, l'Organizzazione stessa attraverso i suoi funzionari e gli uffici espressamente dedicati al contenzioso multilaterale, i panelists ed i giudici d'appello, ma anche gli operatori economici che richiedono ai propri governi di avviare un contenzioso o resistervi, come pure, in generale, la società civile che si è adoperata per prendere parte alle dispute nella veste di amicus curiae, hanno, così, dato vita a quello che è stato definito "the most productive and efficient quasi-judicial economic dispute settlement organism in the world," il "crown jewel" del sistema globale degli scambi. Questo successo, però, non ha messo al riparo il sistema dal materializzarsi dell'attuale crisi del blocco nella nomina dei giudici d'appello, peraltro da subito profetizzata, e dovuta al livello molto diverso di performance del pilastro giurisdizionale rispetto a quello del pilastro politico dell'OMC. Infatti, grazie al meccanismo decisionale del reverse consensus e all'incessante ricorso da parte della membership multilaterale al contenzioso ginevrino, quest'ultimo ha sistematicamente prodotto, a ritmi serrati, una copiosa giurisprudenza che vincola i Membri del sistema ginevrino più puntualmente e precisamente. Ma gli organi politici dell'OMC non si sono mostrati all'altezza delle aspettative, poiché, da un lato, non hanno "sdoganato" il voto a maggioranza per le decisioni sulle questioni commerciali previsto dall'art. IX dell'Accordo istitutivo dell'OMC, né hanno esercitato la competenza esclusiva di Conferenza ministeriale e Consiglio generale per adottare le interpretazioni autoritative, ancorché sulla base del consensus positivo; dall'altro, le parti contraenti non sono riuscite ad introdurre modifiche agli Accordi commerciali esistenti, né a produrne di nuovi, se si esclude il Trade Facilitation Agreement, l'Accordo sull'agevolazione degli scambi. Ed invece, per governare equamente e con efficacia l'inarrestabile globalizzazione economica, nuove regole di diritto positivo sono sempre più necessarie. Certo, il sistema di Marrakech, nella buona ingegneria istituzionale che lo sorregge, ha predisposto dei contrappesi al notevole potere assegnato al pilastro giurisdizionale. Più volte l'Intesa sulla risoluzione delle controversie sottolinea che i risultati interpretativi degli enti giudicanti dell'OMC "cannot add to or diminish the rights and obligations provided in the covered agreements," e ricorda quanto già stabilito dall'art. IX dell'Accordo istitutivo dell'OMC, ossia che è un diritto delle parti contraenti "to seek authoritative interpretations of provisions of a [Marrakech A]greement through decision-making under the WTO Agreement," per le quali interpretazioni "[t]he Ministerial Conference and the General Council … have the exclusive authority." Inoltre, i Membri originari dell'OMC, ben consapevoli delle rilevanti e potenti innovazioni introdotte nel contenzioso multilaterale, nella Conferenza ministeriale di Marrakech che, il 15 aprile 1994, ha concluso i lavori dell'Uruguay Round, hanno adottato una decisione con la quale predisponevano "a full review" dell'Intesa sulla risoluzione delle controversie entro quattro anni dall'entrata in vigore degli Accordi OMC. In particolare, sulla base dei risultati di tale revisione, alla prima riunione utile, la Conferenza ministeriale avrebbe dovuto deliberare "whether to continue, modify or terminate such dispute settlement rules and procedures." Tuttavia, pur essendo state presentate numerose proposte, le discussioni per rivedere il DSU non hanno -ancora- prodotto alcun risultato positivo. Né i Membri dell'OMC si sono mai avvalsi del potere esclusivo di adottare authoritative interpretations, per correggere eventuali errori o interpretazioni non condivise del pilastro giurisdizionale, o indirizzare in via preventiva l'attività giudicante di panels ed Organo d'appello. In particolare, non hanno mai fatto ricorso al potere di cui all'art. IX, par. 2 dell'Accordo istitutivo dell'OMC gli Stati Uniti d'America, che, però, si sono ritrovati, in modo per loro imprevisto, ad incassare sconfitte ed impostazioni non apprezzate da parte dell'Organo d'appello nell'esplicazione delle sue funzioni, sconfitte e prese di posizione in merito alle quali hanno profusamente esercitato il diritto di critica in seno all'Organo di risoluzione delle controversie (Dispute Settlement Body, d'ora innanzi: DSB) codificato agli artt. 16, par. 4 e 17, par. 14 del DSU. Washington ha, invece e purtroppo, preferito far leva sul potere di veto di cui ogni Membro dell'OMC dispone in seno al DSB allorché tale organo politico debba nominare o confermare un giudice d'appello dell'OMC. Esercitando tale diritto di veto, gli USA, ormai dal maggio 2016, stanno bloccando la tempestiva ricostituzione della piena composizione del collegio giudicante di secondo grado. Una tale situazione, laddove si protragga sino a ridurre a meno di tre i giudici d'appello, implicherà la paralisi dell'intero sistema, poiché l'Intesa richiede che la sezione giudicante di un giudizio d'appello sia composta da tre membri, e l'art. 16, par. 4 del DSU configura in capo ad ogni parte in disputa il diritto di appellare il report di un panel, con la conseguenza che la parte soccombente in primo grado, impugnando il report del panel dinanzi ad un Organo d'appello che non è più nella condizione di giudicare, poiché ridotto a meno di tre componenti, di fatto bloccherà l'adozione di quel report, e quindi l'intero meccanismo di risoluzione delle controversie. In sostanza, vi sarebbe la "restaurazione" del diritto di veto che aveva caratterizzato il sistema di risoluzione delle controversie del GATT 1947. Una tale prospettiva impone, a nostro avviso, l'analisi di come si sia potuta venire a creare una tale situazione, unitamente all'umile tentativo di proporre rimedi alla possibilità di una paralisi del contenzioso ginevrino, individuando soluzioni capaci di mantenere e rafforzare l'indipendenza e l'autorevolezza dell'Organo d'appello, e, comunque, la vitalità del sistema multilaterale degli scambi, il quale rappresenta un elemento cardine per una governance dell'economia internazionale garante di efficienza ed equità. A tal fine, svilupperemo il nostro lavoro in tre parti. La prima sarà destinata alla presentazione della composizione, del funzionamento e della funzione dell'Organo d'appello. Quindi, ci si soffermerà sulle tensioni in seno al DSB che hanno generato le prese di posizione sempre più problematiche degli Stati Uniti rispetto alla composizione del Tribunale permanente. Infine, si tenterà di suggerire soluzioni per far fronte nell'immediato, ma anche a lungo termine, alla crisi innescata dagli Stati Uniti, con l'obiettivo di superarla.

Il funzionamento dell'Organo d'appello dell'OMC: bilancio e prospettive

Elisa Baroncini
2018

Abstract

Dall'inizio della sua attività -avvenuto, con l'insediamento della sua prima compagine, il 13 dicembre 1995- ad oggi, l'Organo d'appello dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) ha presentato 149 reports, mentre nel sistema multilaterale di risoluzione delle controversie sono state introdotte 541 richieste di consultazioni. Si tratta di un evidente segno di una significativa fiducia della membership dell'OMC nel meccanismo di risoluzione delle controversie creato dall'Uruguay Round e, in particolare, nell'ente giudicante di secondo grado, dunque nella più alta autorità giudiziaria che caratterizza tale meccanismo. Dotato di un doppio grado di giudizio, di un dispositivo di costante monitoraggio e di esecuzione dei reports adottati, della possibilità di reagire alla mancata attuazione di detti reports con ritorsioni, anche incrociate, e fondato sul processo decisionale del reverse consensus, che garantisce l'approvazione quasi automatica delle conclusioni di panels ed Organo d'appello, come pure delle sanzioni per il mancato adempimento delle decisioni quasi-giudiziali, il sistema di risoluzione delle controversie dell'OMC rappresenta, nel panorama della Comunità internazionale, il più sofisticato ed efficace contenzioso interstatale. Introdotto, come una vera rivoluzione, dai risultati dell'Uruguay Round, il meccanismo ginevrino delle dispute è chiamato a dirimere le controversie su tutti gli Accordi multilaterali e plurilaterali di Marrakech. Esso è disciplinato dall'Intesa sulle norme e sulle procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie dell'OMC (Understanding on Rules and Procedures Governing the Settlement of Disputes, d'ora innanzi: DSU), e rappresenta la precisa scelta dei negoziatori di fondare gli scambi internazionali sulla rule of law, al fine di promuovere il carattere universale del rinnovato sistema multilaterale, dunque la convinta adesione ad esso non solo dei Paesi più forti economicamente ma anche dei Paesi in via di sviluppo -certo interessati, questi ultimi, a partecipare ad un global trading system dedito anche alla liberalizzazione dei prodotti tessili ed agricoli, dotato di regole sostanziali appositamente dedicate a tutelare gli Stati più deboli, ma con la garanzia che il rispetto delle sue nuove regole poggi su un contenzioso dai tempi certi e dalle decisioni indipendenti e vincolanti. Così, se, da un lato, i Membri dell'OMC si sono impegnati a rispettare una mole imponente di nuovi Accordi commerciali, dall'altro essi hanno voluto scongiurarne il mancato rispetto, approntando un contenzioso rapido, progettato per produrre soluzioni dotate di immediata efficacia giuridica alle dispute commerciali, costantemente sottoposto al controllo politico di tutta la membership, e libero, grazie al meccanismo decisionale del consensus negativo, dalle posizioni di incertezza e di stallo provocate dal diritto di veto che, invece, caratterizzava il sistema di risoluzione delle controversie del GATT 1947. I negoziatori di Marrakech hanno voluto anche evitare che, con l'approvazione quasi automatica delle conclusioni raggiunte dai panels, ci si ritrovasse a doversi confrontare con dei "bad reports," dunque con interpretazioni ed applicazioni errate ed inaccettabili del diritto OMC: per tale motivo venne creata una seconda istanza di giudizio, appunto l'Organo d'appello, una soluzione istituzionale senza precedenti nel panorama internazionale -non solo nel settore del commercio- cui fu affidato il compito di garantire, per l'appunto, il pieno rispetto delle regole multilaterali attraverso la sua attività giudiziale di revisione delle conclusioni raggiunte in primo grado dai panelists. In questi primi vent'anni, l'istituzione dell'Organo d'appello dell'OMC si è rivelata una scommessa vinta da parte della Comunità internazionale. Pur non mancando fisiologiche decisioni problematiche, il Tribunale permanente continua ad essere un costante elemento di riferimento per chiarire il diritto di Marrakech, cui si appellano, indistintamente, Paesi industrializzati come pure Paesi in via di sviluppo -i quali rappresentano ben i tre quarti degli attuali 164 Membri dell'OMC. Nei primi anni del suo funzionamento, l'Organo d'appello è stato chiamato ad intervenire su tutti i panel reports, con un dato di impugnazione pari al 100% dei casi affrontati in primo grado. Si era, infatti, dinanzi ad una moltitudine significativa di nuovi accordi, in una cornice istituzionale molto sofisticata e altrettanto inedita, con la conseguenza che tutti i Membri dell'OMC intendevano, pur con cautela, esplorare le varie dinamiche dei mezzi creati dall'Intesa di risoluzione delle controversie, e iniziare a contribuire alla precisazione delle regole multilaterali confrontandosi anche dinanzi al Tribunale permanente. Successivamente, il numero di casi impugnati è diminuito. Infatti, i panels potevano far riferimento ai giudizi d'appello già approvati che chiarivano i quesiti giuridici loro sottoposti. Ma, soprattutto, nei primi anni del nuovo millennio, i Membri dell'OMC avevano iniziato a conoscere le notevoli indipendenza e imparzialità con cui i giudici d'appello raggiungono le loro conclusioni, con la conseguenza che, in quel periodo, avevano preferito evitare di cristallizzare interpretazioni degli Accordi di Marrakech suscettibili di ampia applicazione -con tali interpretazioni, infatti, tutta la membership multilaterale avrebbe, poi, dovuto confrontarsi esercitando il proprio potere di regolamentazione interna. In quell'arco temporale, quindi, vi fu una sorta di astensione dal sollevare o proseguire dispute relative a disposizioni ritenute particolarmente sensibili e ricche di implicazioni. Tuttavia, dal 1998 in poi, la media dei reports dei panels impugnati si è, comunque, attestata attorno al 70%. E questo consistente e costante ricorso all'Organo d'appello può avvenire in chiave conflittuale, dilatoria, costruttiva ed anche "dimostrativa." Può, infatti, accadere, che le parti in disputa abbiano una visione opposta rispetto alla portata delle disposizioni dell'OMC venute in rilievo per dirimere una controversia, e quindi si rivolgano ai giudici di seconda istanza per sostenere in tutti i gradi di giudizio la loro interpretazione delle regole; oppure, lo Stato convenuto, ben consapevole di mantenere una prassi o una disciplina incompatibili con le regole di Marrakech, può decidere di esperire i vari gradi di giudizio, anche se praticamente certo della sua futura condanna, per allontanare il più possibile il momento nel quale dovrà necessariamente decidere se attivarsi per rispettare il diritto OMC, oppure sopportare le eventuali contromisure imposte dalla parte vincitrice; ancora, si può verificare l'ipotesi in cui le parti in disputa, certo divise da opposti interessi economici, si appellino entrambe al Tribunale ginevrino pure con spirito costruttivo, laddove la portata delle regole da applicare sia particolarmente incerta, e quindi il ricorso in sede d'appello venga congiuntamente considerato il modo "fruitful" di esperire il sistema di risoluzione delle controversie; infine, un Membro OMC può appellarsi o resistere in giudizio, nella quasi certezza di una decisione d'appello avversa, poiché potrà, così, disporre di una decisione internazionale, se ci si consente il termine, "dimostrativa," sulla quale far leva per dar prova dell'impossibilità di mantenere una data normativa nazionale, e, quindi, vincere le resistenze interne alle modifiche delle misure contrastanti con il sistema multilaterale. I Membri dell'OMC, l'Organizzazione stessa attraverso i suoi funzionari e gli uffici espressamente dedicati al contenzioso multilaterale, i panelists ed i giudici d'appello, ma anche gli operatori economici che richiedono ai propri governi di avviare un contenzioso o resistervi, come pure, in generale, la società civile che si è adoperata per prendere parte alle dispute nella veste di amicus curiae, hanno, così, dato vita a quello che è stato definito "the most productive and efficient quasi-judicial economic dispute settlement organism in the world," il "crown jewel" del sistema globale degli scambi. Questo successo, però, non ha messo al riparo il sistema dal materializzarsi dell'attuale crisi del blocco nella nomina dei giudici d'appello, peraltro da subito profetizzata, e dovuta al livello molto diverso di performance del pilastro giurisdizionale rispetto a quello del pilastro politico dell'OMC. Infatti, grazie al meccanismo decisionale del reverse consensus e all'incessante ricorso da parte della membership multilaterale al contenzioso ginevrino, quest'ultimo ha sistematicamente prodotto, a ritmi serrati, una copiosa giurisprudenza che vincola i Membri del sistema ginevrino più puntualmente e precisamente. Ma gli organi politici dell'OMC non si sono mostrati all'altezza delle aspettative, poiché, da un lato, non hanno "sdoganato" il voto a maggioranza per le decisioni sulle questioni commerciali previsto dall'art. IX dell'Accordo istitutivo dell'OMC, né hanno esercitato la competenza esclusiva di Conferenza ministeriale e Consiglio generale per adottare le interpretazioni autoritative, ancorché sulla base del consensus positivo; dall'altro, le parti contraenti non sono riuscite ad introdurre modifiche agli Accordi commerciali esistenti, né a produrne di nuovi, se si esclude il Trade Facilitation Agreement, l'Accordo sull'agevolazione degli scambi. Ed invece, per governare equamente e con efficacia l'inarrestabile globalizzazione economica, nuove regole di diritto positivo sono sempre più necessarie. Certo, il sistema di Marrakech, nella buona ingegneria istituzionale che lo sorregge, ha predisposto dei contrappesi al notevole potere assegnato al pilastro giurisdizionale. Più volte l'Intesa sulla risoluzione delle controversie sottolinea che i risultati interpretativi degli enti giudicanti dell'OMC "cannot add to or diminish the rights and obligations provided in the covered agreements," e ricorda quanto già stabilito dall'art. IX dell'Accordo istitutivo dell'OMC, ossia che è un diritto delle parti contraenti "to seek authoritative interpretations of provisions of a [Marrakech A]greement through decision-making under the WTO Agreement," per le quali interpretazioni "[t]he Ministerial Conference and the General Council … have the exclusive authority." Inoltre, i Membri originari dell'OMC, ben consapevoli delle rilevanti e potenti innovazioni introdotte nel contenzioso multilaterale, nella Conferenza ministeriale di Marrakech che, il 15 aprile 1994, ha concluso i lavori dell'Uruguay Round, hanno adottato una decisione con la quale predisponevano "a full review" dell'Intesa sulla risoluzione delle controversie entro quattro anni dall'entrata in vigore degli Accordi OMC. In particolare, sulla base dei risultati di tale revisione, alla prima riunione utile, la Conferenza ministeriale avrebbe dovuto deliberare "whether to continue, modify or terminate such dispute settlement rules and procedures." Tuttavia, pur essendo state presentate numerose proposte, le discussioni per rivedere il DSU non hanno -ancora- prodotto alcun risultato positivo. Né i Membri dell'OMC si sono mai avvalsi del potere esclusivo di adottare authoritative interpretations, per correggere eventuali errori o interpretazioni non condivise del pilastro giurisdizionale, o indirizzare in via preventiva l'attività giudicante di panels ed Organo d'appello. In particolare, non hanno mai fatto ricorso al potere di cui all'art. IX, par. 2 dell'Accordo istitutivo dell'OMC gli Stati Uniti d'America, che, però, si sono ritrovati, in modo per loro imprevisto, ad incassare sconfitte ed impostazioni non apprezzate da parte dell'Organo d'appello nell'esplicazione delle sue funzioni, sconfitte e prese di posizione in merito alle quali hanno profusamente esercitato il diritto di critica in seno all'Organo di risoluzione delle controversie (Dispute Settlement Body, d'ora innanzi: DSB) codificato agli artt. 16, par. 4 e 17, par. 14 del DSU. Washington ha, invece e purtroppo, preferito far leva sul potere di veto di cui ogni Membro dell'OMC dispone in seno al DSB allorché tale organo politico debba nominare o confermare un giudice d'appello dell'OMC. Esercitando tale diritto di veto, gli USA, ormai dal maggio 2016, stanno bloccando la tempestiva ricostituzione della piena composizione del collegio giudicante di secondo grado. Una tale situazione, laddove si protragga sino a ridurre a meno di tre i giudici d'appello, implicherà la paralisi dell'intero sistema, poiché l'Intesa richiede che la sezione giudicante di un giudizio d'appello sia composta da tre membri, e l'art. 16, par. 4 del DSU configura in capo ad ogni parte in disputa il diritto di appellare il report di un panel, con la conseguenza che la parte soccombente in primo grado, impugnando il report del panel dinanzi ad un Organo d'appello che non è più nella condizione di giudicare, poiché ridotto a meno di tre componenti, di fatto bloccherà l'adozione di quel report, e quindi l'intero meccanismo di risoluzione delle controversie. In sostanza, vi sarebbe la "restaurazione" del diritto di veto che aveva caratterizzato il sistema di risoluzione delle controversie del GATT 1947. Una tale prospettiva impone, a nostro avviso, l'analisi di come si sia potuta venire a creare una tale situazione, unitamente all'umile tentativo di proporre rimedi alla possibilità di una paralisi del contenzioso ginevrino, individuando soluzioni capaci di mantenere e rafforzare l'indipendenza e l'autorevolezza dell'Organo d'appello, e, comunque, la vitalità del sistema multilaterale degli scambi, il quale rappresenta un elemento cardine per una governance dell'economia internazionale garante di efficienza ed equità. A tal fine, svilupperemo il nostro lavoro in tre parti. La prima sarà destinata alla presentazione della composizione, del funzionamento e della funzione dell'Organo d'appello. Quindi, ci si soffermerà sulle tensioni in seno al DSB che hanno generato le prese di posizione sempre più problematiche degli Stati Uniti rispetto alla composizione del Tribunale permanente. Infine, si tenterà di suggerire soluzioni per far fronte nell'immediato, ma anche a lungo termine, alla crisi innescata dagli Stati Uniti, con l'obiettivo di superarla.
2018
202
978-88-6972-099-4
Elisa Baroncini
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