SCOPI DEL LAVORO Valutare l’efficacia del trattamento conservativo nella dorsalgia dell’adulto non specifica (di origine incerta o sconosciuta), con particolare riferimento alla terapia manuale passiva e proporre alcune raccomandazioni generali per il trattamento conservativo. BACKGROUND La dorsalgia dell’adulto non specifica è meno frequente rispetto alla cervicalgia e alla lombalgia (rispettivamente 2:5:20) (1) e conseguentemente molto meno indagata (2). Inoltre, non vi sono studi pubblicati sull’evoluzione o sulla progressione del dolore dorsale, con o senza trattamento: quindi non sappiamo se la storia naturale della dorsalgia sia o meno analoga a quella della lombalgia o della cervicalgia (3). La valutazione e il trattamento conservativo del distretto dorsale sono tutt’altro che semplici. La complessità di questo distretto è legata alla molteplicità di articolazioni presenti (intervertebrali, costo-vertebrali, costo-trasversarie), alla presenza della gabbia toracica e quindi del continuo movimento delle articolazioni costali, alla presenza dei gangli del sistema simpatico e, nello stretto toracico superiore, del passaggio del fascio vascolo-nervoso dal distretto cervicale all’arto superiore. Molti sono quindi i siti che potrebbero essere generatori del dolore e vari i distretti in cui il paziente può riferire i propri sintomi (dorso, torace, distretto lombare, arto superiore, distretto cervicale, ecc) (4,5,6,7). Infine, occorre ricordare che frequentemente un dolore a genesi cervicale è riferito a livello paravertebrale dorsale (8,9,10) e che il tronco è il distretto più interessato dal dolore viscerale. Molte e diversificate sono le proposte di valutazione e trattamento conservativo delle dorsalgie mediante terapia manuale. Le principali procedure di terapia manuale passiva includono osteopatia (11), chiropratica (12), concetto Maitland (13), terapia manuale ortopedica di Kaltenborn-Evjenth (14), medicina ortopedica Cyriax (15), mobilizzazione del sistema nervoso secondo Butler (16) terapia manuale di Bienfait (17). Altre procedure associano tecniche passive e attive, come le mobilizzazioni con movimento di Mulligan (18) e le tecniche di muscle energy (19). L’approccio McKenzie (20) enfatizza l’importanza dell’autotrattamento; altre tecniche si rivolgono prevalentemente alla rieducazione posturale, come l’RPG (21) o al trattamento delle disfunzioni muscolari, come il Kinetic Control e le procedure proposte da Sahrmann (22,23). Non è chiaro però se studi clinici controllati abbiano dimostrato la validità, sia valutativa che terapeutica, di tali procedure; non è chiaro neppure se una procedura si sia dimostrata più efficace di altre o del placebo. METODI E’ stata effettuata una prima revisione della letteratura internazionale riguardante l’efficacia della terapia manuale nel trattamento della dorsalgia dell’adulto non specifica, considerando linee guida e studi clinici. Data l’evidente scarsità di materiale raccolto, la ricerca è stata estesa ai principali lavori descrittivi, aneddotici e tutoriali. Sono state consultate le seguenti banche dati mediche computerizzate: Medline, Embase, CINAHL, Pedro, Cochrane Library, utilizzando le parole-chiave: Thoracic pain – Thoracic dysfunction – Thoracic impairment – Rib cage pain – Chest pain - Complex regional pain syndrome – Manual therapy – Manipulation – Mobilization –Physiotherapy – Conservative treatment. La ricerca è stata effettuata nell’agosto 2005, senza limitazioni di anno e ha incluso i lavori in lingua inglese, tedesca, francese e italiana. Sono stati esclusi dalla ricerca gli studi relativi a terapia fisica strumentale, agopuntura ed altre terapie complementari, corsetti, farmacoterapia e terapia del dolore. RISULTATI Esistono molti lavori sull’efficacia del trattamento farmacologico e chirurgico, pochi invece sul trattamento conservativo delle dorsalgie non specifiche. Dalla ricerca nelle banche dati e nella biblioteca personale sono stati esaminati complessivamente n. 113 articoli e lavori scientifici. Sono stati esclusi n. 39 articoli che si occupavano solo marginalmente del distretto dorsale. Pertanto la revisione ha riguardato n.74 lavori: monografie, articoli e una Linea Guida specifica (Evidence-based Management of Acute Musculoskeletal Pain – Cap.5 - Australian Acute Muscoloskeletal Pain Guidelines Group – 2003). I lavori pubblicati riguardano quasi esclusivamente la terapia manipolativa (mobilizzazione con impulso), soprattutto quella di tipo chiropratico, mentre esiste una palese carenza di studi concernenti le varie procedure di mobilizzazione o le altre tecniche passive e attive. Numericamente esigui gli studi randomizzati e/o controllati; prevalgono studi descrittivi o lavori aneddotici e tutoriali. I risultati dei lavori sono stati suddivisi per argomento, in alcuni principali settori. 1) ORIGINI ANATOMICHE DELLA DORSALGIA NON SPECIFICA Sono stati pubblicati 2 lavori volti a indagare la genesi zigoapofisaria del dolore dorsale: Dreyfuss (24) ha evidenziato, in seguito a infiltrazioni provocative in soggetti asintomatici, la produzione di sintomi, sia locali che riferiti, nel 72.5% dei casi. Manchikanti (25) ha riscontrato, in seguito all’effettuazione di blocco anestetico, che in una significativa percentuale di pazienti con dolore cronico dorsale (42%) il pain generator era proprio nelle articolazioni faccettarie dorsali. Il dolore discogenico dorsale è stato studiato con discografia provocativa, ma i sintomi prodotti sono stati vari e con altrettanto varia distribuzione (26,27). E’ stato dimostrato sperimentalmente che anche i legamenti interspinosi dorsali e i muscoli paravertebrali sono potenziali sorgenti di dolore (28), ma non sono stati trovati studi clinici controllati a questo proposito relativi al distretto dorsale. Non sono stati trovati studi clinici neppure relativamente alle articolazioni costovertebrali e costotrasversarie, alla dura madre, ai legamenti longitudinali: tutte strutture innervate e quindi potenziali pain generators. 2) ORIGINI FUNZIONALI DELLA DORSALGIA NON SPECIFICA Le origini meccaniche della dorsalgia sono state oggetto di diverse interpretazioni. I vari autori si riferiscono ad esempio a: dolore spondilogenico o non radicolare (29); disfunzione somatica (30); disturbo intervertebrale minore (31); sublussazione intervertebrale (12); lesione osteopatica (11,17); iper o ipomobilità del segmento di movimento intervertebrale (13,14); sindrome posturale, da disfunzione e da derangement (20,32); retrazione di catene muscolari (21); disfunzione del movimento (22,23). Gli autori che propongono queste diverse interpretazioni si basano su specifici approcci valutativi, ma tali teorie e osservazioni non sono nella maggior parte dei casi testate e validate in studi clinici. Alcuni autori si basano su reperti che indagano specifiche strutture anatomiche (ad esempio il disco e le articolazioni zigoapofisarie); altri invece si basano soprattutto sulla ricerca di alterazioni nella funzione articolare o muscolare, nelle relazioni anatomiche tra segmenti ossei e/o tessuti molli, o nelle risposte della cute e del connettivo. 3) VALIDITA’ E AFFIDABILITA’ DELLE PROCEDURE DI TERAPIA MANUALE Anamnesi: non esiste un metodo universalmente accettato per la raccolta dell’anamnesi e non esistono neppure ricerche sull’affidabilità e la validità degli elementi della storia clinica in relazione alla dorsalgia (29,33). Esame fisico: L’esame fisico può includere ispezione, palpazione e esame del movimento. Pochi purtroppo sono i dati disponibili relativamente all’affidabilità di questi segni fisici nell’esame della colonna dorsale. Ispezione: L’affidabilità intraesaminatore della postura cervicotoracica e delle spalle si è rivelata buona; scarsa invece l’affidabilità interesaminatore (34). E’ stata evidenziata un’associazione tra incidenza di dolore interscapolare e gradi maggiori di protrusione del capo, cifosi dorsale e anteposizione delle spalle, ma questa associazione non pare correlata alla severità o alla frequenza del dolore (35). La presenza di deformità dorsali è ovviamente un elemento da considerare, anche se non vi sono studi in grado di attestare l’affidabilità dell’ispezione clinica della cifosi e della scoliosi. Inoltre, le correlazioni tra queste deformità e il dolore non appaiono chiare. Palpazione: La maggior parte dei test palpatori del rachide dorsale sono di natura qualitativa ed hanno scarsa accuratezza quantitativa: i risultati degli studi ne indicano infatti una limitata affidabilità. Inoltre, nessun lavoro ha studiato la validità di test palpatori rispetto a un criterio standard e molte anormalità si riscontrano alla palpazione di soggetti asintomatici. Da ricordare inoltre che il rachide dorsale è sede di frequenti variazioni anatomiche riguardanti gli elementi ossei e le articolazioni: ad esempio a livello della giunzione toraco-lombare è stata riscontrata in oltre il 30% dei soggetti un’asimmetria nelle articolazioni zigoapofisarie superiore a 20° (36). Johnston (37) ha riportato un’alta affidabilità interesaminatore per la presenza o assenza di tensione muscolare profonda, indice di disfunzione dei segmenti dorsali già contrassegnati. Tale affidabilità diventava però insufficiente quando i segmenti non erano contrassegnati precedentemente. Un altro studio relativo all’individuazione corretta dei livelli vertebrali da parte di studenti, fisioterapisti e terapisti manuali ha evidenziato una bassa riproducibilità, ma una buona ripetitività. Il livello di riproducibilità era maggiore nei fisioterapisti e nei terapisti manuali, rispetto agli studenti (38). Solo lo studio di Minucci (39) ha riportato un’alta affidabilità interesaminatore e intraesaminatore per 114 test palpatori, ma il campione di soggetti esaminati – 5 - era troppo piccolo per ricavare conclusioni certe o calcolare il Kappa score. Si è evidenziato invece un buon livello di affidabilità interesaminatore e intraesaminatore per quanto concerne la palpazione paravertebrale volta a evidenziare la presenza di dolorabilità, anche se non si conosce la validità di questo test diagnostico (40,41). Infatti, lo studio di Bryner (42) ha mostrato come esistano notevoli differenze individuali nella soglia della sensibilità alla palpazione e come esistano sovrapposizioni nelle risposte tra soggetti sintomatici e asintomatici. Esame del movimento: Non esistono studi relativi all’affidabilità della valutazione di restrizioni del movimento globale della colonna dorsale. Gli studi relativi all’esame palpatorio segmentario del movimento hanno mostrato una bassa riproducibilità, ma una buona ripetitività (43). Manipolazione: Uno studio relativo all’accuratezza del livello vertebrale manipolato ha evidenziato (indagando il fenomeno della cavitazione) che solo in poco più del 50% dei casi la manipolazione era effettivamente localizzata al livello scelto, con un errore medio di 3,5 cm (44). 4) INDICAZIONI PER LA TERAPIA MANUALE E LA MANIPOLAZIONE Il ruolo della terapia manuale appare ancora non chiaro (risoluzione di disfunzioni articolari, recupero di un corretto allineamento, riduzione di protrusioni nucleari, riduzione di intrappolamenti meniscoidi, decompressione articolare, ecc.) (45), né esiste un razionale univoco sulle indicazioni alla manipolazione (46). Pertanto, la decisione se effettuare tale tecnica terapeutica è lasciata al singolo operatore (46). Molti lavori raccomandano comunque un’attenta considerazione delle controindicazioni (lesioni strutturali, deficit neurologici), l’effettuazione di test pre-manipolativi e la preferenza per tecniche di manipolazione atraumatiche (47) o di mobilizzazione con movimento non provocativa, secondo i principi di Mulligan, (48). Infatti, le tecniche di mobilizzazione o manipolazione che prevedono estensioni o rotazioni forzate possono provocare dolore, lesioni alle faccette articolari o blocco doloroso dei menischi articolari (36). Un ulteriore elemento a favore di un atteggiamento cauto emerge dallo studio di Leboeuf-Yde (49), che ha evidenziato come la maggior parte degli effetti collaterali alla manipolazione (fastidio locale o irradiato, cefalea, tensione, disequilibrio, nausea, riscaldamento cutaneo, ecc) si verifichino: nella prima seduta di trattamento, quando viene trattato più di un livello e quando il trattamento si effettua solo sul rachide dorsale. 5) EFFICACIA DELLA MANIPOLAZIONE La ricerca in letteratura ha riscontrato solo una piccola evidenza di efficacia dei trattamenti di terapia manuale per la dorsalgia non specifica. Spesso i lavori pubblicati fanno riferimento in generale al “Back pain”, senza distinguere chiaramente se si tratta di dorsalgia o di lombalgia. Esiste quindi a tutt’oggi una palese carenza di lavori specifici, come hanno recentemente confermato March (3) e Sran (50). Nonostante questa carenza, sono stati trovati alcuni studi specifici sull’argomento. La manipolazione del rachide dorsale pare efficace nel ripristino della normale meccanica articolare e nel recupero del ROM dorsale immediatamente dopo la seduta di trattamento (51,52,53), anche se la manipolazione postero-anteriore non pare modificare la stiffness articolare nella medesima direzione (54). Schiller (55) ha indagato il mantenimento del beneficio terapeutico della manipolazione a un follow-up di 1 mese, concludendo che la manipolazione si è mostrata più efficace del placebo. La manipolazione del rachide dorsale pare efficace nella sedazione del dolore meccanico cervicale (56) e, associata a mobilizzazione dei tessuti molli e mobilizzazione articolare, nel recupero della disabilità conseguente a colpo di frusta (57). La manipolazione del rachide dorsale pare efficace in pazienti con Complex Regional Pain Syndrome Type I (CRPS-I) (58). La manipolazione del rachide dorsale inferiore pare favorire il ripristino della forza muscolare: in particolare, riduce l’inibizione del muscolo trapezio inferiore, che è comunemente associata a molte sindromi posturali (59). L’attivazione muscolare, registrata con EMG, pare indotta dalla manipolazione ad alta velocità, non da quella a bassa velocità (60). La manipolazione del rachide dorsale superiore pare efficace nella risoluzione dei sintomi connessi alla cosiddetta T4 syndrome, caratterizzata da parestesie, intorpidimento o dolore agli arti superiori, cefalea e rigidità al tratto dorsale alto (4). La manipolazione delle articolazioni costo-sternali pare efficace nella risoluzione del dolore toracico cronico associato a dispnea e ansia (61) e nella riduzione dell’ipertensione arteriosa (62). Il numero dei trattamenti manipolativi occorrenti per il tratto dorsale è mediamente la metà rispetto al distretto lombare (63). Due particolari procedure di manipolazione sono la cosiddetta manipolazione in anestesia (MUA), con sedazione farmacologia del paziente (30,64), o la manipolazione sotto anestesia/analgesia (MUJA), in cui si associa l’infiltrazione anestetica dell’articolazione da manipolare (65). I tre lavori che hanno indagato l’efficacia di questa procedura hanno dato risultati favorevoli, ma considerando la complessità e la delicatezza di tale tecnica, che richiede un intervento multidisciplinare, il trattamento è indicato solo per pazienti con dolore spinale dominante cronico (oltre i 2 mesi), di origine articolare, non rispondente alle terapie conservative, così severo da impedire altre procedure di trattamento fisioterapico e manipolativo (65). 6) EFFICACIA DI ALTRE PROCEDURE DI TERAPIA MANUALE Non sono stati trovati studi relativi all’efficacia dell’educazione, degli esercizi a domicilio, del riposo a letto, del recupero funzionale, della terapia comportamentale, della back school. Sono pressoché inesistenti gli studi sull’efficacia dell’esercizio attivo (66) e sulla comparazione di effetti tra fisioterapia e terapia manuale (67). Un interessante lavoro di Sachse (68) ha evidenziato come in alcuni casi il semplice rilassamento muscolare migliori la mobilità distrettuale, anche senza l’effettuazione di alcuna mobilizzazione o manipolazione articolare. In un case report, Austin (69) ha associato con successo mobilizzazioni in carico secondo i principi di Mulligan (18), automobilizzazione secondo le tecniche di McKenzie, manipolazione, esercizio terapeutico attivo ed educazione posturale. In un altro case report, Horton (48) ha trattato una dorsalgia con deformità acuta in flessione e lateroflessione mediante una tecnica SNAG (mobilizzazione con movimento secondo Mulligan) opportunamente modificata e l’utilizzo del taping, per mantenere la correzione ottenuta. Anche Liebenson (70,71) e O’Malley (72) suggeriscono di integrare il trattamento manipolativo con procedure volte alla correzione posturale, al rinforzo muscolare e al rilasciamento dei tessuti molli, per prevenire le recidive. Una corretta suddivisione del lavoro tra il fisioterapista (che corregge le disfunzioni ed educa) e il paziente (che mantiene la mobilità riconquistata, mantiene l’elasticità dei tessuti ed evita gli stress posturali mantenuti o ripetuti) sembra quindi la strada migliore da percorrere. RACCOMANDAZIONI PER IL TRATTAMENTO Nonostante i limiti degli studi, che abbiamo ripetutamente sottolineato, è possibile individuare alcune linee guida generali e alcune raccomandazioni per il trattamento del paziente adulto con dorsalgia non specifica, mediante terapia manuale. Tali indicazioni tengono conto del modello biopsicosociale, che è stato seguito nella stesura dell’International Classification of Functioning, Disability and Health (I.C.F.). Data la notevole carenza di evidenze disponibili, le decisioni relative al trattamento saranno assunte considerando i pochi dati della letteratura, l’esperienza clinica individuale e i bisogni individuali del paziente. Raccomandazioni per il trattamento del paziente adulto con dorsalgia non specifica: a. Effettuare un’anamnesi accurata, per individuare l’insorgenza, le caratteristiche e l’evoluzione nel tempo dei sintomi, della disabilità e dei problemi di partecipazione sociale e per escludere o identificare patologie specifiche. b. Effettuare un esame fisico accurato, per individuare tutte le sorgenti anatomiche e funzionali dei sintomi ed escludere o identificare altre patologie. c. Identificare i fattori psicosociali legati al contesto domestico e lavorativo e i fattori legati alle richieste di indennizzo, che possono influenzare la disabilità. d. Attuare una strategia di trattamento non solo passiva, ma anche attiva, allo scopo di aumentare il livello di conoscenza e comprensione del problema da parte del paziente ed enfatizzare la sua assunzione di ruolo e responsabilità. e. Includere strategie passive come mobilizzazione e manipolazione; quest’ultima pare superiore al placebo. f. Includere strategie attive come informazione, educazione (più efficaci se si avvalgono dell’utilizzo di modelli o della consegna di materiale illustrativo), correzione delle posture a domicilio, sul lavoro e durante la notte, esercizi quotidiani a casa, simulazioni di ADL, esercizi respiratori. g. Adattare il trattamento alle caratteristiche di ogni paziente, considerando le disfunzioni muscolari e articolari e le gestualità quotidiane sul lavoro, a casa, nelle attività ricreative h. Rivalutare l’effetto del trattamento e modificare, quando occorre, le strategie terapeutiche impiegate. i. Considerare i fattori prognostici positivi e negativi, enfatizzare i fattori positivi come la compliance del paziente e intervenire quando possibile sui fattori negativi (fattori psicoemozionali, problemi nell’ambito familiare e/o lavorativo). CONCLUSIONI Dalla revisione della letteratura sul trattamento delle dorsalgie mediante terapia manuale, non si possono trarre conclusioni certe. Non si può stabilire infatti in modo sicuro se il trattamento con terapia manuale sia superiore al non trattamento o al placebo e quale tipo di trattamento sia più efficace. Occorrono altri studi in questo particolare settore delle algie vertebrali non specifiche, in particolare studi randomizzati controllati, per indagare validità e affidabilità dei test di valutazione e per confrontare gli outcomes di diversi trattamenti o di trattamento versus nessun trattamento o placebo.

VANTI, C. (2005). Terapia Manuale: Revisione Internazionale.

Terapia Manuale: Revisione Internazionale

VANTI, CARLA
2005

Abstract

SCOPI DEL LAVORO Valutare l’efficacia del trattamento conservativo nella dorsalgia dell’adulto non specifica (di origine incerta o sconosciuta), con particolare riferimento alla terapia manuale passiva e proporre alcune raccomandazioni generali per il trattamento conservativo. BACKGROUND La dorsalgia dell’adulto non specifica è meno frequente rispetto alla cervicalgia e alla lombalgia (rispettivamente 2:5:20) (1) e conseguentemente molto meno indagata (2). Inoltre, non vi sono studi pubblicati sull’evoluzione o sulla progressione del dolore dorsale, con o senza trattamento: quindi non sappiamo se la storia naturale della dorsalgia sia o meno analoga a quella della lombalgia o della cervicalgia (3). La valutazione e il trattamento conservativo del distretto dorsale sono tutt’altro che semplici. La complessità di questo distretto è legata alla molteplicità di articolazioni presenti (intervertebrali, costo-vertebrali, costo-trasversarie), alla presenza della gabbia toracica e quindi del continuo movimento delle articolazioni costali, alla presenza dei gangli del sistema simpatico e, nello stretto toracico superiore, del passaggio del fascio vascolo-nervoso dal distretto cervicale all’arto superiore. Molti sono quindi i siti che potrebbero essere generatori del dolore e vari i distretti in cui il paziente può riferire i propri sintomi (dorso, torace, distretto lombare, arto superiore, distretto cervicale, ecc) (4,5,6,7). Infine, occorre ricordare che frequentemente un dolore a genesi cervicale è riferito a livello paravertebrale dorsale (8,9,10) e che il tronco è il distretto più interessato dal dolore viscerale. Molte e diversificate sono le proposte di valutazione e trattamento conservativo delle dorsalgie mediante terapia manuale. Le principali procedure di terapia manuale passiva includono osteopatia (11), chiropratica (12), concetto Maitland (13), terapia manuale ortopedica di Kaltenborn-Evjenth (14), medicina ortopedica Cyriax (15), mobilizzazione del sistema nervoso secondo Butler (16) terapia manuale di Bienfait (17). Altre procedure associano tecniche passive e attive, come le mobilizzazioni con movimento di Mulligan (18) e le tecniche di muscle energy (19). L’approccio McKenzie (20) enfatizza l’importanza dell’autotrattamento; altre tecniche si rivolgono prevalentemente alla rieducazione posturale, come l’RPG (21) o al trattamento delle disfunzioni muscolari, come il Kinetic Control e le procedure proposte da Sahrmann (22,23). Non è chiaro però se studi clinici controllati abbiano dimostrato la validità, sia valutativa che terapeutica, di tali procedure; non è chiaro neppure se una procedura si sia dimostrata più efficace di altre o del placebo. METODI E’ stata effettuata una prima revisione della letteratura internazionale riguardante l’efficacia della terapia manuale nel trattamento della dorsalgia dell’adulto non specifica, considerando linee guida e studi clinici. Data l’evidente scarsità di materiale raccolto, la ricerca è stata estesa ai principali lavori descrittivi, aneddotici e tutoriali. Sono state consultate le seguenti banche dati mediche computerizzate: Medline, Embase, CINAHL, Pedro, Cochrane Library, utilizzando le parole-chiave: Thoracic pain – Thoracic dysfunction – Thoracic impairment – Rib cage pain – Chest pain - Complex regional pain syndrome – Manual therapy – Manipulation – Mobilization –Physiotherapy – Conservative treatment. La ricerca è stata effettuata nell’agosto 2005, senza limitazioni di anno e ha incluso i lavori in lingua inglese, tedesca, francese e italiana. Sono stati esclusi dalla ricerca gli studi relativi a terapia fisica strumentale, agopuntura ed altre terapie complementari, corsetti, farmacoterapia e terapia del dolore. RISULTATI Esistono molti lavori sull’efficacia del trattamento farmacologico e chirurgico, pochi invece sul trattamento conservativo delle dorsalgie non specifiche. Dalla ricerca nelle banche dati e nella biblioteca personale sono stati esaminati complessivamente n. 113 articoli e lavori scientifici. Sono stati esclusi n. 39 articoli che si occupavano solo marginalmente del distretto dorsale. Pertanto la revisione ha riguardato n.74 lavori: monografie, articoli e una Linea Guida specifica (Evidence-based Management of Acute Musculoskeletal Pain – Cap.5 - Australian Acute Muscoloskeletal Pain Guidelines Group – 2003). I lavori pubblicati riguardano quasi esclusivamente la terapia manipolativa (mobilizzazione con impulso), soprattutto quella di tipo chiropratico, mentre esiste una palese carenza di studi concernenti le varie procedure di mobilizzazione o le altre tecniche passive e attive. Numericamente esigui gli studi randomizzati e/o controllati; prevalgono studi descrittivi o lavori aneddotici e tutoriali. I risultati dei lavori sono stati suddivisi per argomento, in alcuni principali settori. 1) ORIGINI ANATOMICHE DELLA DORSALGIA NON SPECIFICA Sono stati pubblicati 2 lavori volti a indagare la genesi zigoapofisaria del dolore dorsale: Dreyfuss (24) ha evidenziato, in seguito a infiltrazioni provocative in soggetti asintomatici, la produzione di sintomi, sia locali che riferiti, nel 72.5% dei casi. Manchikanti (25) ha riscontrato, in seguito all’effettuazione di blocco anestetico, che in una significativa percentuale di pazienti con dolore cronico dorsale (42%) il pain generator era proprio nelle articolazioni faccettarie dorsali. Il dolore discogenico dorsale è stato studiato con discografia provocativa, ma i sintomi prodotti sono stati vari e con altrettanto varia distribuzione (26,27). E’ stato dimostrato sperimentalmente che anche i legamenti interspinosi dorsali e i muscoli paravertebrali sono potenziali sorgenti di dolore (28), ma non sono stati trovati studi clinici controllati a questo proposito relativi al distretto dorsale. Non sono stati trovati studi clinici neppure relativamente alle articolazioni costovertebrali e costotrasversarie, alla dura madre, ai legamenti longitudinali: tutte strutture innervate e quindi potenziali pain generators. 2) ORIGINI FUNZIONALI DELLA DORSALGIA NON SPECIFICA Le origini meccaniche della dorsalgia sono state oggetto di diverse interpretazioni. I vari autori si riferiscono ad esempio a: dolore spondilogenico o non radicolare (29); disfunzione somatica (30); disturbo intervertebrale minore (31); sublussazione intervertebrale (12); lesione osteopatica (11,17); iper o ipomobilità del segmento di movimento intervertebrale (13,14); sindrome posturale, da disfunzione e da derangement (20,32); retrazione di catene muscolari (21); disfunzione del movimento (22,23). Gli autori che propongono queste diverse interpretazioni si basano su specifici approcci valutativi, ma tali teorie e osservazioni non sono nella maggior parte dei casi testate e validate in studi clinici. Alcuni autori si basano su reperti che indagano specifiche strutture anatomiche (ad esempio il disco e le articolazioni zigoapofisarie); altri invece si basano soprattutto sulla ricerca di alterazioni nella funzione articolare o muscolare, nelle relazioni anatomiche tra segmenti ossei e/o tessuti molli, o nelle risposte della cute e del connettivo. 3) VALIDITA’ E AFFIDABILITA’ DELLE PROCEDURE DI TERAPIA MANUALE Anamnesi: non esiste un metodo universalmente accettato per la raccolta dell’anamnesi e non esistono neppure ricerche sull’affidabilità e la validità degli elementi della storia clinica in relazione alla dorsalgia (29,33). Esame fisico: L’esame fisico può includere ispezione, palpazione e esame del movimento. Pochi purtroppo sono i dati disponibili relativamente all’affidabilità di questi segni fisici nell’esame della colonna dorsale. Ispezione: L’affidabilità intraesaminatore della postura cervicotoracica e delle spalle si è rivelata buona; scarsa invece l’affidabilità interesaminatore (34). E’ stata evidenziata un’associazione tra incidenza di dolore interscapolare e gradi maggiori di protrusione del capo, cifosi dorsale e anteposizione delle spalle, ma questa associazione non pare correlata alla severità o alla frequenza del dolore (35). La presenza di deformità dorsali è ovviamente un elemento da considerare, anche se non vi sono studi in grado di attestare l’affidabilità dell’ispezione clinica della cifosi e della scoliosi. Inoltre, le correlazioni tra queste deformità e il dolore non appaiono chiare. Palpazione: La maggior parte dei test palpatori del rachide dorsale sono di natura qualitativa ed hanno scarsa accuratezza quantitativa: i risultati degli studi ne indicano infatti una limitata affidabilità. Inoltre, nessun lavoro ha studiato la validità di test palpatori rispetto a un criterio standard e molte anormalità si riscontrano alla palpazione di soggetti asintomatici. Da ricordare inoltre che il rachide dorsale è sede di frequenti variazioni anatomiche riguardanti gli elementi ossei e le articolazioni: ad esempio a livello della giunzione toraco-lombare è stata riscontrata in oltre il 30% dei soggetti un’asimmetria nelle articolazioni zigoapofisarie superiore a 20° (36). Johnston (37) ha riportato un’alta affidabilità interesaminatore per la presenza o assenza di tensione muscolare profonda, indice di disfunzione dei segmenti dorsali già contrassegnati. Tale affidabilità diventava però insufficiente quando i segmenti non erano contrassegnati precedentemente. Un altro studio relativo all’individuazione corretta dei livelli vertebrali da parte di studenti, fisioterapisti e terapisti manuali ha evidenziato una bassa riproducibilità, ma una buona ripetitività. Il livello di riproducibilità era maggiore nei fisioterapisti e nei terapisti manuali, rispetto agli studenti (38). Solo lo studio di Minucci (39) ha riportato un’alta affidabilità interesaminatore e intraesaminatore per 114 test palpatori, ma il campione di soggetti esaminati – 5 - era troppo piccolo per ricavare conclusioni certe o calcolare il Kappa score. Si è evidenziato invece un buon livello di affidabilità interesaminatore e intraesaminatore per quanto concerne la palpazione paravertebrale volta a evidenziare la presenza di dolorabilità, anche se non si conosce la validità di questo test diagnostico (40,41). Infatti, lo studio di Bryner (42) ha mostrato come esistano notevoli differenze individuali nella soglia della sensibilità alla palpazione e come esistano sovrapposizioni nelle risposte tra soggetti sintomatici e asintomatici. Esame del movimento: Non esistono studi relativi all’affidabilità della valutazione di restrizioni del movimento globale della colonna dorsale. Gli studi relativi all’esame palpatorio segmentario del movimento hanno mostrato una bassa riproducibilità, ma una buona ripetitività (43). Manipolazione: Uno studio relativo all’accuratezza del livello vertebrale manipolato ha evidenziato (indagando il fenomeno della cavitazione) che solo in poco più del 50% dei casi la manipolazione era effettivamente localizzata al livello scelto, con un errore medio di 3,5 cm (44). 4) INDICAZIONI PER LA TERAPIA MANUALE E LA MANIPOLAZIONE Il ruolo della terapia manuale appare ancora non chiaro (risoluzione di disfunzioni articolari, recupero di un corretto allineamento, riduzione di protrusioni nucleari, riduzione di intrappolamenti meniscoidi, decompressione articolare, ecc.) (45), né esiste un razionale univoco sulle indicazioni alla manipolazione (46). Pertanto, la decisione se effettuare tale tecnica terapeutica è lasciata al singolo operatore (46). Molti lavori raccomandano comunque un’attenta considerazione delle controindicazioni (lesioni strutturali, deficit neurologici), l’effettuazione di test pre-manipolativi e la preferenza per tecniche di manipolazione atraumatiche (47) o di mobilizzazione con movimento non provocativa, secondo i principi di Mulligan, (48). Infatti, le tecniche di mobilizzazione o manipolazione che prevedono estensioni o rotazioni forzate possono provocare dolore, lesioni alle faccette articolari o blocco doloroso dei menischi articolari (36). Un ulteriore elemento a favore di un atteggiamento cauto emerge dallo studio di Leboeuf-Yde (49), che ha evidenziato come la maggior parte degli effetti collaterali alla manipolazione (fastidio locale o irradiato, cefalea, tensione, disequilibrio, nausea, riscaldamento cutaneo, ecc) si verifichino: nella prima seduta di trattamento, quando viene trattato più di un livello e quando il trattamento si effettua solo sul rachide dorsale. 5) EFFICACIA DELLA MANIPOLAZIONE La ricerca in letteratura ha riscontrato solo una piccola evidenza di efficacia dei trattamenti di terapia manuale per la dorsalgia non specifica. Spesso i lavori pubblicati fanno riferimento in generale al “Back pain”, senza distinguere chiaramente se si tratta di dorsalgia o di lombalgia. Esiste quindi a tutt’oggi una palese carenza di lavori specifici, come hanno recentemente confermato March (3) e Sran (50). Nonostante questa carenza, sono stati trovati alcuni studi specifici sull’argomento. La manipolazione del rachide dorsale pare efficace nel ripristino della normale meccanica articolare e nel recupero del ROM dorsale immediatamente dopo la seduta di trattamento (51,52,53), anche se la manipolazione postero-anteriore non pare modificare la stiffness articolare nella medesima direzione (54). Schiller (55) ha indagato il mantenimento del beneficio terapeutico della manipolazione a un follow-up di 1 mese, concludendo che la manipolazione si è mostrata più efficace del placebo. La manipolazione del rachide dorsale pare efficace nella sedazione del dolore meccanico cervicale (56) e, associata a mobilizzazione dei tessuti molli e mobilizzazione articolare, nel recupero della disabilità conseguente a colpo di frusta (57). La manipolazione del rachide dorsale pare efficace in pazienti con Complex Regional Pain Syndrome Type I (CRPS-I) (58). La manipolazione del rachide dorsale inferiore pare favorire il ripristino della forza muscolare: in particolare, riduce l’inibizione del muscolo trapezio inferiore, che è comunemente associata a molte sindromi posturali (59). L’attivazione muscolare, registrata con EMG, pare indotta dalla manipolazione ad alta velocità, non da quella a bassa velocità (60). La manipolazione del rachide dorsale superiore pare efficace nella risoluzione dei sintomi connessi alla cosiddetta T4 syndrome, caratterizzata da parestesie, intorpidimento o dolore agli arti superiori, cefalea e rigidità al tratto dorsale alto (4). La manipolazione delle articolazioni costo-sternali pare efficace nella risoluzione del dolore toracico cronico associato a dispnea e ansia (61) e nella riduzione dell’ipertensione arteriosa (62). Il numero dei trattamenti manipolativi occorrenti per il tratto dorsale è mediamente la metà rispetto al distretto lombare (63). Due particolari procedure di manipolazione sono la cosiddetta manipolazione in anestesia (MUA), con sedazione farmacologia del paziente (30,64), o la manipolazione sotto anestesia/analgesia (MUJA), in cui si associa l’infiltrazione anestetica dell’articolazione da manipolare (65). I tre lavori che hanno indagato l’efficacia di questa procedura hanno dato risultati favorevoli, ma considerando la complessità e la delicatezza di tale tecnica, che richiede un intervento multidisciplinare, il trattamento è indicato solo per pazienti con dolore spinale dominante cronico (oltre i 2 mesi), di origine articolare, non rispondente alle terapie conservative, così severo da impedire altre procedure di trattamento fisioterapico e manipolativo (65). 6) EFFICACIA DI ALTRE PROCEDURE DI TERAPIA MANUALE Non sono stati trovati studi relativi all’efficacia dell’educazione, degli esercizi a domicilio, del riposo a letto, del recupero funzionale, della terapia comportamentale, della back school. Sono pressoché inesistenti gli studi sull’efficacia dell’esercizio attivo (66) e sulla comparazione di effetti tra fisioterapia e terapia manuale (67). Un interessante lavoro di Sachse (68) ha evidenziato come in alcuni casi il semplice rilassamento muscolare migliori la mobilità distrettuale, anche senza l’effettuazione di alcuna mobilizzazione o manipolazione articolare. In un case report, Austin (69) ha associato con successo mobilizzazioni in carico secondo i principi di Mulligan (18), automobilizzazione secondo le tecniche di McKenzie, manipolazione, esercizio terapeutico attivo ed educazione posturale. In un altro case report, Horton (48) ha trattato una dorsalgia con deformità acuta in flessione e lateroflessione mediante una tecnica SNAG (mobilizzazione con movimento secondo Mulligan) opportunamente modificata e l’utilizzo del taping, per mantenere la correzione ottenuta. Anche Liebenson (70,71) e O’Malley (72) suggeriscono di integrare il trattamento manipolativo con procedure volte alla correzione posturale, al rinforzo muscolare e al rilasciamento dei tessuti molli, per prevenire le recidive. Una corretta suddivisione del lavoro tra il fisioterapista (che corregge le disfunzioni ed educa) e il paziente (che mantiene la mobilità riconquistata, mantiene l’elasticità dei tessuti ed evita gli stress posturali mantenuti o ripetuti) sembra quindi la strada migliore da percorrere. RACCOMANDAZIONI PER IL TRATTAMENTO Nonostante i limiti degli studi, che abbiamo ripetutamente sottolineato, è possibile individuare alcune linee guida generali e alcune raccomandazioni per il trattamento del paziente adulto con dorsalgia non specifica, mediante terapia manuale. Tali indicazioni tengono conto del modello biopsicosociale, che è stato seguito nella stesura dell’International Classification of Functioning, Disability and Health (I.C.F.). Data la notevole carenza di evidenze disponibili, le decisioni relative al trattamento saranno assunte considerando i pochi dati della letteratura, l’esperienza clinica individuale e i bisogni individuali del paziente. Raccomandazioni per il trattamento del paziente adulto con dorsalgia non specifica: a. Effettuare un’anamnesi accurata, per individuare l’insorgenza, le caratteristiche e l’evoluzione nel tempo dei sintomi, della disabilità e dei problemi di partecipazione sociale e per escludere o identificare patologie specifiche. b. Effettuare un esame fisico accurato, per individuare tutte le sorgenti anatomiche e funzionali dei sintomi ed escludere o identificare altre patologie. c. Identificare i fattori psicosociali legati al contesto domestico e lavorativo e i fattori legati alle richieste di indennizzo, che possono influenzare la disabilità. d. Attuare una strategia di trattamento non solo passiva, ma anche attiva, allo scopo di aumentare il livello di conoscenza e comprensione del problema da parte del paziente ed enfatizzare la sua assunzione di ruolo e responsabilità. e. Includere strategie passive come mobilizzazione e manipolazione; quest’ultima pare superiore al placebo. f. Includere strategie attive come informazione, educazione (più efficaci se si avvalgono dell’utilizzo di modelli o della consegna di materiale illustrativo), correzione delle posture a domicilio, sul lavoro e durante la notte, esercizi quotidiani a casa, simulazioni di ADL, esercizi respiratori. g. Adattare il trattamento alle caratteristiche di ogni paziente, considerando le disfunzioni muscolari e articolari e le gestualità quotidiane sul lavoro, a casa, nelle attività ricreative h. Rivalutare l’effetto del trattamento e modificare, quando occorre, le strategie terapeutiche impiegate. i. Considerare i fattori prognostici positivi e negativi, enfatizzare i fattori positivi come la compliance del paziente e intervenire quando possibile sui fattori negativi (fattori psicoemozionali, problemi nell’ambito familiare e/o lavorativo). CONCLUSIONI Dalla revisione della letteratura sul trattamento delle dorsalgie mediante terapia manuale, non si possono trarre conclusioni certe. Non si può stabilire infatti in modo sicuro se il trattamento con terapia manuale sia superiore al non trattamento o al placebo e quale tipo di trattamento sia più efficace. Occorrono altri studi in questo particolare settore delle algie vertebrali non specifiche, in particolare studi randomizzati controllati, per indagare validità e affidabilità dei test di valutazione e per confrontare gli outcomes di diversi trattamenti o di trattamento versus nessun trattamento o placebo.
2005
Congresso Nazionale S.I.M.F.E.R. “Evidence Based Rehabilitation: Trattamento riabilitativo delle patologie dorsali”. Castrocaro, 26 novembre 2005
17
17
VANTI, C. (2005). Terapia Manuale: Revisione Internazionale.
VANTI, CARLA
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