ABSTRACT L’instabilità segmentale vertebrale può essere considerata una condizione clinica specifica della lombalgia e si verifica quando si manifesta una diminuzione della capacità, da parte del sistema di stabilizzazione spinale, di mantenere la zona neutra vertebrale entro i limiti fisiologici Cause di instabilità possono essere: modificazioni anatomiche e/o degenerative del tripode articolare, esiti di interventi chirurgici al disco intervertebrale, mancanza di un adeguato controllo motorio da parte dei muscoli stabilizzatori lombari. L’approccio conservativo all’instabilità vertebrale prevede anzitutto l’individuazione di tale condizione come causa prevalente della sintomatologia del paziente, l’esecuzione di test validi e affidabili per confermare clinicamente l’instabilità, la progettazione e l’esecuzione di un programma terapeutico di stabilizzazione attiva e l’utilizzo di strumenti di outcome per la valutazione del risultato. L’accuratezza diagnostica dell’instabilità lombare segmentaria può essere ottenuta solo combinando le informazioni dell’anamnesi, dell’esame fisico e delle valutazioni manuali (O’Sullivan, 2000; Hicks, 2003 e 2005; Fritz, 2005). La capacità di identificare anomalie del movimento nella pratica clinica tramite l’osservazione e la palpazione è mediamente poco affidabile, ed è in ogni caso associata ad un background specifico di terapia manuale (Cook, 2005). Il trattamento dell’instabilità clinica può essere preso in considerazione quando sono state escluse altre condizioni patologiche e deve proporsi la stabilizzazione automatica e riflessa del segmento intervertebrale da parte del sistema sottocorticale (Hides, 2001; Richardson, 1999). Questo obiettivo può essere perseguito mediante svariati approcci, anche se la maggior parte degli studi considera soprattutto un approccio peculiare che propone, in una prima fase, gli esercizi specifici di attivazione dei muscoli stabilizzatori locali (trasverso addominale e multifido) e di controllo motorio (Behm 2005). Nella seconda fase sono indicati esercizi più complessi e funzionali, attuati per ripristinare la coordinazione con gli altri gruppi muscolari, la forza e la resistenza (O’Sullivan, 1997 e 2000; Celestini, 2005). Nella terza fase sono indicate le simulazioni di attività lavorative e ricreative, per raggiungere una riabilitazione funzionale globale (Kavcic, 2004). Gli strumenti di outcome utilizzati sono preferibilmente i questionari sulla disabilità funzionale, mentre il biofeedback a pressione non sembra raccomandato per valutare l’efficacia del trattamento (Mills, 2005)

VANTI, C. (2007). Trattamento rieducativo dell’instabilità lombosacrale.

Trattamento rieducativo dell’instabilità lombosacrale

VANTI, CARLA
2007

Abstract

ABSTRACT L’instabilità segmentale vertebrale può essere considerata una condizione clinica specifica della lombalgia e si verifica quando si manifesta una diminuzione della capacità, da parte del sistema di stabilizzazione spinale, di mantenere la zona neutra vertebrale entro i limiti fisiologici Cause di instabilità possono essere: modificazioni anatomiche e/o degenerative del tripode articolare, esiti di interventi chirurgici al disco intervertebrale, mancanza di un adeguato controllo motorio da parte dei muscoli stabilizzatori lombari. L’approccio conservativo all’instabilità vertebrale prevede anzitutto l’individuazione di tale condizione come causa prevalente della sintomatologia del paziente, l’esecuzione di test validi e affidabili per confermare clinicamente l’instabilità, la progettazione e l’esecuzione di un programma terapeutico di stabilizzazione attiva e l’utilizzo di strumenti di outcome per la valutazione del risultato. L’accuratezza diagnostica dell’instabilità lombare segmentaria può essere ottenuta solo combinando le informazioni dell’anamnesi, dell’esame fisico e delle valutazioni manuali (O’Sullivan, 2000; Hicks, 2003 e 2005; Fritz, 2005). La capacità di identificare anomalie del movimento nella pratica clinica tramite l’osservazione e la palpazione è mediamente poco affidabile, ed è in ogni caso associata ad un background specifico di terapia manuale (Cook, 2005). Il trattamento dell’instabilità clinica può essere preso in considerazione quando sono state escluse altre condizioni patologiche e deve proporsi la stabilizzazione automatica e riflessa del segmento intervertebrale da parte del sistema sottocorticale (Hides, 2001; Richardson, 1999). Questo obiettivo può essere perseguito mediante svariati approcci, anche se la maggior parte degli studi considera soprattutto un approccio peculiare che propone, in una prima fase, gli esercizi specifici di attivazione dei muscoli stabilizzatori locali (trasverso addominale e multifido) e di controllo motorio (Behm 2005). Nella seconda fase sono indicati esercizi più complessi e funzionali, attuati per ripristinare la coordinazione con gli altri gruppi muscolari, la forza e la resistenza (O’Sullivan, 1997 e 2000; Celestini, 2005). Nella terza fase sono indicate le simulazioni di attività lavorative e ricreative, per raggiungere una riabilitazione funzionale globale (Kavcic, 2004). Gli strumenti di outcome utilizzati sono preferibilmente i questionari sulla disabilità funzionale, mentre il biofeedback a pressione non sembra raccomandato per valutare l’efficacia del trattamento (Mills, 2005)
2007
2° Convegno Interdisciplinare “Il Mal di Schiena Oggi: tra dubbi e certezze"
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VANTI, C. (2007). Trattamento rieducativo dell’instabilità lombosacrale.
VANTI, CARLA
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