Nel 1769 Richard Arkwright inventò il primo filatoio meccanico (un risultato molto simile lo ottenne, più o meno contemporaneamente, anche James Hargreaves) dando così inizio a una lunga serie di meccanizzazioni del lavoro che portarono a quella che è riconosciuta come la prima rivoluzione industriale.Oggi, in maniera del tutto simile, una serie di innovazioni tecnologiche porta molti osservatori a parlare di “quarta rivoluzione industriale”. Si sostiene che l’economia sia stata investita da una trasformazione radicale, che vede l’emergere di attività economiche, imperniate su modelli neo artigianali, affiancate alla diffusione di nuove tecnologie nei processi produttivi, come il digital manufacturing e l’uso di software per la progettazione e condivisione in rete di disegni e prototipi.Maker e città nasce dall’esigenza di porre dei quesiti: Il making riesce ad attivare dei percorsi di rigenerazione urbana? Nei laboratori maker si produce davvero conoscenza aperta e condivisa? Questi spazi rappresentano delle risorse per il territorio? In che modo identificano un processo di ri-urbanizzazione della produzione manifatturiera? Le risposte a queste e altre domande sono state formulate grazie a una serie di ricerche empiriche con due obiettivi. Da un lato descrivere un fenomeno di cui, nella sua relazione con la città, si sa ancora molto poco. Dall’altro, fornire un quadro analitico utile per provare a proporre una prima valutazione delle relazioni che la fabbricazione digitale intesse con la città.
Marianna, D., Rabbiosi, C. (2017). Maker e città. La rivoluzione si fa con la stampante 3D?. Milano : Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.
Maker e città. La rivoluzione si fa con la stampante 3D?
Chiara Rabbiosi
2017
Abstract
Nel 1769 Richard Arkwright inventò il primo filatoio meccanico (un risultato molto simile lo ottenne, più o meno contemporaneamente, anche James Hargreaves) dando così inizio a una lunga serie di meccanizzazioni del lavoro che portarono a quella che è riconosciuta come la prima rivoluzione industriale.Oggi, in maniera del tutto simile, una serie di innovazioni tecnologiche porta molti osservatori a parlare di “quarta rivoluzione industriale”. Si sostiene che l’economia sia stata investita da una trasformazione radicale, che vede l’emergere di attività economiche, imperniate su modelli neo artigianali, affiancate alla diffusione di nuove tecnologie nei processi produttivi, come il digital manufacturing e l’uso di software per la progettazione e condivisione in rete di disegni e prototipi.Maker e città nasce dall’esigenza di porre dei quesiti: Il making riesce ad attivare dei percorsi di rigenerazione urbana? Nei laboratori maker si produce davvero conoscenza aperta e condivisa? Questi spazi rappresentano delle risorse per il territorio? In che modo identificano un processo di ri-urbanizzazione della produzione manifatturiera? Le risposte a queste e altre domande sono state formulate grazie a una serie di ricerche empiriche con due obiettivi. Da un lato descrivere un fenomeno di cui, nella sua relazione con la città, si sa ancora molto poco. Dall’altro, fornire un quadro analitico utile per provare a proporre una prima valutazione delle relazioni che la fabbricazione digitale intesse con la città.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.