Il saggio affronta il tema dell’image building del vescovo nel contesto post-tridentino milanese durante l’episcopato di Federico Borromeo. Dallo studio del De concionante episcopo emerge la centralità della lettura federiciana, giovanile, e del più tardo impiego di due Padri greci – Clemente Alessandrino ed Eusebio di Cesarea. Attraverso i loro scritti e per mezzo delle indicazioni impartite a Federico dal vescovo di Verona Agostino Valier, si possono decifrare alcuni tratti della mitopoiesi federiciana della figura del cugino Carlo. La schedatura degli impieghi, da parte di Federico, degli antichi teologi fa riemergere, sulla filigrana dello snodo tra la fine del XVI secolo e la prima metà del XVII, due trasformazioni in atto. La prima incide su un tratto cruciale della “spiritualità” dell’arcivescovo di Milano e riguarda l’idea-concetto di mistica. La seconda trasformazione è l’attuazione delle decisioni tridentine e, più nel dettaglio, il prodotto del difficile ed effimero equilibrio tra ecclesiologie, si può dire tra diversi modi d’intendere la Controriforma, che, a tal proposito, divergono e sono in qualche modo concorrenti. Per quanto concerne la nozione di mistica, in Federico sembra non trovare particolare riscontro la pioneristica tripartizione, proposta da De Certeau, delle tradizioni rispettivamente “scolastica, positiva e mistica”, dipendente dal tipo di fonti impiegate. Cionondimeno, le intuizioni maturate in Fabula mistica trovano due conferme in Federico. La prima è che, intorno all’impiego del termine “mistico”, si registra la medesima vaghezza correttamente scorta da De Certeau: la sua marginalità in relazione alla ricorrenza del tema della contemplazione sembra inconfutabile. Vi è poi l’aspetto più interessante anche per gli scopi precipui del presente saggio: la scissione tra la semantica della contemplatio e quella dell’estasi; un processo analogo a quello con cui De Certeau mostra emanciparsi quella che definisce “scienza mistica” e che, eventualmente sotto altre vesti lessicali, offre a Federico Borromeo la possibilità di ritagliare al suo ideale di vescovo tridentino una specifica, autonoma forma di conoscenza.

L'uso di alcuni Padri della Chiesa nell'Età della Controriforma: contemplazione, meditazione e costruzione dell'ideale del vescovo in Federico Borromeo / Dainese, Davide. - STAMPA. - (2017), pp. 281-317.

L'uso di alcuni Padri della Chiesa nell'Età della Controriforma: contemplazione, meditazione e costruzione dell'ideale del vescovo in Federico Borromeo

DAINESE, DAVIDE
2017

Abstract

Il saggio affronta il tema dell’image building del vescovo nel contesto post-tridentino milanese durante l’episcopato di Federico Borromeo. Dallo studio del De concionante episcopo emerge la centralità della lettura federiciana, giovanile, e del più tardo impiego di due Padri greci – Clemente Alessandrino ed Eusebio di Cesarea. Attraverso i loro scritti e per mezzo delle indicazioni impartite a Federico dal vescovo di Verona Agostino Valier, si possono decifrare alcuni tratti della mitopoiesi federiciana della figura del cugino Carlo. La schedatura degli impieghi, da parte di Federico, degli antichi teologi fa riemergere, sulla filigrana dello snodo tra la fine del XVI secolo e la prima metà del XVII, due trasformazioni in atto. La prima incide su un tratto cruciale della “spiritualità” dell’arcivescovo di Milano e riguarda l’idea-concetto di mistica. La seconda trasformazione è l’attuazione delle decisioni tridentine e, più nel dettaglio, il prodotto del difficile ed effimero equilibrio tra ecclesiologie, si può dire tra diversi modi d’intendere la Controriforma, che, a tal proposito, divergono e sono in qualche modo concorrenti. Per quanto concerne la nozione di mistica, in Federico sembra non trovare particolare riscontro la pioneristica tripartizione, proposta da De Certeau, delle tradizioni rispettivamente “scolastica, positiva e mistica”, dipendente dal tipo di fonti impiegate. Cionondimeno, le intuizioni maturate in Fabula mistica trovano due conferme in Federico. La prima è che, intorno all’impiego del termine “mistico”, si registra la medesima vaghezza correttamente scorta da De Certeau: la sua marginalità in relazione alla ricorrenza del tema della contemplazione sembra inconfutabile. Vi è poi l’aspetto più interessante anche per gli scopi precipui del presente saggio: la scissione tra la semantica della contemplatio e quella dell’estasi; un processo analogo a quello con cui De Certeau mostra emanciparsi quella che definisce “scienza mistica” e che, eventualmente sotto altre vesti lessicali, offre a Federico Borromeo la possibilità di ritagliare al suo ideale di vescovo tridentino una specifica, autonoma forma di conoscenza.
2017
L'anti-Babele. Sulla mistica degli antichi e dei moderni
281
317
L'uso di alcuni Padri della Chiesa nell'Età della Controriforma: contemplazione, meditazione e costruzione dell'ideale del vescovo in Federico Borromeo / Dainese, Davide. - STAMPA. - (2017), pp. 281-317.
Dainese, Davide
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/602758
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