Il rapporto tra autorialità e restauro è il tema messo in luce nella sezione della mostra riguardante le case progettate da Le Corbusier con Pierre Jeanneret su invito di Mies Van der Rohe per l’esposizione Die Wohnung alla Weissenhofsiedlung di Stuttgart (1927). Ai materiali esposti si assegnava il compito di innescare un ragionamento sul passaggio del tempo – dimensione propria dell’architettura dal segno ineludibile – e sulle diverse mani che, oltre a quelle dell’autore, hanno agito e interagito con queste opere, fin dalle prime vicende progettuali. Osservando il loro percorso, il divenire di tali manufatti sembra tuttavia essere stato negato: un tempo ingannevolmente ciclico, dove si tende a forzare una coincidenza tra stato originario e attuale, poco si addice al senso stesso di “monumento” e di “memoria”. L’operazione di confronto critico tra elaborati di progetto, documentazione di cantiere, immagini storiche e fotografie attuali ha permesso di evidenziare che pure i progetti d’autore devono fare i conti con la realtà di cantiere, che le immagini risalenti all’inaugurazione documentano «un tratto così fugace nella vita di edifici rapidamente trasformati dal tempo e dall’uso» e che, per l’opera di Le Corbusier così come per qualsiasi oggetto di tutela che definiamo monumento, ogni attimo significativo dell’esistenza dell’edificio costituisce un contributo, stratificato nella sua fisicità, offerto alla storia.

Non è un'architettura per vecchi. Della negazione del tempo nei restauri alla Weissenhofsiedlung di Stuttgart

FAVARETTO, GIULIA;SIGNORELLI, LEILA
2016

Abstract

Il rapporto tra autorialità e restauro è il tema messo in luce nella sezione della mostra riguardante le case progettate da Le Corbusier con Pierre Jeanneret su invito di Mies Van der Rohe per l’esposizione Die Wohnung alla Weissenhofsiedlung di Stuttgart (1927). Ai materiali esposti si assegnava il compito di innescare un ragionamento sul passaggio del tempo – dimensione propria dell’architettura dal segno ineludibile – e sulle diverse mani che, oltre a quelle dell’autore, hanno agito e interagito con queste opere, fin dalle prime vicende progettuali. Osservando il loro percorso, il divenire di tali manufatti sembra tuttavia essere stato negato: un tempo ingannevolmente ciclico, dove si tende a forzare una coincidenza tra stato originario e attuale, poco si addice al senso stesso di “monumento” e di “memoria”. L’operazione di confronto critico tra elaborati di progetto, documentazione di cantiere, immagini storiche e fotografie attuali ha permesso di evidenziare che pure i progetti d’autore devono fare i conti con la realtà di cantiere, che le immagini risalenti all’inaugurazione documentano «un tratto così fugace nella vita di edifici rapidamente trasformati dal tempo e dall’uso» e che, per l’opera di Le Corbusier così come per qualsiasi oggetto di tutela che definiamo monumento, ogni attimo significativo dell’esistenza dell’edificio costituisce un contributo, stratificato nella sua fisicità, offerto alla storia.
2016
Le Corbusier Sette Architetture. Conoscenza e conservazione dell'architettura del XX secolo
83
96
G. Favaretto; L. Signorelli
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