Anche i giudici costituzionali nordamericani sanno che «if you want to make sure you’re read, you do it together and you do it short». Eppure la loro storia insegna che la traduzione di certi conflitti politici in conflitti giuridici è facilitata dall’uso di un motivato dissenso, così come possono esserlo la pubblica comprensione e accettazione della soluzione adottata dalle corti. Questo studio nasce dall’intento di ripensare alcuni tradizionali canoni sulla giustizia costituzionale, in base ai quali esisterebbe una contrapposizione fra la collegialità praticata dalle corti che si attengono al principio di segretezza delle deliberazioni e quelle che, invece, lasciano spazio all’individualità interpretativa dei propri membri. Infatti, l’analisi comparativa diacronica e sincronica offre un panorama assai piú complesso. In primo luogo, perchè il dissenso esiste ovunque a prescindere dai suoi margini di conoscibilità. Tutte le corti costituzionali, in ultima battuta, deliberano a maggioranza. Quindi è opportuno distinguere fra corti dove il dissenso può essere motivato e corti dove non può esserlo. In secondo luogo, perchè i concetti di unanimità e anonimità andrebbero (ri)letti in termini sostanziali. Per quanto riguarda l’unanimità, una piena misura del consenso può essere aversi solo quando vige il potere del formale dissenso. Per quanto riguarda l’anonimità, alla luce della prassi dei sistemi considerati si tratta di opzione regolarmente esercitabile anche nelle corti che ammettono il dissenso. In terzo luogo, perché il diritto alla formulazione di opinioni individuali sembra del tutto compatibile con metodi decisionali a impronta collegiale, poichè il diritto all’opinione separata non sembra abbattere l’attitudine dei giudici al confronto dialogico con gli altri membri del collegio. Ciascuno di questi aspetti, peraltro, è vissuto con diversa intensità dalle singole esperienze nazionali. Ciò non toglie che la loro consistenza suggerisca di allontanarsi dalla storica contrapposizione fra giustizie costituzionali di Common Law e di Civil Law, in base alla quale solo le prime sarebbero idonee alla pratica del dissenso, per adottare un approccio più moderno. Se è vero che la differenziazione dei sistemi giuridici ha prodotto diversi modelli di giustizia costituzionale, è altrettanto vero che tali modelli si sono evoluti e arricchiti anche grazie allo sviluppo di numerose convergenze. In un simile ordine di ragionamento, le modalità deliberative meritano di essere inserite nel novero delle progressive convergenze; di conseguenza, sembra corretto ipotizzare che, nel panorama degli attuali sistemi di giustizia costituzionale, una piena funzionalità delle corti possa derivare da un completo margine di utilizzo degli strumenti decisionali di volta in volta piú adatti alla soluzione del caso e al mantenimento del ruolo delle corti nell’ambito di una bilanciata e trasparente articolazione dei poteri, piuttosto che dal forzato oblio della segretezza. Durante la seconda fase, l’inadeguatezza dei rigori differenziali codificati nelle impostazioni originarie ha stimolato un convergente ripensamento. Da un lato, i sistemi anglosassoni hanno sentito il bisogno di ridimensionare la natura individuale del dissenso per valorizzarne la portata propriamente istituzionale; tale svolta è testimoniata dalla crescente ricerca di decisioni unanimi e/o anonime, dal collaudo di pratiche istruttorie propizie a una sostanziale verifica collegiale sulle possibili opzioni interpretative, dalla neutralizzazione/spersonalizzazione stilistica delle opinioni separate e dalla tendenza a incoraggiarne la polarità a discapito della frammentazione dell’atavica pronuncia seriale. Dall’altro lato, le corti di stampo kelseniano hanno rinunciato all’assioma dell’equivalenza tra univocità dimostrativa e autorevolezza del giudicato accogliendo, nei limiti di precise cautele procedimentali, la prospettiva di formalizzare l’eventuale disarmonia sul dispositivo mediante una motivazione dialettica e confutatoria.

E. Ferioli (2018). Dissenso e dialogo nella giustizia costituzionale. Padova : Cedam.

Dissenso e dialogo nella giustizia costituzionale

E. Ferioli
2018

Abstract

Anche i giudici costituzionali nordamericani sanno che «if you want to make sure you’re read, you do it together and you do it short». Eppure la loro storia insegna che la traduzione di certi conflitti politici in conflitti giuridici è facilitata dall’uso di un motivato dissenso, così come possono esserlo la pubblica comprensione e accettazione della soluzione adottata dalle corti. Questo studio nasce dall’intento di ripensare alcuni tradizionali canoni sulla giustizia costituzionale, in base ai quali esisterebbe una contrapposizione fra la collegialità praticata dalle corti che si attengono al principio di segretezza delle deliberazioni e quelle che, invece, lasciano spazio all’individualità interpretativa dei propri membri. Infatti, l’analisi comparativa diacronica e sincronica offre un panorama assai piú complesso. In primo luogo, perchè il dissenso esiste ovunque a prescindere dai suoi margini di conoscibilità. Tutte le corti costituzionali, in ultima battuta, deliberano a maggioranza. Quindi è opportuno distinguere fra corti dove il dissenso può essere motivato e corti dove non può esserlo. In secondo luogo, perchè i concetti di unanimità e anonimità andrebbero (ri)letti in termini sostanziali. Per quanto riguarda l’unanimità, una piena misura del consenso può essere aversi solo quando vige il potere del formale dissenso. Per quanto riguarda l’anonimità, alla luce della prassi dei sistemi considerati si tratta di opzione regolarmente esercitabile anche nelle corti che ammettono il dissenso. In terzo luogo, perché il diritto alla formulazione di opinioni individuali sembra del tutto compatibile con metodi decisionali a impronta collegiale, poichè il diritto all’opinione separata non sembra abbattere l’attitudine dei giudici al confronto dialogico con gli altri membri del collegio. Ciascuno di questi aspetti, peraltro, è vissuto con diversa intensità dalle singole esperienze nazionali. Ciò non toglie che la loro consistenza suggerisca di allontanarsi dalla storica contrapposizione fra giustizie costituzionali di Common Law e di Civil Law, in base alla quale solo le prime sarebbero idonee alla pratica del dissenso, per adottare un approccio più moderno. Se è vero che la differenziazione dei sistemi giuridici ha prodotto diversi modelli di giustizia costituzionale, è altrettanto vero che tali modelli si sono evoluti e arricchiti anche grazie allo sviluppo di numerose convergenze. In un simile ordine di ragionamento, le modalità deliberative meritano di essere inserite nel novero delle progressive convergenze; di conseguenza, sembra corretto ipotizzare che, nel panorama degli attuali sistemi di giustizia costituzionale, una piena funzionalità delle corti possa derivare da un completo margine di utilizzo degli strumenti decisionali di volta in volta piú adatti alla soluzione del caso e al mantenimento del ruolo delle corti nell’ambito di una bilanciata e trasparente articolazione dei poteri, piuttosto che dal forzato oblio della segretezza. Durante la seconda fase, l’inadeguatezza dei rigori differenziali codificati nelle impostazioni originarie ha stimolato un convergente ripensamento. Da un lato, i sistemi anglosassoni hanno sentito il bisogno di ridimensionare la natura individuale del dissenso per valorizzarne la portata propriamente istituzionale; tale svolta è testimoniata dalla crescente ricerca di decisioni unanimi e/o anonime, dal collaudo di pratiche istruttorie propizie a una sostanziale verifica collegiale sulle possibili opzioni interpretative, dalla neutralizzazione/spersonalizzazione stilistica delle opinioni separate e dalla tendenza a incoraggiarne la polarità a discapito della frammentazione dell’atavica pronuncia seriale. Dall’altro lato, le corti di stampo kelseniano hanno rinunciato all’assioma dell’equivalenza tra univocità dimostrativa e autorevolezza del giudicato accogliendo, nei limiti di precise cautele procedimentali, la prospettiva di formalizzare l’eventuale disarmonia sul dispositivo mediante una motivazione dialettica e confutatoria.
2018
288
9788813365325
E. Ferioli (2018). Dissenso e dialogo nella giustizia costituzionale. Padova : Cedam.
E. Ferioli
File in questo prodotto:
Eventuali allegati, non sono esposti

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/625977
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact