Nella prima metà dell’Ottocento furono due i processi che, profondamente intrecciati l’uno con l’altro, contribuirono a trasformare il Mezzogiorno continentale in un territorio per la prima volta soggetto al pieno controllo dell’apparato statale. Il primo si espresse nella radicale ridefinizione amministrativa dello spazio interno del Regno, così come nella stabilizzazione del suo unico confine di terra, ovvero quello con lo Stato Pontificio. Il secondo si concretizzò invece nell’affinamento delle procedure di sorveglianza delle frontiere e di controllo del movimento delle persone, alle quali venne imposto di munirsi di inediti documenti di riconoscimento individuale nel momento in cui decidevano di mettersi in viaggio. E tuttavia, non si trattò in alcun modo di un processo unilaterale, dal momento che le istituzioni deputate al controllo del territorio, in primo luogo la polizia, furono costantemente poste a confronto con preesistenti pratiche sociali dello spazio, alternativi orizzonti di identificazione individuale e collettiva, o addirittura appropriazioni “creative”, da parte della popolazione, del nuovo tracciato confinario e dei nuovi dispositivi identificativi di matrice francese. Lasciando affiorare dalle carte d’archivio storie di passaporti scambiati e venduti, di creazione e disvelamento di identità fittizie, di controversie territoriali dalle radici secolari, il libro ricostruisce i modi in cui, attraverso un’interazione dialettica tra istituzioni e società, il Mezzogiorno preunitario prese parte a quei processi costitutivi di una moderna statualità, che erano all’epoca in atto su scala europea.

Alla frontiera. Confini e documenti d’identità nel Mezzogiorno continentale preunitario

DI FIORE, LAURA
2013

Abstract

Nella prima metà dell’Ottocento furono due i processi che, profondamente intrecciati l’uno con l’altro, contribuirono a trasformare il Mezzogiorno continentale in un territorio per la prima volta soggetto al pieno controllo dell’apparato statale. Il primo si espresse nella radicale ridefinizione amministrativa dello spazio interno del Regno, così come nella stabilizzazione del suo unico confine di terra, ovvero quello con lo Stato Pontificio. Il secondo si concretizzò invece nell’affinamento delle procedure di sorveglianza delle frontiere e di controllo del movimento delle persone, alle quali venne imposto di munirsi di inediti documenti di riconoscimento individuale nel momento in cui decidevano di mettersi in viaggio. E tuttavia, non si trattò in alcun modo di un processo unilaterale, dal momento che le istituzioni deputate al controllo del territorio, in primo luogo la polizia, furono costantemente poste a confronto con preesistenti pratiche sociali dello spazio, alternativi orizzonti di identificazione individuale e collettiva, o addirittura appropriazioni “creative”, da parte della popolazione, del nuovo tracciato confinario e dei nuovi dispositivi identificativi di matrice francese. Lasciando affiorare dalle carte d’archivio storie di passaporti scambiati e venduti, di creazione e disvelamento di identità fittizie, di controversie territoriali dalle radici secolari, il libro ricostruisce i modi in cui, attraverso un’interazione dialettica tra istituzioni e società, il Mezzogiorno preunitario prese parte a quei processi costitutivi di una moderna statualità, che erano all’epoca in atto su scala europea.
2013
208
Di Fiore, Laura
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