Il Centro Educativo Italo Svizzero (CEIS) è stato spesso menzionato negli studi pedagogici per la sua esemplarità ma solo di recente si è iniziato riflettere sull’importanza di questo luogo e del suo «spazio come elemento centrale per mettere in pratica i principi pedagogici di una educazione alla democrazia ed all’autogoverno». Il saggio intende raccontare ciò che oggi è il CEIS, o forse era già nell’immaginazione di chi lo aveva pensato. Un luogo dove si sono anticipati i principi della Nouvelle École, a cui hanno guardato con interesse docenti di tante Università italiane negli anni Sessanta; dove Giancarlo De Carlo costruirà un edificio denominato “La Betulla”, proponendo un nuovo CEIS, che però non verrà mai realizzato. Al tempo stesso lo scritto analizza e riflette sul rapporto fra manufatti antichi, un anfiteatro voluto dall'imperatore Adriano, e architetture, solo in apparenza, povere come le baracche in legno che dal dopoguerra ospitano le attività del Centro, senza tralasciare però quegli spazi aperti del Centro la cui complessa e ricca biodiversità arricchisce e trasforma il tutto in un unicum prezioso ed inscindibile. Il saggio si conclude con alcune osservazioni relative al fatto che il CEIS nel suo complesso sia da intendersi come bene culturale dal forte valore identitario da difendere e preservare per quelle che vengono definite “le future generazioni”.
Andrea, U. (2017). RUDERI BARACCHE BAMABINI. Firenze : Altralinea.
RUDERI BARACCHE BAMABINI
Andrea Ugolini
2017
Abstract
Il Centro Educativo Italo Svizzero (CEIS) è stato spesso menzionato negli studi pedagogici per la sua esemplarità ma solo di recente si è iniziato riflettere sull’importanza di questo luogo e del suo «spazio come elemento centrale per mettere in pratica i principi pedagogici di una educazione alla democrazia ed all’autogoverno». Il saggio intende raccontare ciò che oggi è il CEIS, o forse era già nell’immaginazione di chi lo aveva pensato. Un luogo dove si sono anticipati i principi della Nouvelle École, a cui hanno guardato con interesse docenti di tante Università italiane negli anni Sessanta; dove Giancarlo De Carlo costruirà un edificio denominato “La Betulla”, proponendo un nuovo CEIS, che però non verrà mai realizzato. Al tempo stesso lo scritto analizza e riflette sul rapporto fra manufatti antichi, un anfiteatro voluto dall'imperatore Adriano, e architetture, solo in apparenza, povere come le baracche in legno che dal dopoguerra ospitano le attività del Centro, senza tralasciare però quegli spazi aperti del Centro la cui complessa e ricca biodiversità arricchisce e trasforma il tutto in un unicum prezioso ed inscindibile. Il saggio si conclude con alcune osservazioni relative al fatto che il CEIS nel suo complesso sia da intendersi come bene culturale dal forte valore identitario da difendere e preservare per quelle che vengono definite “le future generazioni”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.