“Auschwitz e popular culture”: il collegamento rimanda a un semplice dato di fatto: la presenza forte e consolidata della Shoah (e, più in generale, dei genocidi, al plurale) in svariate manifestazioni artistiche della contemporaneità, comprese quelle della cosiddetta cultura popular o “di massa”. Se questo è un dato di fatto indiscutibile, facilmente verificabile con un semplice sguardo alla produzione di film, musica, opere letterarie di vario tipo ecc. su questo tema, allora il compito della filosofia può (o forse deve) essere semmai quello di interpretare la situazione di fatto e contribuire a chiarirla, mettendo anche in discussione luoghi comuni e abitudini di pensiero inveterate, nonché soprattutto i propri pregiudizi là dove ciò sia necessario. Il sottotitolo del presente contributo, “considerazioni estetico-politiche sulla presenza del genocidio nella cultura di massa”, sta allora a esprimere proprio una siffatta serie vertiginosa di intrecci dialettici: intreccio tra cultura “alta” e cultura “bassa” o “leggera”, ma anche intreccio tra dimensione estetica e dimensione etico-politica, e infine intreccio tra prospettive filosofiche differenti che è possibile assumere su questo argomento. Prospettive filosofiche tra le quali in questo contributo vengono privilegiate quelle – per certi versi ancora oggi incomparabili quanto a radicalità e profondità – di pensatori come Horkheimer, Adorno, Marcuse e Anders, seppure con occasionali aperture a spunti forniti anche da altri autori. Là dove, però, la prospettiva horkheimeriano-adorniana, alla quale in buona parte ci si rifà qui, viene parimenti sottoposta a una sorta di riesame critico, attraverso un uso mirato di numerosi esempi di opere appartenenti alle cosiddette "belle arti industriali" (soprattutto qui popular music, ma non solo).

Auschwitz e popular culture: considerazioni estetico-politiche sulla presenza del genocidio nella cultura di massa

stefano marino
2017

Abstract

“Auschwitz e popular culture”: il collegamento rimanda a un semplice dato di fatto: la presenza forte e consolidata della Shoah (e, più in generale, dei genocidi, al plurale) in svariate manifestazioni artistiche della contemporaneità, comprese quelle della cosiddetta cultura popular o “di massa”. Se questo è un dato di fatto indiscutibile, facilmente verificabile con un semplice sguardo alla produzione di film, musica, opere letterarie di vario tipo ecc. su questo tema, allora il compito della filosofia può (o forse deve) essere semmai quello di interpretare la situazione di fatto e contribuire a chiarirla, mettendo anche in discussione luoghi comuni e abitudini di pensiero inveterate, nonché soprattutto i propri pregiudizi là dove ciò sia necessario. Il sottotitolo del presente contributo, “considerazioni estetico-politiche sulla presenza del genocidio nella cultura di massa”, sta allora a esprimere proprio una siffatta serie vertiginosa di intrecci dialettici: intreccio tra cultura “alta” e cultura “bassa” o “leggera”, ma anche intreccio tra dimensione estetica e dimensione etico-politica, e infine intreccio tra prospettive filosofiche differenti che è possibile assumere su questo argomento. Prospettive filosofiche tra le quali in questo contributo vengono privilegiate quelle – per certi versi ancora oggi incomparabili quanto a radicalità e profondità – di pensatori come Horkheimer, Adorno, Marcuse e Anders, seppure con occasionali aperture a spunti forniti anche da altri autori. Là dove, però, la prospettiva horkheimeriano-adorniana, alla quale in buona parte ci si rifà qui, viene parimenti sottoposta a una sorta di riesame critico, attraverso un uso mirato di numerosi esempi di opere appartenenti alle cosiddette "belle arti industriali" (soprattutto qui popular music, ma non solo).
2017
Auschwitz dopo Auschwitz. Poetica e politica di fronte alla Shoah
79
119
stefano marino
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