Il lavoro indagare la persistenza di tratti tipici del “linguaggio autoritario” nella lingua dei nuovi politici italiani che affidano la costruzione del consenso a un carisma di tipo “orizzontale”, non più basato sull’autorevolezza dei “padri” (in accordo con la metafora della “rottamazione”), né sulla forza corrosiva dell’antipolitica, ma su una visione positiva della giovinezza e del futuro. Oggetto d'analisi è il discorso di insediamento del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che, pur nel suo carattere istituzionale, presenta aspetti di informalità (come la scelta di parlare a braccio, usando un linguaggio di franchezza al limite della brutalità), di apertura verso i cittadini (sottolineata dalla frequenza dell’avverbio fuori, opposto al qui dell’Aula e dei Palazzi) e di distanza rispetto ai rituali tipici del genere, evidente fin dalla rinuncia al saluto deferente al Presidente della Repubblica e dall’abbandono degli argomenti di autorità (la citazione dei padri della Repubblica o dei principi della Costituzione). Rilevanti anche le novità lessicali ("urgenza", "coraggio", "bellezza" ecc.). Al di là di questi aspetti di novità, permangono nel testo elementi tipici dei discorsi programmatici, e in generale della lingua della politica della Seconda Repubblica. Incontriamo così opposizioni binarie centrate sulla semantica dell’impegno etico rivolto al futuro ("responsabilità" opposta ad "alibi" e "scuse"; "fatti" contro "parole" ecc.). Attestate anche tecniche di personalizzazione del discorso e di 'aggancio' dell'interlocutore affidate all’uso della deissi ("Noi oggi qui…"), alle interrogative didascaliche ("Basta? No, non basta") e retoriche ("Ma davvero…?"). L’analisi della tessitura retorica del discorso rivela il persistere di altre strategie tipiche del linguaggio autoritario, come le correzioni, le anafore, le anadiplosi, le misure ternarie o il polittoto temporale (questi ultimi combinati nella frase "Pensiamo, pensavamo e penseremo…"). Anche la brevitas sintattica, che sfocia spesso nello slogan, nella battuta, nel tweet, contribuisce del resto all’effetto di verità del discorso. Significativa inoltre la strategia di costruzione del proprio personaggio, che da un lato si affida a citazioni pop ("non ho l’età") e a espressioni metaforiche colloquiali ("mettersi in gioco", "metterci la faccia" ecc.), dall’altro alterna prima persona singolare e prima persona plurale (interpretabile ora come noi maiestatis, ora come noi inclusivo o esclusivo) e varia il punto di vista enunciativo (identificandosi di volta in volta con il capo del Governo, il capo di un partito politico, il sindaco di una città), con l’effetto di aumentare la propria multiforme autorità nel reclamare la responsabilità di guidare il Paese. Il lavoro si inserisce in una riflessione più ampia sul linguaggio autoritario.Un'anticipazione dei risultati di questo lavoro è stata presentata nel gennaio 2015 sottoforma di breve articolo nell'ambito di uno Speciale Treccani Lingua Treccani, dal titolo "Parola di leader. Strategie del linguaggio politico in Italia".
De Santis, C. (2016). "Pensiamo, pensavamo e penseremo": strategie di costruzione dell'autorità nel discorso dei nuovi leader. Firenze : Franco Cesati.
"Pensiamo, pensavamo e penseremo": strategie di costruzione dell'autorità nel discorso dei nuovi leader
DE SANTIS, CRISTIANA
2016
Abstract
Il lavoro indagare la persistenza di tratti tipici del “linguaggio autoritario” nella lingua dei nuovi politici italiani che affidano la costruzione del consenso a un carisma di tipo “orizzontale”, non più basato sull’autorevolezza dei “padri” (in accordo con la metafora della “rottamazione”), né sulla forza corrosiva dell’antipolitica, ma su una visione positiva della giovinezza e del futuro. Oggetto d'analisi è il discorso di insediamento del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che, pur nel suo carattere istituzionale, presenta aspetti di informalità (come la scelta di parlare a braccio, usando un linguaggio di franchezza al limite della brutalità), di apertura verso i cittadini (sottolineata dalla frequenza dell’avverbio fuori, opposto al qui dell’Aula e dei Palazzi) e di distanza rispetto ai rituali tipici del genere, evidente fin dalla rinuncia al saluto deferente al Presidente della Repubblica e dall’abbandono degli argomenti di autorità (la citazione dei padri della Repubblica o dei principi della Costituzione). Rilevanti anche le novità lessicali ("urgenza", "coraggio", "bellezza" ecc.). Al di là di questi aspetti di novità, permangono nel testo elementi tipici dei discorsi programmatici, e in generale della lingua della politica della Seconda Repubblica. Incontriamo così opposizioni binarie centrate sulla semantica dell’impegno etico rivolto al futuro ("responsabilità" opposta ad "alibi" e "scuse"; "fatti" contro "parole" ecc.). Attestate anche tecniche di personalizzazione del discorso e di 'aggancio' dell'interlocutore affidate all’uso della deissi ("Noi oggi qui…"), alle interrogative didascaliche ("Basta? No, non basta") e retoriche ("Ma davvero…?"). L’analisi della tessitura retorica del discorso rivela il persistere di altre strategie tipiche del linguaggio autoritario, come le correzioni, le anafore, le anadiplosi, le misure ternarie o il polittoto temporale (questi ultimi combinati nella frase "Pensiamo, pensavamo e penseremo…"). Anche la brevitas sintattica, che sfocia spesso nello slogan, nella battuta, nel tweet, contribuisce del resto all’effetto di verità del discorso. Significativa inoltre la strategia di costruzione del proprio personaggio, che da un lato si affida a citazioni pop ("non ho l’età") e a espressioni metaforiche colloquiali ("mettersi in gioco", "metterci la faccia" ecc.), dall’altro alterna prima persona singolare e prima persona plurale (interpretabile ora come noi maiestatis, ora come noi inclusivo o esclusivo) e varia il punto di vista enunciativo (identificandosi di volta in volta con il capo del Governo, il capo di un partito politico, il sindaco di una città), con l’effetto di aumentare la propria multiforme autorità nel reclamare la responsabilità di guidare il Paese. Il lavoro si inserisce in una riflessione più ampia sul linguaggio autoritario.Un'anticipazione dei risultati di questo lavoro è stata presentata nel gennaio 2015 sottoforma di breve articolo nell'ambito di uno Speciale Treccani Lingua Treccani, dal titolo "Parola di leader. Strategie del linguaggio politico in Italia".I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.