Questo breve articolo introduce al lettore un volume che si occupa di descrivere alcuni strumenti self-report utili nella valutazione dell’adattamento psicologico del bambino. Nell’“Indagine sull’uso dei test in età evolutiva: scelte basate sulla qualità o su pratiche condivise”, pubblicata su Psicologia Clinica dello Sviluppo del 2010 (a cura di Tressoldi, Pedrabissi, Trevisan e Cornoldi), si discute dei risultati di una ricerca relativa agli strumenti di solito impiegati nella diagnosi in età evolutiva. Si tratta perlopiù di metodi proiettivi e grafici, mentre si ricorre raramente ai self-report, sia rivolti ai genitori e agli insegnanti considerati come “multiple informants”, sia al bambino stesso nella forma di autovalutazione. Il manuale intitolato “La valutazione dell’adattamento psicologico del bambino: I self-report” (Lis, Di Riso, Mazzeschi, Chessa, 2013) è un’estesa riflessione sul contributo prezioso dei questionari di autovalutazione nel processo di assessment multi-method del bambino. Le argomentazioni a favore del loro utilizzo sono molteplici. Innanzitutto in letteratura è stato più volte dimostrato che il bambino può essere considerato un “teste” attendibile quando gli viene chiesto di riferire sui suoi stati interni (Grills, Ollendick, 2003; Karver, 2006). Essendo i self-report costituiti di pochi item a risposte chiuse, facilitano il bambino nell’esecuzione del compito consentendogli un minor dispendio di energie. Nell’ambito della ricerca inoltre la brevità degli item ha semplificato le procedure di somministrazione, valutazione e standardizzazione consentendo il ricorso a campioni numerosi. Tanto è vero che nella letteratura i self-report, rispetto agli altri strumenti, sono quelli più estesamente studiati. Il central core del manuale è poi dedicato alla misura dell’ansia in età scolare, alla luce delle insidie e delle ricadute negative dei Disturbi d’Ansia sullo sviluppo infantile. Nonostante in molti casi le paure e le preoccupazioni facciano parte integrante del funzionamento del bambino, finendo a volte per strutturarsi in veri e propri Disturbi d’Ansia, spesso si assiste a diagnosi cliniche mancate o comunque tardive. E’infatti noto a tutti che i bambini con Disturbi della Condotta hanno un comportamento prorompente e disordinato, che difficilmente sfugge all’attenzione di chi sta intorno; mentre i bambini ansiosi vengono spesso “liquidati” come tranquilli senza che vengano rivolte loro le dovute attenzioni. In letteratura e’ stato dimostrato come, nella valutazione dei disturbi esternalizzanti, i self-report contribuiscano poco a una diagnosi clinica; mentre quando si paragonano i risultati dei questionari con le diagnosi cliniche i giovani pazienti mostrano un livello ben più alto di consapevolezza riguardo i loro disturbi internalizzanti, a conferma del fatto che questi strumenti possono essere validamente utilizzati per lo screening. Inoltre il fatto che essi presentino forme parallele li rende di fatto utilizzabili con i genitori o con altri adulti, quali gli insegnanti, che sono a stretto contatto con il bambino. Nella pratica della consultazione clinica con il bambino e i genitori, il fatto ad esempio di richiedere ai genitori di compilare un questionario, mentre sono in sala d’attesa, può far sentire loro parte integrante del processo di assessment clinico, aspetto questo cruciale per l’instaurarsi dell’alleanza di lavoro con lo psicologo. Nel lavoro con il bambino invece, il ricorso ai self-report deve sempre collocarsi all’interno di un percorso diagnostico di tipo multi-method, in cui ogni strumento utilizzato apporti un contributo “unico” rispetto a quello degli altri. In sintesi, il carattere peculiare degli strumenti di autovalutazione sta nella loro semplicità e duttilità di utilizzo, non richiedendo grossi sforzi di compilazione né al bambino né al genitore/insegnante. Inoltre il fatto che si limitino a identificare sintomi e problematiche a livello descrittivo e operazionale, più vicino alla consapevolezza del soggetto, comporta inevitabilmente dei vantaggi. Basti pensare a quanto sia importante nella restituzione al bambino, ad esempio, poter condividere con lui gli aspetti emersi dal questionario, di cui il bambino è più consapevole, per poi procedere in una fase successiva con l’analisi di quegli aspetti meno consapevoli e non ancora “tollerabili” per il bambino stesso. Non per ultimo, essendo standardizzati e operazionalizzati, i self-report possono essere utilizzati anche per valutare gli esiti della psicoterapia, sia in termini di process che di outcome.

Di Riso, D., Chirico, I., Mazzeschi, C., Chessa, D., Lis, A. (2013). Un volume introduttivo alla valutazione self-report dell’adattamento psicologico del bambino. Venezia : Ordine degli Psicologi - Consiglio regionale del Veneto.

Un volume introduttivo alla valutazione self-report dell’adattamento psicologico del bambino

CHIRICO, ILARIA;
2013

Abstract

Questo breve articolo introduce al lettore un volume che si occupa di descrivere alcuni strumenti self-report utili nella valutazione dell’adattamento psicologico del bambino. Nell’“Indagine sull’uso dei test in età evolutiva: scelte basate sulla qualità o su pratiche condivise”, pubblicata su Psicologia Clinica dello Sviluppo del 2010 (a cura di Tressoldi, Pedrabissi, Trevisan e Cornoldi), si discute dei risultati di una ricerca relativa agli strumenti di solito impiegati nella diagnosi in età evolutiva. Si tratta perlopiù di metodi proiettivi e grafici, mentre si ricorre raramente ai self-report, sia rivolti ai genitori e agli insegnanti considerati come “multiple informants”, sia al bambino stesso nella forma di autovalutazione. Il manuale intitolato “La valutazione dell’adattamento psicologico del bambino: I self-report” (Lis, Di Riso, Mazzeschi, Chessa, 2013) è un’estesa riflessione sul contributo prezioso dei questionari di autovalutazione nel processo di assessment multi-method del bambino. Le argomentazioni a favore del loro utilizzo sono molteplici. Innanzitutto in letteratura è stato più volte dimostrato che il bambino può essere considerato un “teste” attendibile quando gli viene chiesto di riferire sui suoi stati interni (Grills, Ollendick, 2003; Karver, 2006). Essendo i self-report costituiti di pochi item a risposte chiuse, facilitano il bambino nell’esecuzione del compito consentendogli un minor dispendio di energie. Nell’ambito della ricerca inoltre la brevità degli item ha semplificato le procedure di somministrazione, valutazione e standardizzazione consentendo il ricorso a campioni numerosi. Tanto è vero che nella letteratura i self-report, rispetto agli altri strumenti, sono quelli più estesamente studiati. Il central core del manuale è poi dedicato alla misura dell’ansia in età scolare, alla luce delle insidie e delle ricadute negative dei Disturbi d’Ansia sullo sviluppo infantile. Nonostante in molti casi le paure e le preoccupazioni facciano parte integrante del funzionamento del bambino, finendo a volte per strutturarsi in veri e propri Disturbi d’Ansia, spesso si assiste a diagnosi cliniche mancate o comunque tardive. E’infatti noto a tutti che i bambini con Disturbi della Condotta hanno un comportamento prorompente e disordinato, che difficilmente sfugge all’attenzione di chi sta intorno; mentre i bambini ansiosi vengono spesso “liquidati” come tranquilli senza che vengano rivolte loro le dovute attenzioni. In letteratura e’ stato dimostrato come, nella valutazione dei disturbi esternalizzanti, i self-report contribuiscano poco a una diagnosi clinica; mentre quando si paragonano i risultati dei questionari con le diagnosi cliniche i giovani pazienti mostrano un livello ben più alto di consapevolezza riguardo i loro disturbi internalizzanti, a conferma del fatto che questi strumenti possono essere validamente utilizzati per lo screening. Inoltre il fatto che essi presentino forme parallele li rende di fatto utilizzabili con i genitori o con altri adulti, quali gli insegnanti, che sono a stretto contatto con il bambino. Nella pratica della consultazione clinica con il bambino e i genitori, il fatto ad esempio di richiedere ai genitori di compilare un questionario, mentre sono in sala d’attesa, può far sentire loro parte integrante del processo di assessment clinico, aspetto questo cruciale per l’instaurarsi dell’alleanza di lavoro con lo psicologo. Nel lavoro con il bambino invece, il ricorso ai self-report deve sempre collocarsi all’interno di un percorso diagnostico di tipo multi-method, in cui ogni strumento utilizzato apporti un contributo “unico” rispetto a quello degli altri. In sintesi, il carattere peculiare degli strumenti di autovalutazione sta nella loro semplicità e duttilità di utilizzo, non richiedendo grossi sforzi di compilazione né al bambino né al genitore/insegnante. Inoltre il fatto che si limitino a identificare sintomi e problematiche a livello descrittivo e operazionale, più vicino alla consapevolezza del soggetto, comporta inevitabilmente dei vantaggi. Basti pensare a quanto sia importante nella restituzione al bambino, ad esempio, poter condividere con lui gli aspetti emersi dal questionario, di cui il bambino è più consapevole, per poi procedere in una fase successiva con l’analisi di quegli aspetti meno consapevoli e non ancora “tollerabili” per il bambino stesso. Non per ultimo, essendo standardizzati e operazionalizzati, i self-report possono essere utilizzati anche per valutare gli esiti della psicoterapia, sia in termini di process che di outcome.
2013
Notiziario Ordine Psicologi Veneto
43
47
Di Riso, D., Chirico, I., Mazzeschi, C., Chessa, D., Lis, A. (2013). Un volume introduttivo alla valutazione self-report dell’adattamento psicologico del bambino. Venezia : Ordine degli Psicologi - Consiglio regionale del Veneto.
Di Riso, Daniela; Chirico, Ilaria; Mazzeschi, Claudia; Chessa, Daphne ; Lis, Adriana
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/598893
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