I partiti politici sono considerati attori centrali per il funzionamento di una democrazia [Sartori 1976; Schattschneider 1942]. Ne è conferma il ruolo chiave assegnato ai partiti dalle principali teorie sulla rappresentanza nelle democrazie contemporanee. Il modello del «responsible party government», per esempio, presuppone che i partiti propongano ai cittadini piattaforme programmatiche alternative, che gli elettori votino per il partito che più rappresenta le loro preferenze e che una volta al governo i partiti cerchino di realizzare i propri programmi elettorali [Adams 2001; Converse e Pierce 1986; Dalton 1985; Schmitt e Thomassen 1999; Thomassen 1994]. Un altro influente approccio, la «teoria della delega», interpreta il circuito della rappresentanza democratica come una sequenza di rapporti principale-agente che collega i cittadini con le istituzioni e quindi con le politiche pubbliche: in ciascun anello della catena un principale autorizza un agente a prendere decisioni politiche nel proprio interesse (gli elettori eleggono i rappresentati al parlamento, il parlamento sceglie il governo, ecc.) [Strøm 2000; 2003]. Soprattutto nei sistemi parlamentari come l’Italia, i partiti garantiscono il funzionamento della delega aggregando gli interessi sociali e allineando le preferenze degli agenti a quelle dei rispettivi principali. Attraverso i partiti passano infatti il reclutamento della classe politica, l’organizzazione delle campagne elettorali e la selezione dei membri dell’esecutivo [Müller 2000]. Le teorie contemporanee della rappresentanza sono pertanto incentrate sul ruolo dei partiti, grazie ai quali si crea un legame tra le preferenze dei cittadini e gli output del sistema politico. Un assunto comune a questi modelli è che la semplice presenza dei partiti politici non sia sufficiente: i partiti devono essere anche coesi al loro interno. Affinché i partiti possano svolgere il proprio ruolo in maniera efficace, le preferenze degli individui che ne fanno parte devono infatti essere omogenee. I partiti coesi trasmettono un’etichetta – o «party label» – ben definita e riconoscibile in campagna elettorale, riducendo così i costi informativi a carico degli elettori. Inoltre la coesione partitica consente il funzionamento delle assemblee elettive, coordinando il comportamento dei membri del parlamento nell’attività legislativa e nel rapporto con l’esecutivo [Aldrich 1995; Cox e McCubbins 1993; Snyder e Ting 2002]. Pare dunque che un certo grado di coesione dei partiti sia necessario affinché si possa affermare che il processo democratico funzioni e i partiti rappresentino adeguatamente gli elettori. Naturalmente la coesione dei partiti non è condizione sufficiente a garantire una effettiva rappresentanza: vi sono altri aspetti cruciali, che verranno esaminati nei capitoli successivi. In questa sede ci concentriamo sulla coesione dei partiti italiani, analizzandola come uno degli elementi che consentiranno di tracciare un quadro complessivo della rappresentanza in Italia. Un primo interrogativo che ci poniamo in questo capitolo è quindi se e in quale misura siano coesi i partiti italiani che hanno partecipato alle elezioni del febbraio 2013. Come abbiamo sottolineato, la coesione partitica è rilevante per vari aspetti del rapporto tra cittadini e istituzioni, soprattutto in un sistema parlamentare. In secondo luogo ci chiediamo su quali dimensioni i partiti italiani siano più o meno coesi. Potrebbe infatti darsi che in Italia i partiti siano compatti a proposito di alcune questioni ma non lo siano affatto su altre, o che certi partiti siano particolarmente coesi su un tema ma poco coesi su altri temi. In questo caso, potremmo concludere che in Italia il circuito della rappresentanza funziona bene quando si prendono decisioni su alcuni temi, ma è meno efficiente quando si prendono decisioni su altri argomenti. Un terzo interrogativo di questo capitolo ha invece a che fare con un aspetto più specifico e contingente. In vista delle elezioni del 2013, ben tre dei principali partiti italiani – Partito democratico, Movimento cinque stelle e Sinistra ecologia libertà – hanno selezionato i propri candidati (in tutto o in parte) mediante procedure aperte a cittadini ed elettori. Questa apertura senza precedenti nel quadro italiano ha avuto conseguenze sulla coesione interna dei partiti? Si può sostenere, come spesso si ripete, che i cosiddetti «nominati» siano più allineati alla posizione del proprio partito rispetto ai candidati che sono stati selezionati attraverso le elezioni «primarie» o «parlamentarie»? Nelle pagine che seguono cercheremo di rispondere a questi tre interrogativi utilizzando i dati raccolti nel 2013 nell’ambito dell’Indagine Comparativa sui Candidati (Comparative Candidates Survey, CCS). In particolare, il prossimo paragrafo introduce il tema della coesione partitica affrontandone alcuni importanti aspetti teorici e metodologici. Il terzo paragrafo mostra come si distribuiscono le posizioni politiche dei singoli candidati all’interno dei principali partiti italiani, considerando sia il tradizionale asse di competizione sinistra-destra sia quattro dimensioni di policy specifiche. Nel paragrafo successivo misuriamo la coesione interna a ciascun partito mediante un apposito indice e operiamo confronti tra partiti e tra le diverse dimensioni. L’indice da noi utilizzato consente anche di comparare la coesione dei partiti italiani con quella rilevabile nei partiti degli altri paesi europei. Il quinto paragrafo intende poi rendere conto della variabilità che si osserva nella coesione dei partiti italiani, cercando di stabilire se alcuni fattori come le modalità di selezione dei candidati abbiano influito sul grado di coesione rilevato. Più in generale, al di là delle differenze tra partiti vi possono essere categorie di candidati con preferenze sistematicamente distanti dalla posizione del proprio partito. Alcune considerazioni generali sono contenute nelle conclusioni.

Daniela Giannetti, Andrea Pedrazzani (2016). La coesione dei partiti italiani. Bologna : Il Mulino.

La coesione dei partiti italiani

GIANNETTI, DANIELA;PEDRAZZANI, ANDREA
2016

Abstract

I partiti politici sono considerati attori centrali per il funzionamento di una democrazia [Sartori 1976; Schattschneider 1942]. Ne è conferma il ruolo chiave assegnato ai partiti dalle principali teorie sulla rappresentanza nelle democrazie contemporanee. Il modello del «responsible party government», per esempio, presuppone che i partiti propongano ai cittadini piattaforme programmatiche alternative, che gli elettori votino per il partito che più rappresenta le loro preferenze e che una volta al governo i partiti cerchino di realizzare i propri programmi elettorali [Adams 2001; Converse e Pierce 1986; Dalton 1985; Schmitt e Thomassen 1999; Thomassen 1994]. Un altro influente approccio, la «teoria della delega», interpreta il circuito della rappresentanza democratica come una sequenza di rapporti principale-agente che collega i cittadini con le istituzioni e quindi con le politiche pubbliche: in ciascun anello della catena un principale autorizza un agente a prendere decisioni politiche nel proprio interesse (gli elettori eleggono i rappresentati al parlamento, il parlamento sceglie il governo, ecc.) [Strøm 2000; 2003]. Soprattutto nei sistemi parlamentari come l’Italia, i partiti garantiscono il funzionamento della delega aggregando gli interessi sociali e allineando le preferenze degli agenti a quelle dei rispettivi principali. Attraverso i partiti passano infatti il reclutamento della classe politica, l’organizzazione delle campagne elettorali e la selezione dei membri dell’esecutivo [Müller 2000]. Le teorie contemporanee della rappresentanza sono pertanto incentrate sul ruolo dei partiti, grazie ai quali si crea un legame tra le preferenze dei cittadini e gli output del sistema politico. Un assunto comune a questi modelli è che la semplice presenza dei partiti politici non sia sufficiente: i partiti devono essere anche coesi al loro interno. Affinché i partiti possano svolgere il proprio ruolo in maniera efficace, le preferenze degli individui che ne fanno parte devono infatti essere omogenee. I partiti coesi trasmettono un’etichetta – o «party label» – ben definita e riconoscibile in campagna elettorale, riducendo così i costi informativi a carico degli elettori. Inoltre la coesione partitica consente il funzionamento delle assemblee elettive, coordinando il comportamento dei membri del parlamento nell’attività legislativa e nel rapporto con l’esecutivo [Aldrich 1995; Cox e McCubbins 1993; Snyder e Ting 2002]. Pare dunque che un certo grado di coesione dei partiti sia necessario affinché si possa affermare che il processo democratico funzioni e i partiti rappresentino adeguatamente gli elettori. Naturalmente la coesione dei partiti non è condizione sufficiente a garantire una effettiva rappresentanza: vi sono altri aspetti cruciali, che verranno esaminati nei capitoli successivi. In questa sede ci concentriamo sulla coesione dei partiti italiani, analizzandola come uno degli elementi che consentiranno di tracciare un quadro complessivo della rappresentanza in Italia. Un primo interrogativo che ci poniamo in questo capitolo è quindi se e in quale misura siano coesi i partiti italiani che hanno partecipato alle elezioni del febbraio 2013. Come abbiamo sottolineato, la coesione partitica è rilevante per vari aspetti del rapporto tra cittadini e istituzioni, soprattutto in un sistema parlamentare. In secondo luogo ci chiediamo su quali dimensioni i partiti italiani siano più o meno coesi. Potrebbe infatti darsi che in Italia i partiti siano compatti a proposito di alcune questioni ma non lo siano affatto su altre, o che certi partiti siano particolarmente coesi su un tema ma poco coesi su altri temi. In questo caso, potremmo concludere che in Italia il circuito della rappresentanza funziona bene quando si prendono decisioni su alcuni temi, ma è meno efficiente quando si prendono decisioni su altri argomenti. Un terzo interrogativo di questo capitolo ha invece a che fare con un aspetto più specifico e contingente. In vista delle elezioni del 2013, ben tre dei principali partiti italiani – Partito democratico, Movimento cinque stelle e Sinistra ecologia libertà – hanno selezionato i propri candidati (in tutto o in parte) mediante procedure aperte a cittadini ed elettori. Questa apertura senza precedenti nel quadro italiano ha avuto conseguenze sulla coesione interna dei partiti? Si può sostenere, come spesso si ripete, che i cosiddetti «nominati» siano più allineati alla posizione del proprio partito rispetto ai candidati che sono stati selezionati attraverso le elezioni «primarie» o «parlamentarie»? Nelle pagine che seguono cercheremo di rispondere a questi tre interrogativi utilizzando i dati raccolti nel 2013 nell’ambito dell’Indagine Comparativa sui Candidati (Comparative Candidates Survey, CCS). In particolare, il prossimo paragrafo introduce il tema della coesione partitica affrontandone alcuni importanti aspetti teorici e metodologici. Il terzo paragrafo mostra come si distribuiscono le posizioni politiche dei singoli candidati all’interno dei principali partiti italiani, considerando sia il tradizionale asse di competizione sinistra-destra sia quattro dimensioni di policy specifiche. Nel paragrafo successivo misuriamo la coesione interna a ciascun partito mediante un apposito indice e operiamo confronti tra partiti e tra le diverse dimensioni. L’indice da noi utilizzato consente anche di comparare la coesione dei partiti italiani con quella rilevabile nei partiti degli altri paesi europei. Il quinto paragrafo intende poi rendere conto della variabilità che si osserva nella coesione dei partiti italiani, cercando di stabilire se alcuni fattori come le modalità di selezione dei candidati abbiano influito sul grado di coesione rilevato. Più in generale, al di là delle differenze tra partiti vi possono essere categorie di candidati con preferenze sistematicamente distanti dalla posizione del proprio partito. Alcune considerazioni generali sono contenute nelle conclusioni.
2016
La rappresentanza politica in Italia: Candidati ed elettori nelle elezioni politiche del 2013
179
206
Daniela Giannetti, Andrea Pedrazzani (2016). La coesione dei partiti italiani. Bologna : Il Mulino.
Daniela Giannetti; Andrea Pedrazzani
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