In questo saggio l'autore discute criticamente il pensiero utilitarista di John Harsanyi e Richard B. Brandt in relazione al problema dell'oggettività dei giudizi morali. La peculiarità di questi autori risiede nella prospettiva naturalistico-riduzionista da essi adottata. In tal senso, Brandt e Harsanyi evidenziano, rispetto a gran parte degli utilitaristi contemporanei, alcune differenze significative. Brandt, ad esempio, è un internalista in quanto ritiene che un certo x è moralmente obbligatorio solo se l’occorrenza di certi stati mentali correlati a x possono motivare l’azione di uno o più agenti rilevanti. Questa posizione tende poi a legarsi al tentativo di definire il bene morale nei termini della razionalità pratica generale, dando vita a una versione originale dell’internalismo morale. In secondo luogo, Brandt e Harsanyi hanno un atteggiamento riduzionistico più vicino all’utilitarismo classico: la loro analisi non si limita alla sopravvenienza delle proprietà morali a quelle naturali, ma cerca di mostrare come le prime siano identiche a certe proprietà naturali specificate da combinazioni di termini non-morali delle scienze naturali e sociali.
A. Rotolo (2007). Naturalismo e oggettività morale nell’utilitarismo di John Harsanyi e Richard B. Brandt. MILANO : Bruno Mondadori.
Naturalismo e oggettività morale nell’utilitarismo di John Harsanyi e Richard B. Brandt
ROTOLO, ANTONINO
2007
Abstract
In questo saggio l'autore discute criticamente il pensiero utilitarista di John Harsanyi e Richard B. Brandt in relazione al problema dell'oggettività dei giudizi morali. La peculiarità di questi autori risiede nella prospettiva naturalistico-riduzionista da essi adottata. In tal senso, Brandt e Harsanyi evidenziano, rispetto a gran parte degli utilitaristi contemporanei, alcune differenze significative. Brandt, ad esempio, è un internalista in quanto ritiene che un certo x è moralmente obbligatorio solo se l’occorrenza di certi stati mentali correlati a x possono motivare l’azione di uno o più agenti rilevanti. Questa posizione tende poi a legarsi al tentativo di definire il bene morale nei termini della razionalità pratica generale, dando vita a una versione originale dell’internalismo morale. In secondo luogo, Brandt e Harsanyi hanno un atteggiamento riduzionistico più vicino all’utilitarismo classico: la loro analisi non si limita alla sopravvenienza delle proprietà morali a quelle naturali, ma cerca di mostrare come le prime siano identiche a certe proprietà naturali specificate da combinazioni di termini non-morali delle scienze naturali e sociali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.