Il doping nello sport rappresenta attualmente una problematica concreta, in continua evoluzione, che mette gravemente a rischio la salute degli atleti, minacciandone l'integrità, e screditando la reputazione dello sport in generale. L’aggiornamento e l’introduzione di nuovi regolamenti sull’attività di controllo del doping (drug sport testing) e l’evoluzione di alcune tecniche analitiche sono riusciti solo in parte a scoraggiare l’uso di sostanze e metodi proibiti. Purtroppo esistono problematiche cruciali ancora non risolte all’interno delle procedure di prelievo e analisi, tra cui le limitazioni intrinseche dell’impiego di fluidi biologici considerati d’elezione nei controlli antidoping, primi fra tutti le urine (es. replicazione delle analisi, procedure di stoccaggio e trasporto, affidabilità dei risultati ottenuti). Il sistema sportivo riconosce come prova di avvenuto doping solo il ritrovamento nelle urine di una sostanza, o di un suo metabolita marker di assunzione, compresi nella lista delle sostanze vietate dalla World Anti-Doping Agency (WADA). Viene considerata inoltre come prova di doping una variazione fisiologica, o un livello anomalo di alcuni parametri, ascrivibili a una manipolazione fisiologica. Il sistema del controllo antidoping assume perciò una grande complessità e necessita che le singole fasi in cui si articola siano perfettamente coordinate fra loro, a garanzia della riservatezza, dell’efficienza e dell’affidabilità del sistema di testing. La disponibilità di sempre nuove strumentazioni e la progressiva automazione dei processi di laboratorio non sono tuttavia sufficienti a garantire dati analitici sicuri, perché necessitano di essere affiancati da specifiche fasi pre- e post- analitiche della massima affidabilità e che quindi non ne inficino la validità. La raccolta del campione, il trasferimento e lo stoccaggio sono infatti step cruciali per la buona riuscita dei controlli in ambito di drug sport testing. Inoltre, la scelta di utilizzare le urine come unico modello biologico, escludendone altri quali ad esempio il sangue, ha determinato alcuni dei limiti di efficacia delle analisi antidoping, facilitando tutti quegli atleti e quelle società intenzionati ad aggirare il sistema di controllo e sorveglianza. Le necessità generate dagli elevati standard e dai requisiti di qualità delle analisi antidoping moderne comportano quindi numerose sfide per i laboratori preposti a tale attività analitica. Il progetto prevede l’utilizzo di matrici urinarie essiccate su appositi supporti in forma di “spot” anziché “in provetta”, come i Dried Urine Spot (DUS), come approccio alternativo e altamente innovativo che permette di eseguire monitoraggi della massima affidabilità, garantendo la stabilità dei campioni biologici. In particolare, la presenza di batteri nelle urine fresche dovuta a comuni infezioni delle vie urinarie o a contaminazioni durante il campionamento in provetta, può causare degradazione dei composti in esame, con conseguenti risultati falsi-negativi. Anche se le tecniche di congelamento e/o refrigerazione dei campioni urinari in provetta e l’utilizzo di preservanti tentano di ridurre in parte tali fenomeni di metabolismo, non sono efficaci tanto quanto una strategia di deposito ed essiccamento su speciali supporti, che consente di arrestare immediatamente qualsiasi attività enzimatica e batteriologia. In aggiunta a questi evidenti vantaggi offerti dal microcampionamento con DUS, va sottolineata la facilità e la rapidità di prelievo, senza specifiche esigenze di trattamento, conservazione e trasporto. L’approccio tramite DUS rappresenta quindi un’innovativa strategia in grado di processare un numero maggiore di campioni in tempi brevi (high throughput screening); tutti gli step preanalitici (dalla raccolta degli spot al momento dell’analisi) risultano semplificati; la stabilità dei composti è garantita; il controllo antidoping è potenziato al massimo in tutte le sue fasi, dal prelievo del campione alla consegna del risultato delle analisi. La strategia di campionamento tramite spot può spaziare anche ad altre matrici biologiche, come il sangue, con la possibilità di ottenere preziose informazioni complementari sulla positività al doping degli atleti al momento della competizione. La sola analisi urinaria infatti difficilmente fornisce informazioni su tale problematica, che può invece essere affrontata con l’impiego di campioni aggiuntivi come i Dried Blood Spot (DBS), la saliva e il sudore. Il progetto rappresenta un significativo avanzamento della conoscenza scientifica in materia di metodologia analitica, consentendo un notevole rafforzamento di entrambi gli aspetti fondamentali delle strategie di controllo antidoping, cioè la dissuasione dall’utilizzo di pratiche illecite nello sport e la tutela degli atleti.

Strategie innovative di campionamento e analisi per un efficace controllo del doping (Bando Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive 2014)

Laura Mercolini;Michele Protti
2017

Abstract

Il doping nello sport rappresenta attualmente una problematica concreta, in continua evoluzione, che mette gravemente a rischio la salute degli atleti, minacciandone l'integrità, e screditando la reputazione dello sport in generale. L’aggiornamento e l’introduzione di nuovi regolamenti sull’attività di controllo del doping (drug sport testing) e l’evoluzione di alcune tecniche analitiche sono riusciti solo in parte a scoraggiare l’uso di sostanze e metodi proibiti. Purtroppo esistono problematiche cruciali ancora non risolte all’interno delle procedure di prelievo e analisi, tra cui le limitazioni intrinseche dell’impiego di fluidi biologici considerati d’elezione nei controlli antidoping, primi fra tutti le urine (es. replicazione delle analisi, procedure di stoccaggio e trasporto, affidabilità dei risultati ottenuti). Il sistema sportivo riconosce come prova di avvenuto doping solo il ritrovamento nelle urine di una sostanza, o di un suo metabolita marker di assunzione, compresi nella lista delle sostanze vietate dalla World Anti-Doping Agency (WADA). Viene considerata inoltre come prova di doping una variazione fisiologica, o un livello anomalo di alcuni parametri, ascrivibili a una manipolazione fisiologica. Il sistema del controllo antidoping assume perciò una grande complessità e necessita che le singole fasi in cui si articola siano perfettamente coordinate fra loro, a garanzia della riservatezza, dell’efficienza e dell’affidabilità del sistema di testing. La disponibilità di sempre nuove strumentazioni e la progressiva automazione dei processi di laboratorio non sono tuttavia sufficienti a garantire dati analitici sicuri, perché necessitano di essere affiancati da specifiche fasi pre- e post- analitiche della massima affidabilità e che quindi non ne inficino la validità. La raccolta del campione, il trasferimento e lo stoccaggio sono infatti step cruciali per la buona riuscita dei controlli in ambito di drug sport testing. Inoltre, la scelta di utilizzare le urine come unico modello biologico, escludendone altri quali ad esempio il sangue, ha determinato alcuni dei limiti di efficacia delle analisi antidoping, facilitando tutti quegli atleti e quelle società intenzionati ad aggirare il sistema di controllo e sorveglianza. Le necessità generate dagli elevati standard e dai requisiti di qualità delle analisi antidoping moderne comportano quindi numerose sfide per i laboratori preposti a tale attività analitica. Il progetto prevede l’utilizzo di matrici urinarie essiccate su appositi supporti in forma di “spot” anziché “in provetta”, come i Dried Urine Spot (DUS), come approccio alternativo e altamente innovativo che permette di eseguire monitoraggi della massima affidabilità, garantendo la stabilità dei campioni biologici. In particolare, la presenza di batteri nelle urine fresche dovuta a comuni infezioni delle vie urinarie o a contaminazioni durante il campionamento in provetta, può causare degradazione dei composti in esame, con conseguenti risultati falsi-negativi. Anche se le tecniche di congelamento e/o refrigerazione dei campioni urinari in provetta e l’utilizzo di preservanti tentano di ridurre in parte tali fenomeni di metabolismo, non sono efficaci tanto quanto una strategia di deposito ed essiccamento su speciali supporti, che consente di arrestare immediatamente qualsiasi attività enzimatica e batteriologia. In aggiunta a questi evidenti vantaggi offerti dal microcampionamento con DUS, va sottolineata la facilità e la rapidità di prelievo, senza specifiche esigenze di trattamento, conservazione e trasporto. L’approccio tramite DUS rappresenta quindi un’innovativa strategia in grado di processare un numero maggiore di campioni in tempi brevi (high throughput screening); tutti gli step preanalitici (dalla raccolta degli spot al momento dell’analisi) risultano semplificati; la stabilità dei composti è garantita; il controllo antidoping è potenziato al massimo in tutte le sue fasi, dal prelievo del campione alla consegna del risultato delle analisi. La strategia di campionamento tramite spot può spaziare anche ad altre matrici biologiche, come il sangue, con la possibilità di ottenere preziose informazioni complementari sulla positività al doping degli atleti al momento della competizione. La sola analisi urinaria infatti difficilmente fornisce informazioni su tale problematica, che può invece essere affrontata con l’impiego di campioni aggiuntivi come i Dried Blood Spot (DBS), la saliva e il sudore. Il progetto rappresenta un significativo avanzamento della conoscenza scientifica in materia di metodologia analitica, consentendo un notevole rafforzamento di entrambi gli aspetti fondamentali delle strategie di controllo antidoping, cioè la dissuasione dall’utilizzo di pratiche illecite nello sport e la tutela degli atleti.
2017
2015
Laura Mercolini; Michele Protti
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