Questa riflessione sistematica sull'abuso dell’appello muove dalla constatazione della difficoltà di assicurare la tutela giurisdizionale nel doppio grado: il principio costituzionale di ragionevole durata del processo si riflette nel concetto di abuso, vale a dire nella richiesta di protezione giuridica di posizioni che non ne sono meritevoli. Le recenti e non terminate tensioni legislative, che hanno visto l’introduzione nel 2012 del cosiddetto "filtro in appello", esprimono la fatica nel trovare un giusto equilibrio fra il diritto di difesa e la necessità di sfoltire rapidamente le impugnazioni abusive. L'autore, dopo un'attenta analisi della disciplina oggi vigente, incentra la propria attenzione sulla nozione di interesse ad impugnare. Questo concetto è stato tradizionalmente identificato con la semplice soccombenza. L’autore propone, invece, di integrare tale condizione di ammissibilità con la sussistenza di una ragionevole attesa di ottenere, attraverso l'impugnazione, un risultato utile. Se questo ulteriore elemento manca, secondo la tesi sottoposta a dimostrazione, l’appello risulta carente di interesse e quindi abusivo, il che giustifica l’adozione, da parte del legislatore, di misure (quelle attuali o altre diverse e future) idonee a permettere la reiezione dell’impugnazione in via immediata. Il punto non è solo italiano e l’autore lo dimostra analizzando le soluzioni di altri sistemi, da quello dell’Unione europea a quello tedesco, talora impropriamente assunto a modello della riforma del 2012. Le tesi svolte nel volume si distaccano, in una certa misura, dalla posizione della dottrina prevalente che ha ampiamente criticato l’introduzione del filtro in appello, proponendo invece una lettura che, almeno in parte, recupera in positivo l’iniziativa del legislatore.
L'abuso dell'appello / Matteo Pacilli. - STAMPA. - (2015), pp. 7-291.
L'abuso dell'appello
Matteo Pacilli
2015
Abstract
Questa riflessione sistematica sull'abuso dell’appello muove dalla constatazione della difficoltà di assicurare la tutela giurisdizionale nel doppio grado: il principio costituzionale di ragionevole durata del processo si riflette nel concetto di abuso, vale a dire nella richiesta di protezione giuridica di posizioni che non ne sono meritevoli. Le recenti e non terminate tensioni legislative, che hanno visto l’introduzione nel 2012 del cosiddetto "filtro in appello", esprimono la fatica nel trovare un giusto equilibrio fra il diritto di difesa e la necessità di sfoltire rapidamente le impugnazioni abusive. L'autore, dopo un'attenta analisi della disciplina oggi vigente, incentra la propria attenzione sulla nozione di interesse ad impugnare. Questo concetto è stato tradizionalmente identificato con la semplice soccombenza. L’autore propone, invece, di integrare tale condizione di ammissibilità con la sussistenza di una ragionevole attesa di ottenere, attraverso l'impugnazione, un risultato utile. Se questo ulteriore elemento manca, secondo la tesi sottoposta a dimostrazione, l’appello risulta carente di interesse e quindi abusivo, il che giustifica l’adozione, da parte del legislatore, di misure (quelle attuali o altre diverse e future) idonee a permettere la reiezione dell’impugnazione in via immediata. Il punto non è solo italiano e l’autore lo dimostra analizzando le soluzioni di altri sistemi, da quello dell’Unione europea a quello tedesco, talora impropriamente assunto a modello della riforma del 2012. Le tesi svolte nel volume si distaccano, in una certa misura, dalla posizione della dottrina prevalente che ha ampiamente criticato l’introduzione del filtro in appello, proponendo invece una lettura che, almeno in parte, recupera in positivo l’iniziativa del legislatore.File | Dimensione | Formato | |
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