L’effetto dell’introduzione, ormai quasi mezzo secolo fa, dei sistemi computazionali nella nostra vita quotidiana è stato duplice. Uno certamente prevedibile (anche se non ipotizzato nella forma attuale) è stato quello della diffusione di devices capaci di risolvere problemi computazionalmente. Meno prevedibile è stato il secondo prodotto, cioè quello della diffusione di modelli computazionali come metodi generali per approcciare i problemi, e formare e comunicare il sapere. A questo secondo effetto va assimilata l’attuale irresistibile ascesa dei modelli bibliometrici come indicatori di qualità della ricerca e delle sue forme disseminative. Si tratta di un fenomeno ormai generalizzato che è andato a toccare anche aree potenzialmente impensabili, come quella dell’architettura, che di solito è sempre vissuta su mezzi di valutazione empirici e qualitativi, se non legati al mero successo di pubblico. Le motivazioni di questi rapidi diffusione e successo (nel positivo e nel negativo) richiederebbero analisi e spazi ben al di là dello scopo e della lunghezza di questo scritto e forse una complessità di scrittura che non aiuterebbe nella direzione proposta da questo volume. Mi limiterò quindi ad affrontare il tema delle ricadute effettive e/o potenziale di questi modelli a base numerica. Affronterò il tema sfruttando lo schema espositivo della tragedia greca, perché reputo che la conclusione, scontata e dimostrabile facilmente, sia assai meno interessante della descrizione dell’azione, cioè di come elementi che sono propri dei modelli bibliometrici possano avere una qualche importanza ed utilità per la ricerca di architettura, e/o come essi vi stiano impattando. Successivamente cercherò di spiegare come, secondo me, vi sia grande confusione tra portati della valutazione bibliometrica e introduzione di sistemi di ricerca quantitativi e basati sui sistemi computazionali, al punto che, a mio parere, l’attuale, celere progressivo ed evidente slittamento verso modelli bibliometrici, sia figlio di questo sostanziale equivoco. Dipanando la questione spero sarà possibile individuare qualche interessante percorso e sfruttare elementi che sono propri dei modelli bibliometrici a beneficio ed utilità per la ricerca di architettura. Quindi si tratta di un racconto in tre episodi che sfrutterà come caso di studio quello del Dipartimento in cui svolgo quotidianamente la mia attività. Questo per una serie di motivi, di cui il principale è sicuramente nel fatto che lo conosco bene, anche perché ne sono stato il Direttore tra il 2010 e il 2012 e responsabile della valutazione della ricerca a partire dal 2008, e quindi le considerazioni che traggo dalle osservazioni che lo riguardano sono certamente parziali, ma sufficientemente fondate. Una seconda motivazione che ne fa un punto di osservazione interessante è nel fatto che ha avuto eccellenti performances in entrambe le VQR (e spiegherò come le motivazioni nascano marginalmente dalla VQR stessa, ma piuttosto dall’avere attivato una serie di processi condivisi e che cercano di valorizzare la qualità della ricerca stessa). Infine, si tratta di un dipartimento di taglia media (circa 50 docenti strutturati), ma appartenente ad una grande Università generalista in cui è necessario confrontarsi con modi e tecniche di produrre, comunicare e misurare la ricerca assai differenti.

L’irresistibile ascesa dei modelli computazionali

Marco Gaiani
2018

Abstract

L’effetto dell’introduzione, ormai quasi mezzo secolo fa, dei sistemi computazionali nella nostra vita quotidiana è stato duplice. Uno certamente prevedibile (anche se non ipotizzato nella forma attuale) è stato quello della diffusione di devices capaci di risolvere problemi computazionalmente. Meno prevedibile è stato il secondo prodotto, cioè quello della diffusione di modelli computazionali come metodi generali per approcciare i problemi, e formare e comunicare il sapere. A questo secondo effetto va assimilata l’attuale irresistibile ascesa dei modelli bibliometrici come indicatori di qualità della ricerca e delle sue forme disseminative. Si tratta di un fenomeno ormai generalizzato che è andato a toccare anche aree potenzialmente impensabili, come quella dell’architettura, che di solito è sempre vissuta su mezzi di valutazione empirici e qualitativi, se non legati al mero successo di pubblico. Le motivazioni di questi rapidi diffusione e successo (nel positivo e nel negativo) richiederebbero analisi e spazi ben al di là dello scopo e della lunghezza di questo scritto e forse una complessità di scrittura che non aiuterebbe nella direzione proposta da questo volume. Mi limiterò quindi ad affrontare il tema delle ricadute effettive e/o potenziale di questi modelli a base numerica. Affronterò il tema sfruttando lo schema espositivo della tragedia greca, perché reputo che la conclusione, scontata e dimostrabile facilmente, sia assai meno interessante della descrizione dell’azione, cioè di come elementi che sono propri dei modelli bibliometrici possano avere una qualche importanza ed utilità per la ricerca di architettura, e/o come essi vi stiano impattando. Successivamente cercherò di spiegare come, secondo me, vi sia grande confusione tra portati della valutazione bibliometrica e introduzione di sistemi di ricerca quantitativi e basati sui sistemi computazionali, al punto che, a mio parere, l’attuale, celere progressivo ed evidente slittamento verso modelli bibliometrici, sia figlio di questo sostanziale equivoco. Dipanando la questione spero sarà possibile individuare qualche interessante percorso e sfruttare elementi che sono propri dei modelli bibliometrici a beneficio ed utilità per la ricerca di architettura. Quindi si tratta di un racconto in tre episodi che sfrutterà come caso di studio quello del Dipartimento in cui svolgo quotidianamente la mia attività. Questo per una serie di motivi, di cui il principale è sicuramente nel fatto che lo conosco bene, anche perché ne sono stato il Direttore tra il 2010 e il 2012 e responsabile della valutazione della ricerca a partire dal 2008, e quindi le considerazioni che traggo dalle osservazioni che lo riguardano sono certamente parziali, ma sufficientemente fondate. Una seconda motivazione che ne fa un punto di osservazione interessante è nel fatto che ha avuto eccellenti performances in entrambe le VQR (e spiegherò come le motivazioni nascano marginalmente dalla VQR stessa, ma piuttosto dall’avere attivato una serie di processi condivisi e che cercano di valorizzare la qualità della ricerca stessa). Infine, si tratta di un dipartimento di taglia media (circa 50 docenti strutturati), ma appartenente ad una grande Università generalista in cui è necessario confrontarsi con modi e tecniche di produrre, comunicare e misurare la ricerca assai differenti.
2018
La ricerca in architettura Temi di discussione
76
100
Marco Gaiani
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/630645
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