Prefazione di Serena Rossi, Professore Ordinario di Psicologia Dinamica, Università di Urbino In queste pagine Fiorella Monti conduce un esame radicale, critico ed elogiativo del corpus della teoria psicologica dello sviluppo del bambino, individuandone anche incoerenze ed aspetti paradossali che inevitabilmente emergono quando si sottopone ad un esame preciso ed attento un sistema teorico tanto complesso. Tuttavia la lettura critica che l’autrice compie dell’Infant Research è sempre costruttiva; ne riconosce l’originalità e ne sottolinea i punti cardini e l’importanza; mira ad illustrarne la portata scientifica e individua i momenti storici nei quali si rintraccia l’obiettivo di creare una teoria della persona che comprenda l’aspetto sociale e conservi il legame con la teoria psicoanalitica. Il bambino fin dalla nascita partecipa ad un sistema interattivo carico di emozioni, al quale apporta il suo contributo originale e dal quale riceve una risposta corrispondente; di qui la creazione di quella specifica struttura individuo-ambiente, unica e irripetibile. Il “giardino della mente” richiede una cura continua e un’attenzione devota; solo attraverso questa il bambino inizierà a condividere i propri affetti, a contenere angosce e paure, desideri e speranze. Infatti, se gli elementi sensoriali non ancora mentalizzati, non fossero accolti e trasformati dalla mente di un “giardiniere”, andrebbero alla deriva; è proprio la cura dei bambini, permeata dalla comprensione empatica, dalla sensibilità, dalle strategie che fanno leva sulle loro risorse e fronteggiano la complessità dello sviluppo, che pone le condizioni essenziali alla loro crescita. Fiorella Monti prende in attenta considerazione ed espone con ammirevole chiarezza, gli aspetti strutturali della formazione della personalità infantile secondo la teoria psicoanalitica, con riferimenti ad Autori classici a partire da Freud, come Winnicott, Bion, e ad Autori contemporanei come Ogden, Vallino, Ferro; la psicoanalisi infatti, soprattutto il vertice della teoria delle relazioni oggettuali, e l’Infant Research con l’apporto di Brazelton, Stern, Tronick, Beebe, ed altri, costituiscono i punti di riferimenti del suo lavoro. Particolarmente originale la sua discussione del lavoro “Osservare, osservare e tornare ad osservare” dove mette in evidenza la complessità del compito educativo e psicologico, l’importanza del rispetto della “giusta” distanza, nella quale l’intimità emotiva non confonde e non fonde il mondo psichico del bambino con quello dell’adulto, che più spesso interagirà e si prenderà cura di lui. È il lavoro della madre e degli adulti, che al nido si occupano del bambino piccolo, quindi, che attribuirà un significato alle emozioni ‘senza nome’, permettendone così la tolleranza prima e favorendo la capacità di pensiero autonomo poi. Ancora una volta lo sguardo dell’Autrice si posa sul movimento dal pensiero soggettivo al pensiero intersoggettivo, quando la figura significativa in relazione è capace di offrire al bambino uno spazio mentale aperto, dando senso e significato ai pensieri appena pensati o ancora in cerca di un pensatore. Accrescere questa capacità di costante condivisione e rispecchiamento in quanti si prendono cura dei bambini, soprattutto nei primi fondamentali anni di vita, permette la percezione e la creazione di uno spazio e di un tempo più creativi, perché condivisi. Il testo si arricchisce dei risultati di numerose osservazioni dirette e delle espressioni grafiche dei bambini al nido, restituendo un servizio prezioso a quanti, in ruoli diversi, si prendono cura di loro, offrendo altresì la possibilità di apprezzare empiricamente il pensiero dei più importanti studiosi che hanno affrontato la nascita psichica e affettiva del bambino. Chi si occupa di Psicoanalisi Infantile e di Infant Research apprezzerà l’esposizione qualificata e puntuale con la quale Fiorella Monti descrive il legame fra la teoria psicoanalitica e la ricerca sullo sviluppo infantile e come tale legame si riverberi e si arricchisca nel processo dell’osservazione partecipe al nido. Gli studiosi, i docenti e gli studenti troveranno in queste pagine l’opportunità di esaminare la base teorica e pratica della capacità del bambino di essere in relazione-con, affrontata nel capitolo terzo che ne fornisce una descrizione notevole per capacità di sintesi. L’entusiasmo che traspare dalla esposizione del lavoro rende ampiamente fruibile un argomento tanto complesso, e la maestria con cui è trattato svela la dedizione di tanti anni di attento e scrupoloso lavoro dell’Autrice. Premessa di Fiorella Monti Se compare un pensiero senza pensatore, può essere un pensiero randagio o un pensiero con su scritto sopra il nome e l’indirizzo del possessore, o potrebbe anche essere un pensiero selvatico. Il problema, dovesse mai comparire un pensiero del genere, è cosa farne. Naturalmente se è un pensiero selvatico, si potrebbe cercare di addomesticarlo. Affronterò più avanti la questione di come si possa cercare di farlo. Se c’è attaccato il nome e l’indirizzo del possessore, glielo si potrebbe restituire o gli si potrebbe dire che il suo pensiero ce lo abbiamo noi, e che può venire a riprenderselo quando ne ha voglia. Oppure, naturalmente, lo si potrebbe trafugare e sperare che il possessore se ne dimentichi o non si accorga del furto, e che ci si possa tenere quell’idea tutta per noi. Se il possessore è disposto a lasciarcelo o se ci si è resi conto che abbiamo ben diritto di tenercelo, allora dovremmo insegnarli in che modo funzionare e educarlo in modo che diventi più simile, per abitudini, agli altri pensieri che abitano la nostra mente e ai pensieri della comunità di cui siamo membri, in modo tale che sia gradualmente assimilato e diventi parte costitutiva della totalità del gruppo o della persona in cui quel pensiero ha da continuare la sua esistenza (Bion, 1997, tr.it. 1998, p.41). I pensieri sono quindi, in “attesa” di un pensatore che li pensi e li renda disponibili; i più elementari, “pensieri non pensati”, “esperienze sensoriali aventi a che fare con un’esperienza emotiva” (Bion, 1962, p.45), sono trasformati in elementi di pensiero, attraverso una donazione di senso e di coerenza: la crescita del pensiero è quindi legato a un continuo e complesso processo di trasformazione e transito da idee sparse e informi a forme vive. Ma per essere “addomesticati” i pensieri devono prima essere “alloggiati”, devono trovare una casa che li accolga. Ho preso a prestito la congettura immaginativa di Bion per pensare alle scalate dei pensieri infantili alla ricerca sia di alloggio e di ristoro sia di nuovi percorsi, scalate alle quali ho assistito con stupita meraviglia e a volte, purtroppo, con dolorosa incertezza, durante i lunghi anni di formatore all’osservazione partecipe, secondo il modello dell’infant observation, per educatrici di asilo nido. L’obiettivo dell’apprendimento all’osservazione psicoanalitica è conoscere lo sviluppo emotivo del bambino inserito in un contesto specifico, reale, e trarre insegnamento dalla propria risposta, mentale ed emotiva, alle osservazioni” (Monti, 1995, pp.23-24). Così scrivevo in “Percorsi osservativi di formazione e informazione nei Servizi per l’Infanzia”, uno dei miei primi testi, cercando di intrecciare le esperienze di diversi viaggiatori, psicologi, pedagogisti, insegnanti, esperienze che pur nelle loro peculiarità, avevano ed hanno un obiettivo in comune: cogliere i segnali di un bambino piccolo nella sua unicità e in continuum con la sua vita familiare e sociale. Come compagne di viaggio, nel mondo del Nido, ho avuto due colleghe psicopedagogiste, entrambe particolarmente competenti ed attente all’intreccio del filo pedagogico e psicologico, emotivo e cognitivo, e soprattutto consapevoli dell’importanza del Nido come “casa dei pensieri”: Barbara Luppi, per molti anni, e Fabiola Crudeli, per circa vent’anni. Con la prima abbiamo esplorato alcuni territori del modenese , scrivendo due “diari” di viaggio, “Itinerari di ascolto al nido” (2001) e “Lo scarabocchio al nido” (2005), cercando di trasmettere una memoria viva dei segnali e dei segni che i bambini e le loro educatrici ci avevano dato, per ripensare e riflettere sull’asilo nido come sistema ambientale che protegge e favorisce la crescita dei primi e appassionanti “abbozzi” di pensiero. Con Fabiola Crudeli, le escursioni erano cominciate molto tempo prima, e continuano tuttora, nei territori romagnoli : dopo il libro del 1995, altri testi hanno narrato i nostri percorsi di ricerca sull’osservazione della crescita mentale nei primi anni di vita: “Il gioco del pensiero” (1996), “Lo spazio narrativo: la fiaba e il gioco” (1999), “Il nido: lo spazio e il tempo delle emozioni” (2004). Il Nido è stato così pensato e narrato come uno “spazio-tempo di ascolto ricettivo e partecipe”, dove i legami affettivi tra genitori, educatori e bambini costituiscono la base di partenza per le “temerarie” escursioni di andata e di ritorno dello sviluppo infantile. La complessità della crescita di ogni singolo bambino richiede uno spazio e un tempo “opportuno”, cioè uno spazio che vede l’adulto responsabile della giusta vicinanza-distanza, e nello stesso tempo di un timing permeato di intimità affettuosa e rispettosa. Abbiamo osservato entrate ed uscite, momenti del gioco e del sonno, attività libere e strutturate, individuali e di gruppo: nei nostri modi di pensare e nei nostri ruoli (educatrice, pedagogista, psicologa) si è riversato un caleidoscopio di congetture immaginative e razionali che a volte hanno innescato difese, ma spesso hanno portato alla condivisione della complessità e della bellezza della crescita dei pensieri di ogni bambino, nella sua forza e nella sua fragilità. Eccomi allora […] seduta sulla sponda di un fiume una o due settimane fa in una bella giornata di ottobre, assorta nei miei pensieri […]I miei pensieri - per chiamarli con un nome più altisonante di quanto meritassero - avevano gettato la lenza nella corrente. Essa ondeggiava, minuto dopo minuto, qua e là, tra i riverberi e le alghe, lasciando che l’acqua la sollevasse e l’affondasse finché - conoscete il piccolo strappo, l’improvvisa conglomerazione di un’idea alla fine della sua lenza, e poi il cauto tirarla su e l’attento adagiarla fuori dell’acqua? Ahimè, adagiato sull’erba come appariva piccolo e insignificante il mio pensiero; il tipo di pesce che il bravo pescatore butta di nuovo nell’acqua perché si possa ingrassare e valga la pena un giorno di cuocerlo e mangiarlo […] Tuttavia, per quanto fosse piccolo, possedeva, nondimeno, quella misteriosa caratteristica che è propria della sua specie: riportato nella mente, divenne subito molto eccitante e molto importante; e guizzando e poi lasciandosi cadere, e lampeggiando qua e là, creò un tale turbine e tumulto di idee, che fu impossibile rimanere seduta (Woolf, 1929, tr.it. 1995, pp.23-24). Dopo tanti anni ho sentito il bisogno di mettere un po’ di ordine mio personale al “turbinio” di pensieri e alle riflessioni di tutti questi anni: ho ripreso così i miei scritti, “rimpastandoli” con nuovi “ingredienti”, derivati dal mio lavoro clinico e di ricerca e dai contributi di tanti altri studiosi. Spero che la ricostruzione possa essere un ulteriore contributo alla rilevanza sia degli studi teorici e clinici sulla prima infanzia secondo un modello psicodinamico sia dell’osservazione psicoanalitica applicata al contesto dell’asilo Nido. L’osservazione, come già hanno rilevato Brutti e Scotti (2002), permette di individuare ciò che sta accadendo, ciò che sta cambiando negli individui e nelle istituzioni, ed è quindi una continua ed impegnativa scalata per tutti. Rimane ferma, in questo mio lungo viaggio, la gratitudine verso le colleghe e soprattutto verso i bambini e le loro insegnanti. I bambini s’incontrano/sulla spiaggia di mondi senza fine (Tagore, 1913)

Osservare al Nido. Pensieri in cerca di un Pensatore / Fiorella Monti. - STAMPA. - (2014), pp. 1-161.

Osservare al Nido. Pensieri in cerca di un Pensatore

MONTI, FIORELLA
2014

Abstract

Prefazione di Serena Rossi, Professore Ordinario di Psicologia Dinamica, Università di Urbino In queste pagine Fiorella Monti conduce un esame radicale, critico ed elogiativo del corpus della teoria psicologica dello sviluppo del bambino, individuandone anche incoerenze ed aspetti paradossali che inevitabilmente emergono quando si sottopone ad un esame preciso ed attento un sistema teorico tanto complesso. Tuttavia la lettura critica che l’autrice compie dell’Infant Research è sempre costruttiva; ne riconosce l’originalità e ne sottolinea i punti cardini e l’importanza; mira ad illustrarne la portata scientifica e individua i momenti storici nei quali si rintraccia l’obiettivo di creare una teoria della persona che comprenda l’aspetto sociale e conservi il legame con la teoria psicoanalitica. Il bambino fin dalla nascita partecipa ad un sistema interattivo carico di emozioni, al quale apporta il suo contributo originale e dal quale riceve una risposta corrispondente; di qui la creazione di quella specifica struttura individuo-ambiente, unica e irripetibile. Il “giardino della mente” richiede una cura continua e un’attenzione devota; solo attraverso questa il bambino inizierà a condividere i propri affetti, a contenere angosce e paure, desideri e speranze. Infatti, se gli elementi sensoriali non ancora mentalizzati, non fossero accolti e trasformati dalla mente di un “giardiniere”, andrebbero alla deriva; è proprio la cura dei bambini, permeata dalla comprensione empatica, dalla sensibilità, dalle strategie che fanno leva sulle loro risorse e fronteggiano la complessità dello sviluppo, che pone le condizioni essenziali alla loro crescita. Fiorella Monti prende in attenta considerazione ed espone con ammirevole chiarezza, gli aspetti strutturali della formazione della personalità infantile secondo la teoria psicoanalitica, con riferimenti ad Autori classici a partire da Freud, come Winnicott, Bion, e ad Autori contemporanei come Ogden, Vallino, Ferro; la psicoanalisi infatti, soprattutto il vertice della teoria delle relazioni oggettuali, e l’Infant Research con l’apporto di Brazelton, Stern, Tronick, Beebe, ed altri, costituiscono i punti di riferimenti del suo lavoro. Particolarmente originale la sua discussione del lavoro “Osservare, osservare e tornare ad osservare” dove mette in evidenza la complessità del compito educativo e psicologico, l’importanza del rispetto della “giusta” distanza, nella quale l’intimità emotiva non confonde e non fonde il mondo psichico del bambino con quello dell’adulto, che più spesso interagirà e si prenderà cura di lui. È il lavoro della madre e degli adulti, che al nido si occupano del bambino piccolo, quindi, che attribuirà un significato alle emozioni ‘senza nome’, permettendone così la tolleranza prima e favorendo la capacità di pensiero autonomo poi. Ancora una volta lo sguardo dell’Autrice si posa sul movimento dal pensiero soggettivo al pensiero intersoggettivo, quando la figura significativa in relazione è capace di offrire al bambino uno spazio mentale aperto, dando senso e significato ai pensieri appena pensati o ancora in cerca di un pensatore. Accrescere questa capacità di costante condivisione e rispecchiamento in quanti si prendono cura dei bambini, soprattutto nei primi fondamentali anni di vita, permette la percezione e la creazione di uno spazio e di un tempo più creativi, perché condivisi. Il testo si arricchisce dei risultati di numerose osservazioni dirette e delle espressioni grafiche dei bambini al nido, restituendo un servizio prezioso a quanti, in ruoli diversi, si prendono cura di loro, offrendo altresì la possibilità di apprezzare empiricamente il pensiero dei più importanti studiosi che hanno affrontato la nascita psichica e affettiva del bambino. Chi si occupa di Psicoanalisi Infantile e di Infant Research apprezzerà l’esposizione qualificata e puntuale con la quale Fiorella Monti descrive il legame fra la teoria psicoanalitica e la ricerca sullo sviluppo infantile e come tale legame si riverberi e si arricchisca nel processo dell’osservazione partecipe al nido. Gli studiosi, i docenti e gli studenti troveranno in queste pagine l’opportunità di esaminare la base teorica e pratica della capacità del bambino di essere in relazione-con, affrontata nel capitolo terzo che ne fornisce una descrizione notevole per capacità di sintesi. L’entusiasmo che traspare dalla esposizione del lavoro rende ampiamente fruibile un argomento tanto complesso, e la maestria con cui è trattato svela la dedizione di tanti anni di attento e scrupoloso lavoro dell’Autrice. Premessa di Fiorella Monti Se compare un pensiero senza pensatore, può essere un pensiero randagio o un pensiero con su scritto sopra il nome e l’indirizzo del possessore, o potrebbe anche essere un pensiero selvatico. Il problema, dovesse mai comparire un pensiero del genere, è cosa farne. Naturalmente se è un pensiero selvatico, si potrebbe cercare di addomesticarlo. Affronterò più avanti la questione di come si possa cercare di farlo. Se c’è attaccato il nome e l’indirizzo del possessore, glielo si potrebbe restituire o gli si potrebbe dire che il suo pensiero ce lo abbiamo noi, e che può venire a riprenderselo quando ne ha voglia. Oppure, naturalmente, lo si potrebbe trafugare e sperare che il possessore se ne dimentichi o non si accorga del furto, e che ci si possa tenere quell’idea tutta per noi. Se il possessore è disposto a lasciarcelo o se ci si è resi conto che abbiamo ben diritto di tenercelo, allora dovremmo insegnarli in che modo funzionare e educarlo in modo che diventi più simile, per abitudini, agli altri pensieri che abitano la nostra mente e ai pensieri della comunità di cui siamo membri, in modo tale che sia gradualmente assimilato e diventi parte costitutiva della totalità del gruppo o della persona in cui quel pensiero ha da continuare la sua esistenza (Bion, 1997, tr.it. 1998, p.41). I pensieri sono quindi, in “attesa” di un pensatore che li pensi e li renda disponibili; i più elementari, “pensieri non pensati”, “esperienze sensoriali aventi a che fare con un’esperienza emotiva” (Bion, 1962, p.45), sono trasformati in elementi di pensiero, attraverso una donazione di senso e di coerenza: la crescita del pensiero è quindi legato a un continuo e complesso processo di trasformazione e transito da idee sparse e informi a forme vive. Ma per essere “addomesticati” i pensieri devono prima essere “alloggiati”, devono trovare una casa che li accolga. Ho preso a prestito la congettura immaginativa di Bion per pensare alle scalate dei pensieri infantili alla ricerca sia di alloggio e di ristoro sia di nuovi percorsi, scalate alle quali ho assistito con stupita meraviglia e a volte, purtroppo, con dolorosa incertezza, durante i lunghi anni di formatore all’osservazione partecipe, secondo il modello dell’infant observation, per educatrici di asilo nido. L’obiettivo dell’apprendimento all’osservazione psicoanalitica è conoscere lo sviluppo emotivo del bambino inserito in un contesto specifico, reale, e trarre insegnamento dalla propria risposta, mentale ed emotiva, alle osservazioni” (Monti, 1995, pp.23-24). Così scrivevo in “Percorsi osservativi di formazione e informazione nei Servizi per l’Infanzia”, uno dei miei primi testi, cercando di intrecciare le esperienze di diversi viaggiatori, psicologi, pedagogisti, insegnanti, esperienze che pur nelle loro peculiarità, avevano ed hanno un obiettivo in comune: cogliere i segnali di un bambino piccolo nella sua unicità e in continuum con la sua vita familiare e sociale. Come compagne di viaggio, nel mondo del Nido, ho avuto due colleghe psicopedagogiste, entrambe particolarmente competenti ed attente all’intreccio del filo pedagogico e psicologico, emotivo e cognitivo, e soprattutto consapevoli dell’importanza del Nido come “casa dei pensieri”: Barbara Luppi, per molti anni, e Fabiola Crudeli, per circa vent’anni. Con la prima abbiamo esplorato alcuni territori del modenese , scrivendo due “diari” di viaggio, “Itinerari di ascolto al nido” (2001) e “Lo scarabocchio al nido” (2005), cercando di trasmettere una memoria viva dei segnali e dei segni che i bambini e le loro educatrici ci avevano dato, per ripensare e riflettere sull’asilo nido come sistema ambientale che protegge e favorisce la crescita dei primi e appassionanti “abbozzi” di pensiero. Con Fabiola Crudeli, le escursioni erano cominciate molto tempo prima, e continuano tuttora, nei territori romagnoli : dopo il libro del 1995, altri testi hanno narrato i nostri percorsi di ricerca sull’osservazione della crescita mentale nei primi anni di vita: “Il gioco del pensiero” (1996), “Lo spazio narrativo: la fiaba e il gioco” (1999), “Il nido: lo spazio e il tempo delle emozioni” (2004). Il Nido è stato così pensato e narrato come uno “spazio-tempo di ascolto ricettivo e partecipe”, dove i legami affettivi tra genitori, educatori e bambini costituiscono la base di partenza per le “temerarie” escursioni di andata e di ritorno dello sviluppo infantile. La complessità della crescita di ogni singolo bambino richiede uno spazio e un tempo “opportuno”, cioè uno spazio che vede l’adulto responsabile della giusta vicinanza-distanza, e nello stesso tempo di un timing permeato di intimità affettuosa e rispettosa. Abbiamo osservato entrate ed uscite, momenti del gioco e del sonno, attività libere e strutturate, individuali e di gruppo: nei nostri modi di pensare e nei nostri ruoli (educatrice, pedagogista, psicologa) si è riversato un caleidoscopio di congetture immaginative e razionali che a volte hanno innescato difese, ma spesso hanno portato alla condivisione della complessità e della bellezza della crescita dei pensieri di ogni bambino, nella sua forza e nella sua fragilità. Eccomi allora […] seduta sulla sponda di un fiume una o due settimane fa in una bella giornata di ottobre, assorta nei miei pensieri […]I miei pensieri - per chiamarli con un nome più altisonante di quanto meritassero - avevano gettato la lenza nella corrente. Essa ondeggiava, minuto dopo minuto, qua e là, tra i riverberi e le alghe, lasciando che l’acqua la sollevasse e l’affondasse finché - conoscete il piccolo strappo, l’improvvisa conglomerazione di un’idea alla fine della sua lenza, e poi il cauto tirarla su e l’attento adagiarla fuori dell’acqua? Ahimè, adagiato sull’erba come appariva piccolo e insignificante il mio pensiero; il tipo di pesce che il bravo pescatore butta di nuovo nell’acqua perché si possa ingrassare e valga la pena un giorno di cuocerlo e mangiarlo […] Tuttavia, per quanto fosse piccolo, possedeva, nondimeno, quella misteriosa caratteristica che è propria della sua specie: riportato nella mente, divenne subito molto eccitante e molto importante; e guizzando e poi lasciandosi cadere, e lampeggiando qua e là, creò un tale turbine e tumulto di idee, che fu impossibile rimanere seduta (Woolf, 1929, tr.it. 1995, pp.23-24). Dopo tanti anni ho sentito il bisogno di mettere un po’ di ordine mio personale al “turbinio” di pensieri e alle riflessioni di tutti questi anni: ho ripreso così i miei scritti, “rimpastandoli” con nuovi “ingredienti”, derivati dal mio lavoro clinico e di ricerca e dai contributi di tanti altri studiosi. Spero che la ricostruzione possa essere un ulteriore contributo alla rilevanza sia degli studi teorici e clinici sulla prima infanzia secondo un modello psicodinamico sia dell’osservazione psicoanalitica applicata al contesto dell’asilo Nido. L’osservazione, come già hanno rilevato Brutti e Scotti (2002), permette di individuare ciò che sta accadendo, ciò che sta cambiando negli individui e nelle istituzioni, ed è quindi una continua ed impegnativa scalata per tutti. Rimane ferma, in questo mio lungo viaggio, la gratitudine verso le colleghe e soprattutto verso i bambini e le loro insegnanti. I bambini s’incontrano/sulla spiaggia di mondi senza fine (Tagore, 1913)
2014
161
978-88-98874-08-8
Osservare al Nido. Pensieri in cerca di un Pensatore / Fiorella Monti. - STAMPA. - (2014), pp. 1-161.
Fiorella Monti
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