Antonella Bartolucci ha studiato le pratiche da lei definite «semiclandestine» delle guaritrici del territorio emiliano. Le streghe buone è il risultato di queste ricerche condotte attraverso la metodologia dell’osservazione partecipante e la conduzione di interviste a «segnatrici», medici e pazienti. Grazie alla lunga durata dell’indagine – che copre un arco di tempo che va dagli anni Novanta ad oggi – siamo messi in grado di apprezzare sia la persistenza di tali strategie terapeutiche complementari alla medicina ufficiale, sia le trasformazioni che i cambiamenti sociali e le innovazioni tecnologiche hanno apportato alla trasmissione del sapere e alle modalità di cura. Pratica prevalentemente femminile e sottratta alle leggi del mercato, la «segnatura» delle varie patologie – chiamate localmente «fuoco di S. Antonio», «storte», «verminosi», e «colpo della strega» – si esercita attraverso l’impiego di parole e gesti tra¬mandati di generazione in generazione e spesso protetti dal segreto. Se un tempo il passaggio delle conoscenze relative (il «lascito») avveniva soprattutto tra suocera e nuora, oggi il modello più diffuso è quello della trasmissione da nonna a nipote. Come giustamente sottolinea l’autrice, tale cambiamento è conseguenza di profondi mutamenti sociali che hanno riconfigurato gli orizzonti della convivenza. Nell'era di Internet si delineano ulteriori, affascinanti (o inquietanti?) scenari: quelle che fino a qualche decennio fa erano pratiche inequivocabilmente locali diventano pratiche potenzialmente globali. Si «segna» attraverso Skype, si inviano le formule via email, si integrano nell'esercizio delle terapie conoscenze di altre aree geografiche. Tutto ciò fa riflettere sulle possibili, profonde trasformazioni alle quali andrà progressivamente soggetta la figura delle guaritrice, ad esempio sotto il profilo della sua capacità di esercitare grazie ai propri saperi, come osserva Antonella Bartolucci, una rivalsa nei confronti delle nuove generazioni. Tali trasformazioni rappresentano un fecondo territorio di indagine antropologica, e l’auspicio è quindi che la direzione tracciata da questa ricerca continui e fornisca nuove chiavi che permettano di interpretare la contemporaneità.
Prefazione
NATALI, CRISTIANA
2016
Abstract
Antonella Bartolucci ha studiato le pratiche da lei definite «semiclandestine» delle guaritrici del territorio emiliano. Le streghe buone è il risultato di queste ricerche condotte attraverso la metodologia dell’osservazione partecipante e la conduzione di interviste a «segnatrici», medici e pazienti. Grazie alla lunga durata dell’indagine – che copre un arco di tempo che va dagli anni Novanta ad oggi – siamo messi in grado di apprezzare sia la persistenza di tali strategie terapeutiche complementari alla medicina ufficiale, sia le trasformazioni che i cambiamenti sociali e le innovazioni tecnologiche hanno apportato alla trasmissione del sapere e alle modalità di cura. Pratica prevalentemente femminile e sottratta alle leggi del mercato, la «segnatura» delle varie patologie – chiamate localmente «fuoco di S. Antonio», «storte», «verminosi», e «colpo della strega» – si esercita attraverso l’impiego di parole e gesti tra¬mandati di generazione in generazione e spesso protetti dal segreto. Se un tempo il passaggio delle conoscenze relative (il «lascito») avveniva soprattutto tra suocera e nuora, oggi il modello più diffuso è quello della trasmissione da nonna a nipote. Come giustamente sottolinea l’autrice, tale cambiamento è conseguenza di profondi mutamenti sociali che hanno riconfigurato gli orizzonti della convivenza. Nell'era di Internet si delineano ulteriori, affascinanti (o inquietanti?) scenari: quelle che fino a qualche decennio fa erano pratiche inequivocabilmente locali diventano pratiche potenzialmente globali. Si «segna» attraverso Skype, si inviano le formule via email, si integrano nell'esercizio delle terapie conoscenze di altre aree geografiche. Tutto ciò fa riflettere sulle possibili, profonde trasformazioni alle quali andrà progressivamente soggetta la figura delle guaritrice, ad esempio sotto il profilo della sua capacità di esercitare grazie ai propri saperi, come osserva Antonella Bartolucci, una rivalsa nei confronti delle nuove generazioni. Tali trasformazioni rappresentano un fecondo territorio di indagine antropologica, e l’auspicio è quindi che la direzione tracciata da questa ricerca continui e fornisca nuove chiavi che permettano di interpretare la contemporaneità.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.