Piaccia o non piaccia i beni culturali, nel nostro paese, sono ancora ad appannaggio (quasi) esclusivo della pubblica amministrazione. Giusto o sbagliato che sia, all’interno di questa, un ruolo fondamentale è ancora svolto dall’apparato centrale, cioè dal Ministero e dal suo complesso apparato periferico di soprintendenze. Le sorti del patrimonio culturale italiano non possono dunque essere disgiunte, né a livello normativo né a livello operativo né a livello d’analisi, da quelle del sistema pubblico nel suo complesso, e dal potente fenomeno di “managerializzazione” che lo ha recentemente investito (fenomeno, questo, di portata internazionale). Partendo da queste considerazioni, il volume ripercorre i principali interventi di riforma che hanno caratterizzato il settore dei beni culturali nel nostro paese, analizzando in ottica da studioso di management il complesso funzionamento delle soprintendenze ed alcuni recenti fenomeni di cambiamento che le hanno riguardate, tra cui segnatamente la costituzione di poli museali dotati di autonomia ed l’introduzione di un sistema di controllo di gestione. Ciò che emerge dalla ricerca sul campo, affiancata da una solida analisi teorica, è un quadro altamente contraddittorio in cui il linguaggio giuridico, manageriale e curatoriale dialogano con estrema difficoltà compromettendo seriamente la capacità delle amministrazioni di tutelare e gestire efficacemente il patrimonio culturale del paese. Ben più promettenti invece le soluzioni trovate nel contesto francese, a cui il volume dedica uno specifico capitolo, che suggeriscono l’importanza di un processo di cambiamento maggiormente partecipativo ed attento non solo alla definizione di nuovi obiettivi ma anche alla determinazione delle risorse necessarie al loro raggiungimento.
Bonini Baraldi S. (2007). Management, beni culturali e pubblica amministrazione. MILANO : Franco Angeli.
Management, beni culturali e pubblica amministrazione
BONINI BARALDI, SARA
2007
Abstract
Piaccia o non piaccia i beni culturali, nel nostro paese, sono ancora ad appannaggio (quasi) esclusivo della pubblica amministrazione. Giusto o sbagliato che sia, all’interno di questa, un ruolo fondamentale è ancora svolto dall’apparato centrale, cioè dal Ministero e dal suo complesso apparato periferico di soprintendenze. Le sorti del patrimonio culturale italiano non possono dunque essere disgiunte, né a livello normativo né a livello operativo né a livello d’analisi, da quelle del sistema pubblico nel suo complesso, e dal potente fenomeno di “managerializzazione” che lo ha recentemente investito (fenomeno, questo, di portata internazionale). Partendo da queste considerazioni, il volume ripercorre i principali interventi di riforma che hanno caratterizzato il settore dei beni culturali nel nostro paese, analizzando in ottica da studioso di management il complesso funzionamento delle soprintendenze ed alcuni recenti fenomeni di cambiamento che le hanno riguardate, tra cui segnatamente la costituzione di poli museali dotati di autonomia ed l’introduzione di un sistema di controllo di gestione. Ciò che emerge dalla ricerca sul campo, affiancata da una solida analisi teorica, è un quadro altamente contraddittorio in cui il linguaggio giuridico, manageriale e curatoriale dialogano con estrema difficoltà compromettendo seriamente la capacità delle amministrazioni di tutelare e gestire efficacemente il patrimonio culturale del paese. Ben più promettenti invece le soluzioni trovate nel contesto francese, a cui il volume dedica uno specifico capitolo, che suggeriscono l’importanza di un processo di cambiamento maggiormente partecipativo ed attento non solo alla definizione di nuovi obiettivi ma anche alla determinazione delle risorse necessarie al loro raggiungimento.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.