Le principali cause di instabilità sono le iperlassità genetiche, macrotraumatiche e microtraumatiche e la carenza di controllo neuromuscolare. Il trattamento dell’instabilità prevede l’immobilizzazione controllata, l’incremento del controllo neuromuscolare e della coordinazione neuromuscolare. La progressione del trattamento conservativo per l’instabilità prevede di: - attivare selettivamente i muscoli profondi (10 secondi di contrazione con la respirazione normale); - effettuare esercizi di co-contrazione dei flessori cervicali profondi con gli stabilizzatori inferiori della scapola; - aumentare il tempo di tenuta della co-contrazione; - effettuare la co-contrazione nelle differenti posture (seduta, in piedi, quadrupedica, ecc.); - mantenendo la co-contrazione, incrementare la difficoltà mediante esercizi degli arti; - in carico, mantenendo la co-contrazione, effettuare lavoro cinestesico, lavoro sulle abilità (coordinazione), risposta ai disequilibri; - in carico, mantenendo la co-contrazione, differenziare le proposte funzionali ed incrementare progressivamente le difficoltà; - infine, eseguire esercizi aerobici per incrementare la resistenza, esercizi veloci ed effettuare un alto numero di ripetizioni, per favorire l’automatizzazione. Nel primo stadio del trattamento, si cerca di isolare il sistema muscolare locale preposto alla stabilizzazione, in particolare il retto anteriore del capo, il lungo del capo e il lungo del collo. L’esercizio chiave per i flessori profondi cervicali è la flessione cranio-cervicale con Biofeedback a pressione, in cui si richiede al soggetto di portare e mantenere la pressione del Biofeedback da 20 a 30 mmHg, o graduare progressivamente l’aumento della pressione, passando da 20 mmHg a 22, 24, 26, 28, 30 mmHg, e viceversa. Un altro esercizio utile in questa fase è la co-contrazione in posizione quadrupede, in cui si attivano i flessori cervicali profondi insieme agli estensori cervico-dorsali, anche con l’ausilio di una superficie piatta da mantenere in equilibrio sul capo. Gli stabilizzatori inferiori della scapola (trapezio inferiore e gran dentato) devono lavorare in co-contrazione con i flessori cervicali profondi: l’adduzione-abbassamento della scapola, evitando la contrazione del trapezio superiore e dell’elevatore della scapola, sono utili a questo scopo. Nel secondo stadio del trattamento occorre allenare il controllo locale, abbinando all’attivazione del sistema muscolare locale movimenti di elevazione o abduzione dell’arto superiore o mantenimento della posizione sotto carico. In una fase successiva, si possono inserire anche pesi o resistenze elastiche agli arti superiori, o abbinare al controllo sotto carico movimenti degli arti inferiori (estensione dell’anca in posizione quadrupede, squat, inginocchiata, ecc.). L’allenamento al controllo locale sarà più complesso se eseguito in situazioni di disequilibrio, con l’ausilio di palloni o pedane oscillanti; in questa fase sono utili anche esercizi cinestesici come quelli proposti da Revel et al nel 1991. Nel terzo stadio del trattamento si inserisce il controllo del sistema muscolare in compiti funzionali, con scopo di educare il soggetto al mantenimento di una posizione neutra ed equilibrata del rachide cervicale durante l’esecuzione dei gesti. In questa fase sono indispensabili le simulazioni, applicando quanto appreso alle limitazioni funzionali e alle richieste specifiche, proprie di attività lavorative, ricreative o sportive. Si inseriranno quindi esercizi aerobici, lavoro sulle abilità, movimenti rapidi, esercizi propriocettivi, applicazione di carichi, ecc.

L’instabilità clinica cervicale e gli esercizi per il controllo motorio

VANTI, CARLA
2008

Abstract

Le principali cause di instabilità sono le iperlassità genetiche, macrotraumatiche e microtraumatiche e la carenza di controllo neuromuscolare. Il trattamento dell’instabilità prevede l’immobilizzazione controllata, l’incremento del controllo neuromuscolare e della coordinazione neuromuscolare. La progressione del trattamento conservativo per l’instabilità prevede di: - attivare selettivamente i muscoli profondi (10 secondi di contrazione con la respirazione normale); - effettuare esercizi di co-contrazione dei flessori cervicali profondi con gli stabilizzatori inferiori della scapola; - aumentare il tempo di tenuta della co-contrazione; - effettuare la co-contrazione nelle differenti posture (seduta, in piedi, quadrupedica, ecc.); - mantenendo la co-contrazione, incrementare la difficoltà mediante esercizi degli arti; - in carico, mantenendo la co-contrazione, effettuare lavoro cinestesico, lavoro sulle abilità (coordinazione), risposta ai disequilibri; - in carico, mantenendo la co-contrazione, differenziare le proposte funzionali ed incrementare progressivamente le difficoltà; - infine, eseguire esercizi aerobici per incrementare la resistenza, esercizi veloci ed effettuare un alto numero di ripetizioni, per favorire l’automatizzazione. Nel primo stadio del trattamento, si cerca di isolare il sistema muscolare locale preposto alla stabilizzazione, in particolare il retto anteriore del capo, il lungo del capo e il lungo del collo. L’esercizio chiave per i flessori profondi cervicali è la flessione cranio-cervicale con Biofeedback a pressione, in cui si richiede al soggetto di portare e mantenere la pressione del Biofeedback da 20 a 30 mmHg, o graduare progressivamente l’aumento della pressione, passando da 20 mmHg a 22, 24, 26, 28, 30 mmHg, e viceversa. Un altro esercizio utile in questa fase è la co-contrazione in posizione quadrupede, in cui si attivano i flessori cervicali profondi insieme agli estensori cervico-dorsali, anche con l’ausilio di una superficie piatta da mantenere in equilibrio sul capo. Gli stabilizzatori inferiori della scapola (trapezio inferiore e gran dentato) devono lavorare in co-contrazione con i flessori cervicali profondi: l’adduzione-abbassamento della scapola, evitando la contrazione del trapezio superiore e dell’elevatore della scapola, sono utili a questo scopo. Nel secondo stadio del trattamento occorre allenare il controllo locale, abbinando all’attivazione del sistema muscolare locale movimenti di elevazione o abduzione dell’arto superiore o mantenimento della posizione sotto carico. In una fase successiva, si possono inserire anche pesi o resistenze elastiche agli arti superiori, o abbinare al controllo sotto carico movimenti degli arti inferiori (estensione dell’anca in posizione quadrupede, squat, inginocchiata, ecc.). L’allenamento al controllo locale sarà più complesso se eseguito in situazioni di disequilibrio, con l’ausilio di palloni o pedane oscillanti; in questa fase sono utili anche esercizi cinestesici come quelli proposti da Revel et al nel 1991. Nel terzo stadio del trattamento si inserisce il controllo del sistema muscolare in compiti funzionali, con scopo di educare il soggetto al mantenimento di una posizione neutra ed equilibrata del rachide cervicale durante l’esecuzione dei gesti. In questa fase sono indispensabili le simulazioni, applicando quanto appreso alle limitazioni funzionali e alle richieste specifiche, proprie di attività lavorative, ricreative o sportive. Si inseriranno quindi esercizi aerobici, lavoro sulle abilità, movimenti rapidi, esercizi propriocettivi, applicazione di carichi, ecc.
2008
Convegno Interdisciplinare III Edizione Giornate Riminesi di Patologia Vertebrale “Trattamento della cervicalgia e del colpo di frusta”
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VANTI, CARLA
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/623599
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