Sino al 1992, anno di entrata in vigore della legge sulla trasparenza bancaria, le cui disposizioni sono confluite nel D.Lgs. 385 del 1 settembre 1993, detto anche Testo Unico Bancario, il nostro ordinamento era sostanzialmente privo di norme specificatamente dedicate a disciplinare la materia degli interessi nei contratti bancari, materia nella quale finiva per operare, senza sostanziali limiti, il principio di autonomia privata1. Tale principio, tuttavia, era in concreto svuotato di contenuto reale a causa della preponderanza del potere del contraente banca, in grado di imporre integralmente alla controparte le regole del rapporto. Anche la giurisprudenza manifestava un pressoché generalizzato favor nei confronti del ceto bancario. Nel 1996, inoltre, veniva approvata la riforma dell’art. 644 cp che introduceva, sull’esempio francese, l’usura oggettiva. Con la storica pronuncia 16 marzo 1999, n. 2374 della Suprema Corte di Cassazione, che ha riconosciuto l’invalidità della clausola di anatocismo basata sugli usi2, la giurisprudenza si è mostrata sempre più incline a considerare anche le ragioni della clientela. Tuttavia resistenze al nuovo corso si sono manifestate in parte della giurisprudenza, nella dottrina, nel legislatore e, soprattutto, in Banca d’Italia, che ha ripetutamente cercato di interpretare la norma penale con formule ed istruzioni atte a svuotarle. Senza entrare nel dettaglio dei vari interventi legislativi, abrogati dalla Consulta, e degli interventi di Banca d’Italia, sul fronte della determinazione degli interessi usurari, che si vedranno in seguito, basti qui accennare che la resistenza alle nuove tutele dei clienti (spinte soprattutto dalla normativa comunitaria) ha comportato conseguenze negative per tutto il sistema, banche comprese. Infatti, queste ultime si sono adeguate alle direttive di Banca d’Italia, salvo frequentemente scoprire, a posteriori, che erano considerate illegittime dalla giurisprudenza. L’argine a difesa del vecchio status ante 1992 ha comportato, e comporta, sempre nuove falle, causa di contenzioso. Si è passato così dall’anatocismo, all’usura, (eclatante l’estromissione delle commissioni di massimo scoperto dal calcolo dei tassi soglia, completamente ribaltata dalla giurisprudenza), e da ultimo all’usura relativamente agli interessi di mora. Ancora, la resistenza degli Istituti di Credito su posizioni conservatrici, come se la trasparenza bancaria non fosse stata istituita e la legge sull’usura oggettiva non le riguardasse, ha causato, indirettamente, il sorgere di associazioni di consumatori aggressive le quali affermano, sui media, che il 99% dei rapporti bancari è illegittimo. Abbiamo così due fronti contrapposti, 1. Da Gli interessi nei contratti bancari di Claudio Colombo. 2. Per un’ampia trattazione Anatocismo e vizi nei contratti bancari di Roberto di Napoli. 1 PREMESSA 1 PREMESSA 10 da una parte coloro che sostengono che gli Istituti di Credito hanno sempre ragione, dall’altra quelli che danno sempre torto al sistema bancario, e tale ragioni fideistiche arrivano, inevitabilmente, in giudizio, senza alcuna possibilità di un incontro ragionato e stragiudiziale che soddisfi le parti sulla base di una lettura equilibrata del diritto. Pur auspicando l’equilibrio summenzionato, esula dagli obbiettivi del presente manuale trovare nuove soluzioni giuridiche, ci si limiterà, pertanto, a conformarsi alle posizioni della giurisprudenza prevalente. Dall’osservatorio di chi scrive, sembra che le liti sull’usura si stiano riducendo, anche per il progressivo affermarsi dell’interpretazione di Banca d’Italia. Resta, invece, notevole l’ammontare delle cause sui vizi contrattuali, sia per la mutevole normativa sull’anatocismo (cfr. art.120 Tub) sia, in particolar modo, per la resistenza delle Banche ad adottare contratti trasparenti. Emblematici sono le clausole floor, cup e i derivati IRS, delle quali, in genere, non vengono esplicitati neanche il prezzo o il valore. Si è aggiunto, rispetto alla precedente edizione, un capitolo sulla valutazione dei derivati Irs, nel quale si è cercato di sintetizzarne le criticità. L’argomento è in costante crescita d’interesse, sia per il sempre maggiore utilizzo di tali contratti, sia per l’incremento del contenzioso. Sembra quindi arrivato il momento in cui anche i periti inizino ad occuparsene. Un altro aspetto che preme sottolineare: le analisi matematico-finanziarie derivano dalla rappresentazione del reale, come interpretata dalla posizione giuridica adottata. Il Perito deve essere in grado di eseguire qualsiasi tipo di calcolo, indifferente all’aspetto giuridico, con il limite, tuttavia, della ragionevolezza. In altre parole, il Perito, anche se di parte, dovrà sempre essere credibile e quindi, partendo da assunti giuridici autorevoli, dovrà sviluppare i calcoli illustrando la fonte dei dati, le modalità di calcolo ed il risultato. Un breve accenno sulla genesi di questo lavoro, nato originariamente con l’intento di ordinare le formule matematiche e la giurisprudenza per l’elaborazione delle perizie. In seguito, le richieste di numerosi colleghi, che chiedevano indicazioni su materiale di studio, hanno evidenziato l’assenza di testi idonei. Da qui la predisposizione di un manuale destinato, appunto, a quanti si cimentano nell’elaborazione di perizie econometriche sui rapporti bancari. Con la seconda edizione, si è voluto aggiornare il testo con i nuovi orientamenti giurisprudenziali e soprattutto con problemi ed aspetti manifestati dai colleghi periti nei master di alta formazione per Ctu e Ctp che gli autori hanno avuto l’onore di coordinare. Infine, si rileva che il presente testo è pensato per essere d’ausilio alla elaborazione della maggior parte delle perizie. Non è assolutamente esaustivo né da un punto di vista giuridico, né tantomeno matematico. Tuttavia, non pochi lettori hanno segnalato l’utilità del libro anche per chi, da un punto di vista giuridico, voglia approcciarsi per la prima volta alla materia.

La Perizia Bancaria

NARDINI, FRANCO
2016

Abstract

Sino al 1992, anno di entrata in vigore della legge sulla trasparenza bancaria, le cui disposizioni sono confluite nel D.Lgs. 385 del 1 settembre 1993, detto anche Testo Unico Bancario, il nostro ordinamento era sostanzialmente privo di norme specificatamente dedicate a disciplinare la materia degli interessi nei contratti bancari, materia nella quale finiva per operare, senza sostanziali limiti, il principio di autonomia privata1. Tale principio, tuttavia, era in concreto svuotato di contenuto reale a causa della preponderanza del potere del contraente banca, in grado di imporre integralmente alla controparte le regole del rapporto. Anche la giurisprudenza manifestava un pressoché generalizzato favor nei confronti del ceto bancario. Nel 1996, inoltre, veniva approvata la riforma dell’art. 644 cp che introduceva, sull’esempio francese, l’usura oggettiva. Con la storica pronuncia 16 marzo 1999, n. 2374 della Suprema Corte di Cassazione, che ha riconosciuto l’invalidità della clausola di anatocismo basata sugli usi2, la giurisprudenza si è mostrata sempre più incline a considerare anche le ragioni della clientela. Tuttavia resistenze al nuovo corso si sono manifestate in parte della giurisprudenza, nella dottrina, nel legislatore e, soprattutto, in Banca d’Italia, che ha ripetutamente cercato di interpretare la norma penale con formule ed istruzioni atte a svuotarle. Senza entrare nel dettaglio dei vari interventi legislativi, abrogati dalla Consulta, e degli interventi di Banca d’Italia, sul fronte della determinazione degli interessi usurari, che si vedranno in seguito, basti qui accennare che la resistenza alle nuove tutele dei clienti (spinte soprattutto dalla normativa comunitaria) ha comportato conseguenze negative per tutto il sistema, banche comprese. Infatti, queste ultime si sono adeguate alle direttive di Banca d’Italia, salvo frequentemente scoprire, a posteriori, che erano considerate illegittime dalla giurisprudenza. L’argine a difesa del vecchio status ante 1992 ha comportato, e comporta, sempre nuove falle, causa di contenzioso. Si è passato così dall’anatocismo, all’usura, (eclatante l’estromissione delle commissioni di massimo scoperto dal calcolo dei tassi soglia, completamente ribaltata dalla giurisprudenza), e da ultimo all’usura relativamente agli interessi di mora. Ancora, la resistenza degli Istituti di Credito su posizioni conservatrici, come se la trasparenza bancaria non fosse stata istituita e la legge sull’usura oggettiva non le riguardasse, ha causato, indirettamente, il sorgere di associazioni di consumatori aggressive le quali affermano, sui media, che il 99% dei rapporti bancari è illegittimo. Abbiamo così due fronti contrapposti, 1. Da Gli interessi nei contratti bancari di Claudio Colombo. 2. Per un’ampia trattazione Anatocismo e vizi nei contratti bancari di Roberto di Napoli. 1 PREMESSA 1 PREMESSA 10 da una parte coloro che sostengono che gli Istituti di Credito hanno sempre ragione, dall’altra quelli che danno sempre torto al sistema bancario, e tale ragioni fideistiche arrivano, inevitabilmente, in giudizio, senza alcuna possibilità di un incontro ragionato e stragiudiziale che soddisfi le parti sulla base di una lettura equilibrata del diritto. Pur auspicando l’equilibrio summenzionato, esula dagli obbiettivi del presente manuale trovare nuove soluzioni giuridiche, ci si limiterà, pertanto, a conformarsi alle posizioni della giurisprudenza prevalente. Dall’osservatorio di chi scrive, sembra che le liti sull’usura si stiano riducendo, anche per il progressivo affermarsi dell’interpretazione di Banca d’Italia. Resta, invece, notevole l’ammontare delle cause sui vizi contrattuali, sia per la mutevole normativa sull’anatocismo (cfr. art.120 Tub) sia, in particolar modo, per la resistenza delle Banche ad adottare contratti trasparenti. Emblematici sono le clausole floor, cup e i derivati IRS, delle quali, in genere, non vengono esplicitati neanche il prezzo o il valore. Si è aggiunto, rispetto alla precedente edizione, un capitolo sulla valutazione dei derivati Irs, nel quale si è cercato di sintetizzarne le criticità. L’argomento è in costante crescita d’interesse, sia per il sempre maggiore utilizzo di tali contratti, sia per l’incremento del contenzioso. Sembra quindi arrivato il momento in cui anche i periti inizino ad occuparsene. Un altro aspetto che preme sottolineare: le analisi matematico-finanziarie derivano dalla rappresentazione del reale, come interpretata dalla posizione giuridica adottata. Il Perito deve essere in grado di eseguire qualsiasi tipo di calcolo, indifferente all’aspetto giuridico, con il limite, tuttavia, della ragionevolezza. In altre parole, il Perito, anche se di parte, dovrà sempre essere credibile e quindi, partendo da assunti giuridici autorevoli, dovrà sviluppare i calcoli illustrando la fonte dei dati, le modalità di calcolo ed il risultato. Un breve accenno sulla genesi di questo lavoro, nato originariamente con l’intento di ordinare le formule matematiche e la giurisprudenza per l’elaborazione delle perizie. In seguito, le richieste di numerosi colleghi, che chiedevano indicazioni su materiale di studio, hanno evidenziato l’assenza di testi idonei. Da qui la predisposizione di un manuale destinato, appunto, a quanti si cimentano nell’elaborazione di perizie econometriche sui rapporti bancari. Con la seconda edizione, si è voluto aggiornare il testo con i nuovi orientamenti giurisprudenziali e soprattutto con problemi ed aspetti manifestati dai colleghi periti nei master di alta formazione per Ctu e Ctp che gli autori hanno avuto l’onore di coordinare. Infine, si rileva che il presente testo è pensato per essere d’ausilio alla elaborazione della maggior parte delle perizie. Non è assolutamente esaustivo né da un punto di vista giuridico, né tantomeno matematico. Tuttavia, non pochi lettori hanno segnalato l’utilità del libro anche per chi, da un punto di vista giuridico, voglia approcciarsi per la prima volta alla materia.
2016
294
978-88-916-1936-5
Fontanelli, Andrea; Nardini, Franco
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