Maria Lucia de Nicolò, Mediterraneo dei pescatori. Mediterraneo delle reti, 2016, pp. 239. Recensione di Alida Clemente per la rivista ‘Storia Economica’ 2017 Il volume è l’ultimo di una lunga serie di pubblicazioni che l’autrice ha dedicato alla storia della pesca mediterranea, con un focus privilegiato sull’Italia centro-meridionale in età moderna, ma con indispensabili incursioni nel passato remoto e nella lunga durata, che sola restituisce la genesi di culture e ibridazioni tecniche: lo studio della pesca, del resto, come dimostra egregiamente questo volume, costituisce un osservatorio ideale sul Mediterraneo come universo di microcosmi e insieme mare ‘connettivo’, che tradisce nella dimensione micro-locale la sua unitarietà. Microcosmi mediterranei è non a caso il titolo pregnante di un precedente lavoro di Maria Lucia de Nicolò (CLUEB 2004), senza dubbio la massima esperta di storia della pesca in Italia, che costituiva in qualche modo la summa delle sue puntigliose e ostinate ricerche tra gli infiniti frammenti che l’attività più povera del Mediterraneo ha lasciato negli archivi. Il quadro che ne emergeva gettava già una luce abbastanza chiara sulle cesure, i lineamenti, le questioni centrali e comuni di un modo antico e complesso di attivazione delle risorse e di rapporto tra comunità, organizzazione sociale e ambiente. Mediterraneo dei pescatori aggiunge ancora qualcosa di nuovo a quel quadro, in termini di fonti, acquisizioni e interpretazioni. Il volume è infatti una raccolta e una ripresa di studi arricchiti di nuove evidenze documentarie e proposte interpretative, di saggi inediti, e di riedizioni di fonti a stampa difficilmente accessibili al ricercatore pur nell’era della digitalizzazione e del web. Ed è una fonte ricchissima di notizie bibliografiche ed archivistiche, che l’autrice instancabilmente continua a collezionare e a rendere disponibili al nucleo, esiguo ma in crescita, degli storici italiani che, soprattutto su stimolo della storia ambientale, si occupano di pesca. Il volume conduce il lettore attraverso un viaggio in un mondo che appare sorprendentemente interconnesso. Comuni all’intero Mediterraneo sono infatti alcune tecniche che presentano denominazioni comuni, come il gangamo, gangui, ganguil, rete a strascico con numerose varianti locali, di cui l’autrice rintraccia, nel primo saggio del volume, attraverso l’uso sapiente di fonti letterarie, l’origine greco-antica del nome . Ma comuni e coevi sono soprattutto i conflitti e le ‘crisi ambientali’, indotti localmente dalla diffusione di tecniche di pesca che sembrano improvvisamente manifestarsi in zone diverse del Mediterraneo nelle fasi di maggiore pressione demografica sulle risorse: è il caso della ben nota pesca a coppia, o alla gaetana, che compare con molteplici varianti anche terminologiche ma che segue ovunque dinamiche simili, accompagnata come fu, nel corso del Settecento, dall’emergere di un ceto di ‘innovatori’ che tendenzialmente rompevano gli equilibri ecologici e sociali su cui si basavano le pesche tradizionali, sollecitando diffusi dibattiti sulla legittimità dei nuovi mezzi e interventi normativi. Il secondo saggio del libro fa il punto della questione, affrontata localmente da oramai numerose ricerche in Italia e in Europa, ricostruendo in maniera efficace e comparata l’emergenza del problema, i conflitti distributivi che esso generò, i dibattiti degli esperti (alcuni del tutto inediti) e le risposte che sul piano normativo e del controllo emersero nei diversi stati italiani e oltre - in Francia e in Spagna- riflesso a loro volta dei diversi contesti ambientali e dei diversi equilibri sociali che vi si stabilirono. Il terzo saggio apre una dimensione alquanto poco esplorata ma decisamente interessante, ovvero quella della disamina della riflessione economica settecentesca sull’alieutica. L’autrice passa in rassegna gli scritti dei pensatori mercantilisti e in generale degli economistes che operarono nello Stato pontificio, utilizzandoli non solo per esaminare il posto che la pesca occupò nella loro elaborazione intellettuale, ma anche come elemento di riflessione sulle prospettive che ispirarono i provvedimenti assunti centralmente per lo sviluppo della pesca e degli insediamenti pescherecci. Nell’immaginario degli economistes la pesca costituiva una prospettiva piuttosto che una realtà, il cui sviluppo era visto come funzionale di volta in volta a obbiettivi economico-politici diversi: che fosse fonte potenziale di ricchezza e di ‘sostituzione delle importazioni’, o strumento di politiche demografiche di popolamento dei litorali paludosi, o di sviluppo dell’indotto - dalla salagione alla produzione di canapa e alla cantieristica – o, ancora, ‘scuola’ per la marina militare, è certo che nell’elaborazione politico-economica settecentesca la realtà della pesca non fu affatto ‘marginale’. Il quarto saggio ripercorre gli sviluppi della pesca nelle Marche del Settecento, tracciando un bilancio di una ormai consistente letteratura di ricerca che si è esercitata su quest’area in misura decisamente maggiore che altrove, e facendo emergere tra gli altri aspetti quello del rapporto tra i mercati urbani, la fiscalità e l’organizzazione dell’attività alieutica: tema poco esplorato ma di cui sarebbe auspicabile una proiezione comparativa più ampia nel quadro degli studi sui mercati regolati di Ancien Régime. Il quadro della pesca marchigiana è poi completato dalla pubblicazione di un saggio inedito del lontano 1966, il cui autore per primo individuò le fonti archivistiche su cui si sono fondati gran parte degli studi successivi. La generosità di spunti che il volume offre induce a ritenere la storia della pesca mediterranea un ambito ancora fertile e stimolante di ricerca: la genesi delle tecniche, il ruolo delle migrazioni nella loro trasmissione, il legame tra equilibri ecologici e rapporti sociali, e la relazione, centrale, tra ambiente e sviluppo, rendono di incredibile attualità un tema sul quale va riconosciuto all’autrice del volume un precoce, durevole e disinteressato impegno di ricerca fin dai tempi in cui pochi storici ne condividevano l’interesse.

Mediterraneo dei pescatori Mediterraneo delle reti

DE NICOLO', MARIA LUCIA
2016

Abstract

Maria Lucia de Nicolò, Mediterraneo dei pescatori. Mediterraneo delle reti, 2016, pp. 239. Recensione di Alida Clemente per la rivista ‘Storia Economica’ 2017 Il volume è l’ultimo di una lunga serie di pubblicazioni che l’autrice ha dedicato alla storia della pesca mediterranea, con un focus privilegiato sull’Italia centro-meridionale in età moderna, ma con indispensabili incursioni nel passato remoto e nella lunga durata, che sola restituisce la genesi di culture e ibridazioni tecniche: lo studio della pesca, del resto, come dimostra egregiamente questo volume, costituisce un osservatorio ideale sul Mediterraneo come universo di microcosmi e insieme mare ‘connettivo’, che tradisce nella dimensione micro-locale la sua unitarietà. Microcosmi mediterranei è non a caso il titolo pregnante di un precedente lavoro di Maria Lucia de Nicolò (CLUEB 2004), senza dubbio la massima esperta di storia della pesca in Italia, che costituiva in qualche modo la summa delle sue puntigliose e ostinate ricerche tra gli infiniti frammenti che l’attività più povera del Mediterraneo ha lasciato negli archivi. Il quadro che ne emergeva gettava già una luce abbastanza chiara sulle cesure, i lineamenti, le questioni centrali e comuni di un modo antico e complesso di attivazione delle risorse e di rapporto tra comunità, organizzazione sociale e ambiente. Mediterraneo dei pescatori aggiunge ancora qualcosa di nuovo a quel quadro, in termini di fonti, acquisizioni e interpretazioni. Il volume è infatti una raccolta e una ripresa di studi arricchiti di nuove evidenze documentarie e proposte interpretative, di saggi inediti, e di riedizioni di fonti a stampa difficilmente accessibili al ricercatore pur nell’era della digitalizzazione e del web. Ed è una fonte ricchissima di notizie bibliografiche ed archivistiche, che l’autrice instancabilmente continua a collezionare e a rendere disponibili al nucleo, esiguo ma in crescita, degli storici italiani che, soprattutto su stimolo della storia ambientale, si occupano di pesca. Il volume conduce il lettore attraverso un viaggio in un mondo che appare sorprendentemente interconnesso. Comuni all’intero Mediterraneo sono infatti alcune tecniche che presentano denominazioni comuni, come il gangamo, gangui, ganguil, rete a strascico con numerose varianti locali, di cui l’autrice rintraccia, nel primo saggio del volume, attraverso l’uso sapiente di fonti letterarie, l’origine greco-antica del nome . Ma comuni e coevi sono soprattutto i conflitti e le ‘crisi ambientali’, indotti localmente dalla diffusione di tecniche di pesca che sembrano improvvisamente manifestarsi in zone diverse del Mediterraneo nelle fasi di maggiore pressione demografica sulle risorse: è il caso della ben nota pesca a coppia, o alla gaetana, che compare con molteplici varianti anche terminologiche ma che segue ovunque dinamiche simili, accompagnata come fu, nel corso del Settecento, dall’emergere di un ceto di ‘innovatori’ che tendenzialmente rompevano gli equilibri ecologici e sociali su cui si basavano le pesche tradizionali, sollecitando diffusi dibattiti sulla legittimità dei nuovi mezzi e interventi normativi. Il secondo saggio del libro fa il punto della questione, affrontata localmente da oramai numerose ricerche in Italia e in Europa, ricostruendo in maniera efficace e comparata l’emergenza del problema, i conflitti distributivi che esso generò, i dibattiti degli esperti (alcuni del tutto inediti) e le risposte che sul piano normativo e del controllo emersero nei diversi stati italiani e oltre - in Francia e in Spagna- riflesso a loro volta dei diversi contesti ambientali e dei diversi equilibri sociali che vi si stabilirono. Il terzo saggio apre una dimensione alquanto poco esplorata ma decisamente interessante, ovvero quella della disamina della riflessione economica settecentesca sull’alieutica. L’autrice passa in rassegna gli scritti dei pensatori mercantilisti e in generale degli economistes che operarono nello Stato pontificio, utilizzandoli non solo per esaminare il posto che la pesca occupò nella loro elaborazione intellettuale, ma anche come elemento di riflessione sulle prospettive che ispirarono i provvedimenti assunti centralmente per lo sviluppo della pesca e degli insediamenti pescherecci. Nell’immaginario degli economistes la pesca costituiva una prospettiva piuttosto che una realtà, il cui sviluppo era visto come funzionale di volta in volta a obbiettivi economico-politici diversi: che fosse fonte potenziale di ricchezza e di ‘sostituzione delle importazioni’, o strumento di politiche demografiche di popolamento dei litorali paludosi, o di sviluppo dell’indotto - dalla salagione alla produzione di canapa e alla cantieristica – o, ancora, ‘scuola’ per la marina militare, è certo che nell’elaborazione politico-economica settecentesca la realtà della pesca non fu affatto ‘marginale’. Il quarto saggio ripercorre gli sviluppi della pesca nelle Marche del Settecento, tracciando un bilancio di una ormai consistente letteratura di ricerca che si è esercitata su quest’area in misura decisamente maggiore che altrove, e facendo emergere tra gli altri aspetti quello del rapporto tra i mercati urbani, la fiscalità e l’organizzazione dell’attività alieutica: tema poco esplorato ma di cui sarebbe auspicabile una proiezione comparativa più ampia nel quadro degli studi sui mercati regolati di Ancien Régime. Il quadro della pesca marchigiana è poi completato dalla pubblicazione di un saggio inedito del lontano 1966, il cui autore per primo individuò le fonti archivistiche su cui si sono fondati gran parte degli studi successivi. La generosità di spunti che il volume offre induce a ritenere la storia della pesca mediterranea un ambito ancora fertile e stimolante di ricerca: la genesi delle tecniche, il ruolo delle migrazioni nella loro trasmissione, il legame tra equilibri ecologici e rapporti sociali, e la relazione, centrale, tra ambiente e sviluppo, rendono di incredibile attualità un tema sul quale va riconosciuto all’autrice del volume un precoce, durevole e disinteressato impegno di ricerca fin dai tempi in cui pochi storici ne condividevano l’interesse.
2016
232
9788899249151
Maria Lucia De, Nicolò
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/600095
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