Stando alle storie della lingua italiana e alle storie della medicina, l’introduzione di molta parte della terminologia medica si deve al medico secentesco Francesco Redi. In realtà a Redi non si deve l’immissione di nuovi lemmi nella lingua italiana, ma semmai una loro opportuna scrematura rispetto al lessico che risale viceversa ai medici medievali, da Guglielmo da Saliceto a Mondino de’ Liucci (o Liuzzi). Nella nostra letteratura medica esiste dunque una tradizione ininterrotta sia in latino sia in volgare, anche se gli arabismi, entrati nella scuola salernitana e adottati dalla scolastica aristotelica, sono stati nel tempo in gran parte aboliti per il contrastante ed emergente interesse delle fonti greche e latine e per la lettura di Aristotele non più filtrata da Averroè e Avicenna. Un’altra messa a punto riguarda il modo in cui il lessico e i contenuti della scienza medica sono entrati nel canone della letteratura italiana. Per lungo tempo i critici e gli storici della letteratura hanno privilegiato i testi medici che paradossalmente erano meno pertinenti, dando la preferenza alle pagine aventi un valore estetico più che un valore scientifico. Soltanto in tempi recenti, grazie agli studi e alle riflessioni metodologiche di Maria Altieri Biagi e di Ezio Raimondi, la critica letteraria ha cominciato a considerare la letteratura medica iuxta propria principia e non più secondo criteri che le sono propriamente estrinseci.
Battistini, A. (2017). La terminologia medica nei vocabolari e nella letteratura italiana: qualche errore da evitare negli studi delle «medical humanities». Bologna : Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica-Alma Mater Studiorum.
La terminologia medica nei vocabolari e nella letteratura italiana: qualche errore da evitare negli studi delle «medical humanities»
BATTISTINI, ANDREA
2017
Abstract
Stando alle storie della lingua italiana e alle storie della medicina, l’introduzione di molta parte della terminologia medica si deve al medico secentesco Francesco Redi. In realtà a Redi non si deve l’immissione di nuovi lemmi nella lingua italiana, ma semmai una loro opportuna scrematura rispetto al lessico che risale viceversa ai medici medievali, da Guglielmo da Saliceto a Mondino de’ Liucci (o Liuzzi). Nella nostra letteratura medica esiste dunque una tradizione ininterrotta sia in latino sia in volgare, anche se gli arabismi, entrati nella scuola salernitana e adottati dalla scolastica aristotelica, sono stati nel tempo in gran parte aboliti per il contrastante ed emergente interesse delle fonti greche e latine e per la lettura di Aristotele non più filtrata da Averroè e Avicenna. Un’altra messa a punto riguarda il modo in cui il lessico e i contenuti della scienza medica sono entrati nel canone della letteratura italiana. Per lungo tempo i critici e gli storici della letteratura hanno privilegiato i testi medici che paradossalmente erano meno pertinenti, dando la preferenza alle pagine aventi un valore estetico più che un valore scientifico. Soltanto in tempi recenti, grazie agli studi e alle riflessioni metodologiche di Maria Altieri Biagi e di Ezio Raimondi, la critica letteraria ha cominciato a considerare la letteratura medica iuxta propria principia e non più secondo criteri che le sono propriamente estrinseci.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.