Quando i filosofi sono divenuti consapevoli degli interrogativi posti dalla tecnica? Piuttosto tardi, si direbbe. L’École Polytechnique, l’istituzione pubblica dedicata alla formazione degli ingegneri in Francia, apre i battenti nel 1794; il telaio Jacquard, che segna la convergenza tecnologica tra meccanica di precisione, scheda perforata e macchina a vapore, data 1801; il movimento luddista contro le macchine esordisce nel 1811. Dobbiamo attendere il 1857 perché Karl Marx scriva l’ormai celebre “frammento sulle macchine” dei Grundrisse, peraltro rimasto a lungo inedito. Anche la legge di caduta tendenziale del saggio di profitto si pubblica, postuma, nel 1894. Ci volle del tempo perché la filosofia avvertisse che la rivoluzione industriale stava cambiando il sapere, la società, la cultura. Solo allora la tecnica diviene oggetto delle preoccupazioni di grandi filosofi come Martin Heidegger. Bisogna attendere l’opera di Gaston Bachelard perché la filosofia cessi di demonizzare la tecnica, riflettendo su di essa in maniera laica, per indagare il suo ruolo nello sviluppo del sapere. Con Bachelard, il compito dello scienziato in laboratorio diviene quello di inventare la natura. L’invenzione non è senza regole: la metafisica tradizionale in Bachelard è sostituita dalla matematica, disciplina di carattere formale in grado di riportare a unità le diverse regioni del pensiero scientifico, che all’epoca sua parevano divergere fatalmente: teoria della relatività, meccanica quantistica, chimica, psicoanalisi … Un’unità che è ad ogni modo sempre auspicata e ricercata; mai garantita per costruzione. In ciò l’originalità di Bachelard rispetto a Husserl, che cercava la disciplina unificante nella logica trascendentale, o nei confronti della glossematica di Hjelmslev, lo schema formale della teoria linguistica che avrebbe influenzato lo strutturalismo nei decenni a venire. D’Aurizio-Palombi e Galofaro discutono nei rispettivi saggi il rapporto Bachelard-Husserl, tra continuità e originalità: Bachelard riprende temi e strumenti da Husserl, come la nozione di ontologia regionale, trasfigurandoli con intenti diversi e toni talvolta polemici, senza che ciò comporti necessariamente una irriconciliabilità tra fenomenologia e fenomenotecnica. Il primo tra i due saggi riprende, molto opportunamente, la nozione di psicoanalisi, termine che in Bachelard acquista un’importanza decisiva: gli permette di trovare una posizione irriducibile alla polemica tra “psicologisti” e “antipsicologisti” che aveva diviso la generazione precedente. Per comprendere l’importanza di questo ingresso della psicoanalisi nella riflessione filosofica potremmo ricordare Lacan, oppure Foucault, per il quale lo strutturalismo fa valere l’anti-scienza psicoanalitica contro la psicologia, scienza positivista. Accanto a Husserl oggi è possibile ricostruire altri interessi di Bachelard, gettando nuova luce su aspetti del suo pensiero finora trascurati. La recentissima la pubblicazione di saggi e opere rimaste a lungo inedite evidenzia i suoi debiti nei confronti di filosofi come Spinoza. Così, Ienna e Castelli-Gattinara possono spostare l’attenzione dalla nozione di fenomenotecnica, che Bachelard conia in opposizione alla fenomenologia - all’interessante e originale ontologia che ad essa è immanente. In questo modo divengono possibili comparazioni con filosofi in apparenza molto lontani, quali Heidegger. In maniera simile, la riedizione, a 85 anni di distanza, de La valeur inductive de la relativité, permette a Charles Alunni di sfatare il luogo comune di una ambivalenza, di una indecisione nel pensiero del giovane Bachelard, che permise solo ad alcune delle sue opere di venire ripubblicate. Per venire agli esiti della filosofia bachelardiana, nel volume si è rimarcata la sua importanza per una generazione di autori come Canguilhem - per il quale si veda l’imponente ricostruzione di Emiliano Sfara - o Greimas, in discipline come la filosofia della scienza, la critica letteraria, la semiotica. L’attualità delle posizioni di Bachelard fa sì che esso sia ben presente nell’opera di autori contemporanei come Ian Hacking, come ricostruisce bene Matteo Vegelli, oppure Simondon, come rimarcato da Bontems e Guy, i quali propongono anche un interessante caso-studio di filosofia applicata in cui la fenomenotecnica gioca un ruolo importante. Altri debiti importanti della cultura nei confronti di Bachelard ci vengono raccontati da Paolo Fabbri nella interessante intervista che ricostruisce il clima di un’epoca, da Barthes a Zilberberg, da Kristeva a Michel Serres, da Greimas a Latour, riscoprendo proposte bachelardiane come quella di ritmanalisi. Queste letture rinfrescano l’immagine di Bachelard diffusa nell’ambito degli studi letterari, ai quali egli si dedicò nella seconda parte della propria vita apportando innovazioni decisive attraverso la sua personale visione della psicoanalisi. Bachelard innovò il punto di vista sul poetico e costituì una lettura imprescindibile per una generazione di autori. Egli non fu mai uno specialista, tutto intento a interrogarsi su questioni specifiche, come si usa oggi nella filosofia anglosassone; fu un filosofo completo, intento a indagare la cultura nel suo complesso rapporto con la natura. Non è veramente possibile trarre un confine tra un “primo Bachelard”, interessato all’epistemologia, e un “secondo Bachelard”, che si occupa di letteratura. Al contrario, Le rationalisme appliqué descrive l’assiologia dell’empirismo naturalista del XVIII secolo come una associazione tra aria, acqua, fuoco: è senz’altro questa la base delle ricerche ulteriori di Bachelard sul poetico. Noto è il debito che Greimas dichiara nei confronti di queste analisi di Bachelard a partire dalla sua prima grande opera, Semantica strutturale, così come per la sua nozione di figuratività, indagata da Bertetti. Il pregio del suo saggio è la ricerca di affinità meno note e più fondamentali tra Bachelard e Greimas, che riguardano la nozione stessa di scientificità. Pensiamo che la terminologia dia ragione a Bertetti: ad esempio, secondo Bachelard, quelle del naturalismo sono cosmologie, e “cosmologia” è per Greimas l’opera di messa in forma che ciascuna lingua opera nei confronti del mondo naturale. Bachelard sottolinea la natura discorsiva dell’ontologia attraverso cui l’essere, progressivamente, si consolida: le idee non sono che programmi nell’ambito di un pensiero procedurale: allo stesso modo, in Greimas la semantica fondamentale è investita in programmi narrativi e poi in una programmazione spaziale e temporale del racconto. Infine - è il tema del lavoro di Galofaro - molte analogie tra i due si spiegano ricostruendo la comune temperie epistemologica che avvicina le preoccupazioni di Hjelmslev e Bachelard, considerando l’importanza che Husserl ebbe sul pensiero di entrambi. Bertetti, si concentra sulla nozione di immagine, ricostruendone con acribia la genesi e sottolineandone caratteristiche importanti, quali la densità, che si rivelano fondamentali per l’attualità della riflessione semiotica: così in Marsciani l’immagine diviene punto di partenza per discutere la nozione di intersoggettività che caratterizza l’ultimo Husserl: un’originale riconciliazione tra Husserl e Bachelard. L’immagine poetica permette alla semiotica contemporanea di riflettere sul mondo come luogo da cui emerge una garanzia di significazione, condizione di validità che costituisce quei soggetti che ne colgono il senso; un’istanza che è condizione di possibilità del mondo pur facendone parte, nascondendosi nelle sue pieghe. Di tutto ciò discutono gli autori riuniti in questo volume, nella speranza che esso costituisca l’apertura di un dibattito cui il pensiero di Bachelard si presta bene: secondo la felice espressione di Castelli-Gattinara, Bachelard è un autore coerentemente pluralista. Le opere di Bachelard sull’epistemologia sono state considerate una critica al vetriolo contro ogni tentazione filosofica di proporre un pensiero totalitario. Non vi è un fondamento ultimo del sapere scientifico; l’attività dello scienziato consiste nell’opporsi a convinzioni consolidate istituendo un sapere del tutto provvisorio. Come scriveva Giuseppe Sertoli nel suo Le immagini e la realtà: saggio su Gaston Bachelard: l’infinito movimento di approssimazione e rettifica nel quale consiste la scienza, non riguarda solo la nostra idea di realtà: riguarda altresì la nostra idea di ragione. La realtà non è più che una serie di costruzioni approssimate, di funzioni probabilistiche, di invarianze statistiche, perché la ragione non è più che una serie di strumenti di volta in volta corretti, un «apparecchio» i cui meccanismi vengono quasi giornalmente sostituiti. Bachelard ricopre il ruolo di antidoto intelligente rispetto alle semplificazioni di un certo realismo ingenuo, incline a pensare che la realtà sia là fuori, prima di ogni possibile relazione che l’umano instaura con essa. I filosofi che credono questo, ammonisce Bachelard, si limitano a postulare ciò che non possono dimostrare; non rendono un buon servizio alla scienza, la quale è caratterizzata da una ricerca, inesausta e inesauribile, del reale.

Ienna, G., Donatiello, P., Galofaro, F. (2017). Il Senso della tecnica. Saggi su Bachelard. Bologna : Esculapio.

Il Senso della tecnica. Saggi su Bachelard

Ienna, Gerardo
;
Donatiello, Paola
;
2017

Abstract

Quando i filosofi sono divenuti consapevoli degli interrogativi posti dalla tecnica? Piuttosto tardi, si direbbe. L’École Polytechnique, l’istituzione pubblica dedicata alla formazione degli ingegneri in Francia, apre i battenti nel 1794; il telaio Jacquard, che segna la convergenza tecnologica tra meccanica di precisione, scheda perforata e macchina a vapore, data 1801; il movimento luddista contro le macchine esordisce nel 1811. Dobbiamo attendere il 1857 perché Karl Marx scriva l’ormai celebre “frammento sulle macchine” dei Grundrisse, peraltro rimasto a lungo inedito. Anche la legge di caduta tendenziale del saggio di profitto si pubblica, postuma, nel 1894. Ci volle del tempo perché la filosofia avvertisse che la rivoluzione industriale stava cambiando il sapere, la società, la cultura. Solo allora la tecnica diviene oggetto delle preoccupazioni di grandi filosofi come Martin Heidegger. Bisogna attendere l’opera di Gaston Bachelard perché la filosofia cessi di demonizzare la tecnica, riflettendo su di essa in maniera laica, per indagare il suo ruolo nello sviluppo del sapere. Con Bachelard, il compito dello scienziato in laboratorio diviene quello di inventare la natura. L’invenzione non è senza regole: la metafisica tradizionale in Bachelard è sostituita dalla matematica, disciplina di carattere formale in grado di riportare a unità le diverse regioni del pensiero scientifico, che all’epoca sua parevano divergere fatalmente: teoria della relatività, meccanica quantistica, chimica, psicoanalisi … Un’unità che è ad ogni modo sempre auspicata e ricercata; mai garantita per costruzione. In ciò l’originalità di Bachelard rispetto a Husserl, che cercava la disciplina unificante nella logica trascendentale, o nei confronti della glossematica di Hjelmslev, lo schema formale della teoria linguistica che avrebbe influenzato lo strutturalismo nei decenni a venire. D’Aurizio-Palombi e Galofaro discutono nei rispettivi saggi il rapporto Bachelard-Husserl, tra continuità e originalità: Bachelard riprende temi e strumenti da Husserl, come la nozione di ontologia regionale, trasfigurandoli con intenti diversi e toni talvolta polemici, senza che ciò comporti necessariamente una irriconciliabilità tra fenomenologia e fenomenotecnica. Il primo tra i due saggi riprende, molto opportunamente, la nozione di psicoanalisi, termine che in Bachelard acquista un’importanza decisiva: gli permette di trovare una posizione irriducibile alla polemica tra “psicologisti” e “antipsicologisti” che aveva diviso la generazione precedente. Per comprendere l’importanza di questo ingresso della psicoanalisi nella riflessione filosofica potremmo ricordare Lacan, oppure Foucault, per il quale lo strutturalismo fa valere l’anti-scienza psicoanalitica contro la psicologia, scienza positivista. Accanto a Husserl oggi è possibile ricostruire altri interessi di Bachelard, gettando nuova luce su aspetti del suo pensiero finora trascurati. La recentissima la pubblicazione di saggi e opere rimaste a lungo inedite evidenzia i suoi debiti nei confronti di filosofi come Spinoza. Così, Ienna e Castelli-Gattinara possono spostare l’attenzione dalla nozione di fenomenotecnica, che Bachelard conia in opposizione alla fenomenologia - all’interessante e originale ontologia che ad essa è immanente. In questo modo divengono possibili comparazioni con filosofi in apparenza molto lontani, quali Heidegger. In maniera simile, la riedizione, a 85 anni di distanza, de La valeur inductive de la relativité, permette a Charles Alunni di sfatare il luogo comune di una ambivalenza, di una indecisione nel pensiero del giovane Bachelard, che permise solo ad alcune delle sue opere di venire ripubblicate. Per venire agli esiti della filosofia bachelardiana, nel volume si è rimarcata la sua importanza per una generazione di autori come Canguilhem - per il quale si veda l’imponente ricostruzione di Emiliano Sfara - o Greimas, in discipline come la filosofia della scienza, la critica letteraria, la semiotica. L’attualità delle posizioni di Bachelard fa sì che esso sia ben presente nell’opera di autori contemporanei come Ian Hacking, come ricostruisce bene Matteo Vegelli, oppure Simondon, come rimarcato da Bontems e Guy, i quali propongono anche un interessante caso-studio di filosofia applicata in cui la fenomenotecnica gioca un ruolo importante. Altri debiti importanti della cultura nei confronti di Bachelard ci vengono raccontati da Paolo Fabbri nella interessante intervista che ricostruisce il clima di un’epoca, da Barthes a Zilberberg, da Kristeva a Michel Serres, da Greimas a Latour, riscoprendo proposte bachelardiane come quella di ritmanalisi. Queste letture rinfrescano l’immagine di Bachelard diffusa nell’ambito degli studi letterari, ai quali egli si dedicò nella seconda parte della propria vita apportando innovazioni decisive attraverso la sua personale visione della psicoanalisi. Bachelard innovò il punto di vista sul poetico e costituì una lettura imprescindibile per una generazione di autori. Egli non fu mai uno specialista, tutto intento a interrogarsi su questioni specifiche, come si usa oggi nella filosofia anglosassone; fu un filosofo completo, intento a indagare la cultura nel suo complesso rapporto con la natura. Non è veramente possibile trarre un confine tra un “primo Bachelard”, interessato all’epistemologia, e un “secondo Bachelard”, che si occupa di letteratura. Al contrario, Le rationalisme appliqué descrive l’assiologia dell’empirismo naturalista del XVIII secolo come una associazione tra aria, acqua, fuoco: è senz’altro questa la base delle ricerche ulteriori di Bachelard sul poetico. Noto è il debito che Greimas dichiara nei confronti di queste analisi di Bachelard a partire dalla sua prima grande opera, Semantica strutturale, così come per la sua nozione di figuratività, indagata da Bertetti. Il pregio del suo saggio è la ricerca di affinità meno note e più fondamentali tra Bachelard e Greimas, che riguardano la nozione stessa di scientificità. Pensiamo che la terminologia dia ragione a Bertetti: ad esempio, secondo Bachelard, quelle del naturalismo sono cosmologie, e “cosmologia” è per Greimas l’opera di messa in forma che ciascuna lingua opera nei confronti del mondo naturale. Bachelard sottolinea la natura discorsiva dell’ontologia attraverso cui l’essere, progressivamente, si consolida: le idee non sono che programmi nell’ambito di un pensiero procedurale: allo stesso modo, in Greimas la semantica fondamentale è investita in programmi narrativi e poi in una programmazione spaziale e temporale del racconto. Infine - è il tema del lavoro di Galofaro - molte analogie tra i due si spiegano ricostruendo la comune temperie epistemologica che avvicina le preoccupazioni di Hjelmslev e Bachelard, considerando l’importanza che Husserl ebbe sul pensiero di entrambi. Bertetti, si concentra sulla nozione di immagine, ricostruendone con acribia la genesi e sottolineandone caratteristiche importanti, quali la densità, che si rivelano fondamentali per l’attualità della riflessione semiotica: così in Marsciani l’immagine diviene punto di partenza per discutere la nozione di intersoggettività che caratterizza l’ultimo Husserl: un’originale riconciliazione tra Husserl e Bachelard. L’immagine poetica permette alla semiotica contemporanea di riflettere sul mondo come luogo da cui emerge una garanzia di significazione, condizione di validità che costituisce quei soggetti che ne colgono il senso; un’istanza che è condizione di possibilità del mondo pur facendone parte, nascondendosi nelle sue pieghe. Di tutto ciò discutono gli autori riuniti in questo volume, nella speranza che esso costituisca l’apertura di un dibattito cui il pensiero di Bachelard si presta bene: secondo la felice espressione di Castelli-Gattinara, Bachelard è un autore coerentemente pluralista. Le opere di Bachelard sull’epistemologia sono state considerate una critica al vetriolo contro ogni tentazione filosofica di proporre un pensiero totalitario. Non vi è un fondamento ultimo del sapere scientifico; l’attività dello scienziato consiste nell’opporsi a convinzioni consolidate istituendo un sapere del tutto provvisorio. Come scriveva Giuseppe Sertoli nel suo Le immagini e la realtà: saggio su Gaston Bachelard: l’infinito movimento di approssimazione e rettifica nel quale consiste la scienza, non riguarda solo la nostra idea di realtà: riguarda altresì la nostra idea di ragione. La realtà non è più che una serie di costruzioni approssimate, di funzioni probabilistiche, di invarianze statistiche, perché la ragione non è più che una serie di strumenti di volta in volta corretti, un «apparecchio» i cui meccanismi vengono quasi giornalmente sostituiti. Bachelard ricopre il ruolo di antidoto intelligente rispetto alle semplificazioni di un certo realismo ingenuo, incline a pensare che la realtà sia là fuori, prima di ogni possibile relazione che l’umano instaura con essa. I filosofi che credono questo, ammonisce Bachelard, si limitano a postulare ciò che non possono dimostrare; non rendono un buon servizio alla scienza, la quale è caratterizzata da una ricerca, inesausta e inesauribile, del reale.
2017
240
978-88-9385-039-1
Ienna, G., Donatiello, P., Galofaro, F. (2017). Il Senso della tecnica. Saggi su Bachelard. Bologna : Esculapio.
Ienna, Gerardo; Donatiello, Paola; Galofaro, Francesco
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