Si tratta di un'opera teatrale, di un monologo a due voci e musica, prodotto dall'Ente Teatrale dell'Emilia Romagna per il Teatro Bonci di Cesena. Al centro di questa pièce in musica vi è la crisi esistenziale, lo “spaesamento” di un uomo di mezza età, metafora di una generazione figlia del boom economico degli anni Sessanta che si è trovata in pochi decenni scaraventata nell’ipermodernità quasi senza accorgersene, travolta dalla propria trasformazione, senza opporre resistenza, anzi divenendone incoscientemente il vero moto propulsore, obliando quando non rinnegando apertamente tutti i segni (a partire da quello linguistico) da cui proveniva e di cui, nonostante tutto, è ancora impregnata. Tale “moto”, simboleggiato dallo sport (elemento importante, sotto diversi punti di vista, per milioni di persone ma raramente oggetto di attenzione letteraria e teatrale), improvvisamente viene a mancare al protagonista (triathleta e, soprattutto, ciclista di valore – non si dimentichi che la figura dell’iron man, l’ “uomo di ferro”, colui che è in grado di disputare la più massacrante delle prove sportive, è assurta a vero e proprio mito nell’immaginario di tanti praticanti), che si ritrova per contrappasso nella più assoluta stasi, nell’impossibilità di alzarsi dal letto, di sfuggire a una stanchezza primordiale. In una sorta di dormiveglia in cui la lingua, sempre rimossa, riaffiora ibridata di presente, l’uomo viene visitato dai suoi fantasmi, dal passato e dalla quotidianità, dalle ossessioni e dalle omissioni; fantasmi che a loro volta parlano i linguaggi della contemporaneità, infarciti di miti, slogan e suoni, di cui la musica “inventata” delle pseudo-radici (il liscio) e riarrangiata e aggiornata in un jazz-blues funky e metropolitano viene a costituirsi come allegorica colonna sonora.
NADIANI G. (2007). STRACONA/SPOSSATEZZA.
STRACONA/SPOSSATEZZA
NADIANI, GIOVANNI
2007
Abstract
Si tratta di un'opera teatrale, di un monologo a due voci e musica, prodotto dall'Ente Teatrale dell'Emilia Romagna per il Teatro Bonci di Cesena. Al centro di questa pièce in musica vi è la crisi esistenziale, lo “spaesamento” di un uomo di mezza età, metafora di una generazione figlia del boom economico degli anni Sessanta che si è trovata in pochi decenni scaraventata nell’ipermodernità quasi senza accorgersene, travolta dalla propria trasformazione, senza opporre resistenza, anzi divenendone incoscientemente il vero moto propulsore, obliando quando non rinnegando apertamente tutti i segni (a partire da quello linguistico) da cui proveniva e di cui, nonostante tutto, è ancora impregnata. Tale “moto”, simboleggiato dallo sport (elemento importante, sotto diversi punti di vista, per milioni di persone ma raramente oggetto di attenzione letteraria e teatrale), improvvisamente viene a mancare al protagonista (triathleta e, soprattutto, ciclista di valore – non si dimentichi che la figura dell’iron man, l’ “uomo di ferro”, colui che è in grado di disputare la più massacrante delle prove sportive, è assurta a vero e proprio mito nell’immaginario di tanti praticanti), che si ritrova per contrappasso nella più assoluta stasi, nell’impossibilità di alzarsi dal letto, di sfuggire a una stanchezza primordiale. In una sorta di dormiveglia in cui la lingua, sempre rimossa, riaffiora ibridata di presente, l’uomo viene visitato dai suoi fantasmi, dal passato e dalla quotidianità, dalle ossessioni e dalle omissioni; fantasmi che a loro volta parlano i linguaggi della contemporaneità, infarciti di miti, slogan e suoni, di cui la musica “inventata” delle pseudo-radici (il liscio) e riarrangiata e aggiornata in un jazz-blues funky e metropolitano viene a costituirsi come allegorica colonna sonora.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.