Un passé qui ne passe pas: l’operatori pari dans les centres d’hébergement

Il contributo mette a confronto, a partire da venti interviste semistrutturate e un’osservazione diretta, diverse esperienze di impiego di “operatori pari”, ovvero persone che hanno vissuto l'esperienza della strada e che hanno trovato un impiego come operatori sociali nell'ambito di servizi volti all'accoglienza di persone senza dimora. Nell'ambito del lavoro sociale, in particolare nei servizi a bassa soglia, è maturata la consapevolezza che le sole risorse professionali non sono sufficienti. Il contributo evidenzia che il sapere "esperienziale", affiancato al sapere "professionale", introduce un nuovo punto di vista nei servizi, favorendo la progettazione di innovativi interventi sociali. La capacità dell'operatore pari di "accorciare le distanze" e di "stare con le persone" facilita la comunicazione e l'avvio di percorsi di empowerment della persona che si avvicina con diffidenza o non si avvicina al servizio. Nel passaggio a operatore pari interviene una discontinuità biografica che nella vita della persona dà inizio ad una nuova carriera e gli assegna una nuova identità sociale e personale. Questa figura professionale di confine fa del proprio stigma (passato) e della sua gestione una professione che diventa la base per una nuova definizione di sè. L'identità sociale passata di senza dimora e la nuova identità professionale sono strettamente intrecciate e legate in modo indissolubile. Ci si interroga inoltre sul posto che occupa il lavoro, sempre precario e scarsamente retribuito, nelle traiettorie biografiche di questi ex-senza dimora e sul rapporto con gli altri operatori.