Oggi è dato per scontato che chi guarda, con la soggettività della sua percezione, condizioni il messaggio stesso dell’arte. Il "pas de deux" che si costruisce tra l’opera ed il pubblico è un viaggio nella storia della visione e della fruizione e nelle forme di mediazione tecnica e culturale dell’arte, ma costituisce soprattutto una variante possibile dell’orizzonte da cui scrutare cambiamenti e sviluppi dei mondi dell’arte. I termini “Pubblico” e “Spettatore”, ma anche tutte le nozioni e le espressioni collegate allo sviluppo di una sociabilità laica e urbana, costituiscono elementi fondanti della vita moderna, dal punto di vista culturale ed artistico, ma anche politico, e si pongono spesso al centro di una costruzione del consenso che nell’ambito delle Arti viene definita come “gusto”. Osservare l’arte secondo la doppia angolazione della ricezione del pubblico e dell’opera come strumento ed oggetto di mediazione di valori culturali offre l’immagine di un lungo processo dialettico in costante evoluzione con strumenti ed obiettivi collegati nel tempo all’attualità artistica ed alla situazione sociale. Il volume offre un percorso cronologico, dal XVI al XVIII secolo, e analizza le tappe connesse alla legittimazione internazionale del giudizio del pubblico ed alla costruzione del suo dialogo, in presenza o a distanza, con l’arte. Il saggio "La legittimità dello spettatore disinteressato" analizza in che modo nel contesto europeo, e specie francese, si passa durante il Settecento dal Pubblico delle arti ad una "opinione pubblica sulle arti". In bilico tra le esigenze della storia e l’attualità della cronaca, la legittimità del pubblico si costruisce progressivamente grazie ad una polivalenza di apporti: una articolazione di luoghi che si inseriscono nella struttura della città, il nascere di appuntamenti ricorrenti, una ricchissima quanto eterogenea varietà di scritti, il diffondersi di un linguaggio specifico. La sfera del gusto diventa il nucleo di una concezione laica ed urbana che, benché con alterni risultati, tendeva, almeno in parte, a porre la cultura e l’arte al di fuori dell’influenza diretta delle autorità. Attraverso l’analisi della storiografia del Settecento e di documenti d’archivio l’universo dell’arte assume una duplice connotazione: da un lato una dimensione sociale e delle pratiche di "display", dall’altro un mondo teorico che aspirava anche a un nuovo rigore scientifico, teso verso una più condivisa legittimità istituzionale di tutti gli attori coinvolti. Gli "intendenti" in Italia, gli "amateurs" in Francia diventano giudici e mediatori dell’arte tra onori e critiche e la questione della griglia di lettura delle opere d’arte assume aspetti internazionali mentre i I tempi ed i modi del vedere accolgono nuove connotazioni. Il saggio si chiude con l’analisi del differente recupero in termini politici del pensiero di Quatremère de Quincy in Italia ed in Francia. Con considerazioni quasi “antropologiche” Quatremère, sulla scia dell’eredità illuminista che aveva rivendicato il valore delle tecniche e del fare, concepisce una stretta vita di relazione tra lo spettatore e l’arte che, però, non è più collegata alla "curiositas" o alla meraviglia, ma a idee di consapevolezza e comunicazione. Si individua la vera chiave di volta, che segna il passaggio dall’epoca moderna alle esigenze ed ai metodi del mondo contemporaneo, nella riflessione di Quatrèmere de Quincy che suggerisce, anche per la figura dello “spettatore qualunque”, non solo diritti, ma doveri.

La legittimità dello spettatore “disinteressato”

COSTA, SANDRA
2017

Abstract

Oggi è dato per scontato che chi guarda, con la soggettività della sua percezione, condizioni il messaggio stesso dell’arte. Il "pas de deux" che si costruisce tra l’opera ed il pubblico è un viaggio nella storia della visione e della fruizione e nelle forme di mediazione tecnica e culturale dell’arte, ma costituisce soprattutto una variante possibile dell’orizzonte da cui scrutare cambiamenti e sviluppi dei mondi dell’arte. I termini “Pubblico” e “Spettatore”, ma anche tutte le nozioni e le espressioni collegate allo sviluppo di una sociabilità laica e urbana, costituiscono elementi fondanti della vita moderna, dal punto di vista culturale ed artistico, ma anche politico, e si pongono spesso al centro di una costruzione del consenso che nell’ambito delle Arti viene definita come “gusto”. Osservare l’arte secondo la doppia angolazione della ricezione del pubblico e dell’opera come strumento ed oggetto di mediazione di valori culturali offre l’immagine di un lungo processo dialettico in costante evoluzione con strumenti ed obiettivi collegati nel tempo all’attualità artistica ed alla situazione sociale. Il volume offre un percorso cronologico, dal XVI al XVIII secolo, e analizza le tappe connesse alla legittimazione internazionale del giudizio del pubblico ed alla costruzione del suo dialogo, in presenza o a distanza, con l’arte. Il saggio "La legittimità dello spettatore disinteressato" analizza in che modo nel contesto europeo, e specie francese, si passa durante il Settecento dal Pubblico delle arti ad una "opinione pubblica sulle arti". In bilico tra le esigenze della storia e l’attualità della cronaca, la legittimità del pubblico si costruisce progressivamente grazie ad una polivalenza di apporti: una articolazione di luoghi che si inseriscono nella struttura della città, il nascere di appuntamenti ricorrenti, una ricchissima quanto eterogenea varietà di scritti, il diffondersi di un linguaggio specifico. La sfera del gusto diventa il nucleo di una concezione laica ed urbana che, benché con alterni risultati, tendeva, almeno in parte, a porre la cultura e l’arte al di fuori dell’influenza diretta delle autorità. Attraverso l’analisi della storiografia del Settecento e di documenti d’archivio l’universo dell’arte assume una duplice connotazione: da un lato una dimensione sociale e delle pratiche di "display", dall’altro un mondo teorico che aspirava anche a un nuovo rigore scientifico, teso verso una più condivisa legittimità istituzionale di tutti gli attori coinvolti. Gli "intendenti" in Italia, gli "amateurs" in Francia diventano giudici e mediatori dell’arte tra onori e critiche e la questione della griglia di lettura delle opere d’arte assume aspetti internazionali mentre i I tempi ed i modi del vedere accolgono nuove connotazioni. Il saggio si chiude con l’analisi del differente recupero in termini politici del pensiero di Quatremère de Quincy in Italia ed in Francia. Con considerazioni quasi “antropologiche” Quatremère, sulla scia dell’eredità illuminista che aveva rivendicato il valore delle tecniche e del fare, concepisce una stretta vita di relazione tra lo spettatore e l’arte che, però, non è più collegata alla "curiositas" o alla meraviglia, ma a idee di consapevolezza e comunicazione. Si individua la vera chiave di volta, che segna il passaggio dall’epoca moderna alle esigenze ed ai metodi del mondo contemporaneo, nella riflessione di Quatrèmere de Quincy che suggerisce, anche per la figura dello “spettatore qualunque”, non solo diritti, ma doveri.
2017
I Savi e gli Ignoranti / Dialogo del pubblico con l'arte (XVI-XVIII secolo)
103
218
Sandra Costa
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/582418
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