Il saggio racconta la vicenda finora ignota di Flaminio Fabrizi, condannato a morte dal Sant’Uffizio romano nel 1591. Appassionato di negromanzia, Fabrizi era un lettore di Agrippa, Cardano, Paracelso, Pomponazzi, e propagandava una personale interpretazione del mondo che fu considerata pericolosa: egli non credeva all’unicità di Dio, al racconto biblico della creazione e del diluvio, alla divinità di Cristo, ai miracoli di Mosè, ai diavoli e agli indemoniati. Le religioni, ai suoi occhi, erano imposture, come aveva già insinuato Machiavelli; il mondo era eterno, le stelle innescavano le rivoluzioni e ispiravano i profeti, la Chiesa di opprimeva le anime. Il suo stile di vita stupì e incuriosì l’élite di Siena, la città in cui si concluse il suo pellegrinaggio per l'Europa, ma finì per insospettire il Sant'Uffizio, che ne chiese subito l'estradizione a Roma. «Distruttore della fede», Fabrizi fu arso sul rogo prima che si aprissero i processi contro Tommaso Campanella e Giordano Bruno, che condivisero con lui alcune idee sulla natura, la magia e la religione. Pertanto la sua vicenda permette di dare risposte a una domanda che da tempo appassiona gli storici: quando nacque l’ateismo? Come si mescolarono nel tardo Rinascimento l’astrologia, l’averroismo e una visione politica ‘libertina’ e disincantata? E quanto influì la tradizione ebraica nella circolazione di opinioni improntate alla miscredenza? Fabrizi non era molto colto, ma neppure un ignorante come il mugnaio studiato da Carlo Ginzburg nel celebre libro Il formaggio e i vermi. Così la sua storia aiuta a gettare luce sulle idee e sui percorsi umani e intellettuali di un ignoto 'ateista' che non scrisse libri.
V. LAVENIA (2010). L’arca e gli astri. Esoterismo e miscredenza davanti all’Inquisizione (1587-1591). TORINO : Einaudi.
L’arca e gli astri. Esoterismo e miscredenza davanti all’Inquisizione (1587-1591)
LAVENIA, VINCENZO
2010
Abstract
Il saggio racconta la vicenda finora ignota di Flaminio Fabrizi, condannato a morte dal Sant’Uffizio romano nel 1591. Appassionato di negromanzia, Fabrizi era un lettore di Agrippa, Cardano, Paracelso, Pomponazzi, e propagandava una personale interpretazione del mondo che fu considerata pericolosa: egli non credeva all’unicità di Dio, al racconto biblico della creazione e del diluvio, alla divinità di Cristo, ai miracoli di Mosè, ai diavoli e agli indemoniati. Le religioni, ai suoi occhi, erano imposture, come aveva già insinuato Machiavelli; il mondo era eterno, le stelle innescavano le rivoluzioni e ispiravano i profeti, la Chiesa di opprimeva le anime. Il suo stile di vita stupì e incuriosì l’élite di Siena, la città in cui si concluse il suo pellegrinaggio per l'Europa, ma finì per insospettire il Sant'Uffizio, che ne chiese subito l'estradizione a Roma. «Distruttore della fede», Fabrizi fu arso sul rogo prima che si aprissero i processi contro Tommaso Campanella e Giordano Bruno, che condivisero con lui alcune idee sulla natura, la magia e la religione. Pertanto la sua vicenda permette di dare risposte a una domanda che da tempo appassiona gli storici: quando nacque l’ateismo? Come si mescolarono nel tardo Rinascimento l’astrologia, l’averroismo e una visione politica ‘libertina’ e disincantata? E quanto influì la tradizione ebraica nella circolazione di opinioni improntate alla miscredenza? Fabrizi non era molto colto, ma neppure un ignorante come il mugnaio studiato da Carlo Ginzburg nel celebre libro Il formaggio e i vermi. Così la sua storia aiuta a gettare luce sulle idee e sui percorsi umani e intellettuali di un ignoto 'ateista' che non scrisse libri.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.