La ricostruzione storica delle relazioni internazionali della Repubblica Araba Siriana sconta da sempre le difficoltà di accesso alle fonti primarie dello stesso paese, che il conflitto in corso dal 2011 non ha sicuramente facilitato. Ciononostante, sulla base delle fonti ufficiali e delle banche dati statistiche, è possibile ricostruire le grandi linee di una relazione tanto stretta quanto difficile. I due decenni intercorsi tra la guerra del 1973 e i primi anni Novanta furono segnati dal tentativi dei dirigenti di Damasco di diversificare le relazioni interna- zionali della Siria in modo tale da garantire loro una rete di contatti che da un lato rispondesse alla molteplicità di soggetti e interessi del paese arabo e dall’altro permettesse loro di rimanere un interlocutore essenziale per la risoluzione dei conflitti in Medio Oriente, ad iniziare da quello arabo-israeliano. La divisione dell’Europa in due campi contrapposti rappresentò un’opportunità rilevante per i nazionalisti siriani poiché permise loro di rivolgersi a partner diversi in base alle proprie priorità e alle diverse congiunture politiche ed economiche. Certamente, le relazioni con i paesi dell’Europa occidentale riscontrarono maggiori difficoltà, sia a causa delle pesanti eredità dell’epoca del Mandato francese sia per le diverse posizioni assunte nel conflitto arabo-israeliano e non da ultimo per le diverse scelte economiche. Ciononostante, negli anni Settanta l’Europa occidentale rimase un partner tanto necessario quanto privilegiato per i progetti di sviluppo economico, tecnologico e culturale della Siria, da cui lo stesso regime ba’thista dipendeva in ultima istanza. Più facili dal punto di vista politico furono invece i rapporti con i paesi dell’Europa orientale, con i quali i di- rigenti di Damasco condividevano a grandi linee sia l’opposizione o la diffidenza nei confronti dei paesi occidentali “imperialisti” sia la volontà di governare direttamente i processi di sviluppo del paese. Negli anni Ottanta, la radicalizzazione del conflitto in Libano mise a repentaglio i rapporti con l’Europa occidentale a causa delle diverse posizioni assunte nei confronti dell’intervento israeliano. Ciononostante, il conflitto aperto tra il 1983 e il 1985 non giunse mai a determinare la rottura completa delle relazioni. La crisi fiscale dello Stato siriano e il suo isolamento regionale ed internazionale riportarono alla ribalta i paesi socialisti dell’Europa orientale con il ruolo di garanzia strategica e di mercato “di riserva” a cui accedere su basi politiche e non solo di mercato. Proprio la sua dissoluzione nel 1989 costrinse Damasco ad adeguarsi agli standard economici e diplomatici del “nuovo ordine mondiale” post guerra fredda: la presenza della sola superpo- tenza statunitense, alleata di Israele, così come di un’Europa unita e promotrice dell’integrazione neoliberista dei mercati del Mediterraneo limitavano i margini negoziali di Damasco. Ciononostante, ancora una volta i suoi dirigenti seppero sfruttare in modo spregiudicato la centralità geostrategica del paese durante la guerra del Golfo del 1990 così da garantire la sopravvivenza del regime in Siria, l’egemonia politica in Libano e la partecipazione al cosiddetto “processo di pace” nel conflitto arabo-israeliano.
Trentin, M. (2017). L’EUROPA NELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI DELLA SIRIA (1973-1993). Bari : Cacucci Editore.
L’EUROPA NELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI DELLA SIRIA (1973-1993)
TRENTIN, MASSIMILIANO
2017
Abstract
La ricostruzione storica delle relazioni internazionali della Repubblica Araba Siriana sconta da sempre le difficoltà di accesso alle fonti primarie dello stesso paese, che il conflitto in corso dal 2011 non ha sicuramente facilitato. Ciononostante, sulla base delle fonti ufficiali e delle banche dati statistiche, è possibile ricostruire le grandi linee di una relazione tanto stretta quanto difficile. I due decenni intercorsi tra la guerra del 1973 e i primi anni Novanta furono segnati dal tentativi dei dirigenti di Damasco di diversificare le relazioni interna- zionali della Siria in modo tale da garantire loro una rete di contatti che da un lato rispondesse alla molteplicità di soggetti e interessi del paese arabo e dall’altro permettesse loro di rimanere un interlocutore essenziale per la risoluzione dei conflitti in Medio Oriente, ad iniziare da quello arabo-israeliano. La divisione dell’Europa in due campi contrapposti rappresentò un’opportunità rilevante per i nazionalisti siriani poiché permise loro di rivolgersi a partner diversi in base alle proprie priorità e alle diverse congiunture politiche ed economiche. Certamente, le relazioni con i paesi dell’Europa occidentale riscontrarono maggiori difficoltà, sia a causa delle pesanti eredità dell’epoca del Mandato francese sia per le diverse posizioni assunte nel conflitto arabo-israeliano e non da ultimo per le diverse scelte economiche. Ciononostante, negli anni Settanta l’Europa occidentale rimase un partner tanto necessario quanto privilegiato per i progetti di sviluppo economico, tecnologico e culturale della Siria, da cui lo stesso regime ba’thista dipendeva in ultima istanza. Più facili dal punto di vista politico furono invece i rapporti con i paesi dell’Europa orientale, con i quali i di- rigenti di Damasco condividevano a grandi linee sia l’opposizione o la diffidenza nei confronti dei paesi occidentali “imperialisti” sia la volontà di governare direttamente i processi di sviluppo del paese. Negli anni Ottanta, la radicalizzazione del conflitto in Libano mise a repentaglio i rapporti con l’Europa occidentale a causa delle diverse posizioni assunte nei confronti dell’intervento israeliano. Ciononostante, il conflitto aperto tra il 1983 e il 1985 non giunse mai a determinare la rottura completa delle relazioni. La crisi fiscale dello Stato siriano e il suo isolamento regionale ed internazionale riportarono alla ribalta i paesi socialisti dell’Europa orientale con il ruolo di garanzia strategica e di mercato “di riserva” a cui accedere su basi politiche e non solo di mercato. Proprio la sua dissoluzione nel 1989 costrinse Damasco ad adeguarsi agli standard economici e diplomatici del “nuovo ordine mondiale” post guerra fredda: la presenza della sola superpo- tenza statunitense, alleata di Israele, così come di un’Europa unita e promotrice dell’integrazione neoliberista dei mercati del Mediterraneo limitavano i margini negoziali di Damasco. Ciononostante, ancora una volta i suoi dirigenti seppero sfruttare in modo spregiudicato la centralità geostrategica del paese durante la guerra del Golfo del 1990 così da garantire la sopravvivenza del regime in Siria, l’egemonia politica in Libano e la partecipazione al cosiddetto “processo di pace” nel conflitto arabo-israeliano.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.