La diffusione in tutto il territorio del Polesine di centri urbani di antica fondazione vedeva imporsi la direttrice preferenziale di espansione lungo il corso dell’«Athesis Minor» o «Flumen vetus». Proprio sull’Adigetto erano venuti ad organizzarsi modeste comunità ma già definite in caratteri identitari marcatamente aristocratici, contrapposti alla condizione servile degli abitanti del contado. Insediamenti compatti, questi, delineati su poche cortine edilizie che seguivano i tracciati di paleo-alvei chiusi in cinte murate che già nella fase cinquecentesca apparivano obsolete rispetto all’evolvere delle nuove dottrine strategiche. Un mondo lento e conservativo, che conchiudeva in sé ancora vasti broli e ortaglie che lentamente si espandevano lungo pochi assi stradali e le riviere del Naviglio: edilizie parsimoniose, che raramente demolivano, più spesso aggiungevano o sopraelevavano, tutto mantenendo, in rappezzi, ammodernamenti, restauri “alla buona”. A Rovigo la tessitura antica urbana antica si rinserra si rinserra e confonde con porte e torri e si confonde nella mole dei grandi palazzi nobiliari: oltre alla residua torre difensiva di Via Pighin, la stessa cinta duecentesca inglobata nell’edilizia minore delle «Vie Mure- (San Giuseppe, Soccorso, Ospedale)» si vedano i residui tardo medievali interclusi negli elevati dei palazzi Roncale e Roverella o la «Domus Dominicata» estense stessa, «già castello», significativamente posta a cerniera tra le piazze di Rovigo.
“NELLE PIEGHE DELLA STORIA”. TRACCE, SEDIMENTAZIONI E PERMANENZE NEL TESSUTO URBANO INTRA-MOENIA DELLA CITTÀ DI ROVIGO.
Andreina Milan
2017
Abstract
La diffusione in tutto il territorio del Polesine di centri urbani di antica fondazione vedeva imporsi la direttrice preferenziale di espansione lungo il corso dell’«Athesis Minor» o «Flumen vetus». Proprio sull’Adigetto erano venuti ad organizzarsi modeste comunità ma già definite in caratteri identitari marcatamente aristocratici, contrapposti alla condizione servile degli abitanti del contado. Insediamenti compatti, questi, delineati su poche cortine edilizie che seguivano i tracciati di paleo-alvei chiusi in cinte murate che già nella fase cinquecentesca apparivano obsolete rispetto all’evolvere delle nuove dottrine strategiche. Un mondo lento e conservativo, che conchiudeva in sé ancora vasti broli e ortaglie che lentamente si espandevano lungo pochi assi stradali e le riviere del Naviglio: edilizie parsimoniose, che raramente demolivano, più spesso aggiungevano o sopraelevavano, tutto mantenendo, in rappezzi, ammodernamenti, restauri “alla buona”. A Rovigo la tessitura antica urbana antica si rinserra si rinserra e confonde con porte e torri e si confonde nella mole dei grandi palazzi nobiliari: oltre alla residua torre difensiva di Via Pighin, la stessa cinta duecentesca inglobata nell’edilizia minore delle «Vie Mure- (San Giuseppe, Soccorso, Ospedale)» si vedano i residui tardo medievali interclusi negli elevati dei palazzi Roncale e Roverella o la «Domus Dominicata» estense stessa, «già castello», significativamente posta a cerniera tra le piazze di Rovigo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.