La mostra si propone di creare un viaggio “interculturale” tra segnali stradali presenti in diversi paesi del mondo che indicano “attenzione bambini”. Imparare a osservarli questa immagini con atteggiamento critico significa educarsi alla comprensione di immagini (foto, poster, film, video, manifesti e spot pubblicitari) che trovano sempre più spazio nella nostra vita quotidiana e, di fatto, orientano i nostri pensieri e i nostri giudizi. Per questo cogliere nel segnale stradale un dettaglio (l’acconciatura femminile, la presenza o l’assenza dell’uniforme scolastica o della cartella) e imparare a commentarlo, significa mettere in moto capacità speculative importanti. L’esposizione dà l’occasione di approfondire alcuni argomenti relativi al mondo scolastico ed educativo in senso ampio: per esempio il ruolo dei genitori, dei fratelli e delle sorelle maggiori, dei pasti consumati con i compagni di classe, del trasporto scolastico pubblico o privato, dell’esclusione o della parità di accesso al sistema educativo in generale, delle discriminazioni basate sul sesso e genere, dei mutamenti che si sono verificati in seno alla società nel campo delle abitudini scolastiche (e non solo…), delle pettinature, delle uniformi. I disegni dei cartelli stradali contengono infatti realtà diverse e a volte contrapposte: bambini soli (India, Montenegro) o accompagnati da un fratello o una sorella maggiore (Francia, Cambogia); bambini che portano l’uniforme (Giappone), oppure un vestito tradizionale (Malesia). In alcune rappresentazioni si nota l’assenza delle ragazze (Burkina Faso); in altre è evidente il desiderio di stabilire un rapporto di uguaglianza tra i due sessi (Quebec). Perché un percorso incentrato sulla lettura critica delle immagini? Il progetto ‘Mai dire squola’ intende fornire ai ragazzi, attraverso una metodologia trasversale nella quale tutti possano mettere in gioco il proprio “punto di vista”, strumenti per imparare a osservare le immagini in maniera critica. È riconosciuto – con una certa evidenza empirica – che i giudizi e i pregiudizi sull’ ‘altro’ sono alimentati in primo luogo dalle immagini, le quali possiedono il frastornante potere di confondere il “vedere” con il “sapere”. Il modo con il quale guardiamo le immagini fa emergere una visione del mondo condivisa che dirige la nostra attenzione. Tale sguardo determina e conferma un’assunzione implicita e sottintesa (ancorché storicamente determinata e funzionalmente orientata) di ciò che è dentro e di ciò che è fuori, di chi sono i noi, e di chi sono gli altri, giungendo a definire i confini di una comunità e a strutturare la vita emotiva e cognitiva dei suoi membri. “Mai dire squola” si è rivelata un’esperienza proficua nel tentativo di ovviare ad una interpretazione geografica delle culture altre, focalizzandosi invece sulle dinamiche relazionali che avvengono nel contesto nel quale viene proposta. Interculturalità è divenuto quindi un progetto/pretesto per facilitare l’avvicinamento da parte degli educatori alle diverse esigenze espressive degli allievi, riconoscendo l’unicità e la diversa abilità di ciascuno di essi, indipendentemente dal loro luogo di provenienza. Invece di creare ponti tra culture diverse, il percorso di ricerca-azione pone in evidenza quanto sia più efficace, sul piano delle pratiche educative, creare ponti tra codici comunicativi differenti, attraverso i quali tutti i partecipanti possono sentirsi riconosciuti nella loro unicità. A chi è indirizzata Mostra particolarmente adatta gli alunni/e che frequentano gli ultimi anni della scuola primaria e la scuola secondaria primaria, in stretta attinenza con percorsi di educazione alla convivenza civile, all’educazione stradale, all’educazione all’affettività.

Mai dire squola. Percorsi educativi dal mondo

Bonetti, Roberta
2004

Abstract

La mostra si propone di creare un viaggio “interculturale” tra segnali stradali presenti in diversi paesi del mondo che indicano “attenzione bambini”. Imparare a osservarli questa immagini con atteggiamento critico significa educarsi alla comprensione di immagini (foto, poster, film, video, manifesti e spot pubblicitari) che trovano sempre più spazio nella nostra vita quotidiana e, di fatto, orientano i nostri pensieri e i nostri giudizi. Per questo cogliere nel segnale stradale un dettaglio (l’acconciatura femminile, la presenza o l’assenza dell’uniforme scolastica o della cartella) e imparare a commentarlo, significa mettere in moto capacità speculative importanti. L’esposizione dà l’occasione di approfondire alcuni argomenti relativi al mondo scolastico ed educativo in senso ampio: per esempio il ruolo dei genitori, dei fratelli e delle sorelle maggiori, dei pasti consumati con i compagni di classe, del trasporto scolastico pubblico o privato, dell’esclusione o della parità di accesso al sistema educativo in generale, delle discriminazioni basate sul sesso e genere, dei mutamenti che si sono verificati in seno alla società nel campo delle abitudini scolastiche (e non solo…), delle pettinature, delle uniformi. I disegni dei cartelli stradali contengono infatti realtà diverse e a volte contrapposte: bambini soli (India, Montenegro) o accompagnati da un fratello o una sorella maggiore (Francia, Cambogia); bambini che portano l’uniforme (Giappone), oppure un vestito tradizionale (Malesia). In alcune rappresentazioni si nota l’assenza delle ragazze (Burkina Faso); in altre è evidente il desiderio di stabilire un rapporto di uguaglianza tra i due sessi (Quebec). Perché un percorso incentrato sulla lettura critica delle immagini? Il progetto ‘Mai dire squola’ intende fornire ai ragazzi, attraverso una metodologia trasversale nella quale tutti possano mettere in gioco il proprio “punto di vista”, strumenti per imparare a osservare le immagini in maniera critica. È riconosciuto – con una certa evidenza empirica – che i giudizi e i pregiudizi sull’ ‘altro’ sono alimentati in primo luogo dalle immagini, le quali possiedono il frastornante potere di confondere il “vedere” con il “sapere”. Il modo con il quale guardiamo le immagini fa emergere una visione del mondo condivisa che dirige la nostra attenzione. Tale sguardo determina e conferma un’assunzione implicita e sottintesa (ancorché storicamente determinata e funzionalmente orientata) di ciò che è dentro e di ciò che è fuori, di chi sono i noi, e di chi sono gli altri, giungendo a definire i confini di una comunità e a strutturare la vita emotiva e cognitiva dei suoi membri. “Mai dire squola” si è rivelata un’esperienza proficua nel tentativo di ovviare ad una interpretazione geografica delle culture altre, focalizzandosi invece sulle dinamiche relazionali che avvengono nel contesto nel quale viene proposta. Interculturalità è divenuto quindi un progetto/pretesto per facilitare l’avvicinamento da parte degli educatori alle diverse esigenze espressive degli allievi, riconoscendo l’unicità e la diversa abilità di ciascuno di essi, indipendentemente dal loro luogo di provenienza. Invece di creare ponti tra culture diverse, il percorso di ricerca-azione pone in evidenza quanto sia più efficace, sul piano delle pratiche educative, creare ponti tra codici comunicativi differenti, attraverso i quali tutti i partecipanti possono sentirsi riconosciuti nella loro unicità. A chi è indirizzata Mostra particolarmente adatta gli alunni/e che frequentano gli ultimi anni della scuola primaria e la scuola secondaria primaria, in stretta attinenza con percorsi di educazione alla convivenza civile, all’educazione stradale, all’educazione all’affettività.
2004
Bonetti, Roberta
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/627477
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