Riferendosi a Konstantin Vaginov, eclettico scrittore che gravitava attorno alla nebulosa avanguardista oberiuta, si potrebbe parlare di un’autentica “poetica della fantasmagoria”. Infatti, servendosi del filo rosso del collezionismo, l’autore propone nei suoi romanzi una vera e propria doppia sfida, lanciata sia alla tradizione russa, sia alla nascente “tradizione” sovietica. Una competizione, questa, alimentata anche da un procedimento di traduzione culturale: in particolare, diversi oggetti legati alla lontana civiltà giapponese entrano nelle sue opere, diventando non solo parte integrante dell’elemento culturalmente sovversivo per eccellenza, la collezione, ma svolgendo anche una funzione descrittiva, come avviene nel caso del personaggio Teptelkin in "Il canto del capro" (Kozlinaja Pesn’, 1927). Questi oggetti, appartenenti a un retaggio alieno, entrano dunque nel tessuto narrativo innescando una reazione a catena, che ha come risultato finale quello dell’apertura del testo attraverso la polifonia. Il contributo analizza la presenza e la funzione degli oggetti giapponesi all’interno della prosa di Konstantin Vaginov, con particolare riferimento al suo ultimo romanzo, "Arpagoniana". Una simile ricerca mira, in ultima istanza, ad osservare il particolarissimo fenomeno messo in campo dall’avanguardia sovietica Oberiu, che opera una trasformazione in un più ampio contesto anch’esso di transizione.

“Lʼincanto dellʼ いき(iki) nella prosa di K.K. Vaginov”

MARCHESINI, IRINA
2015

Abstract

Riferendosi a Konstantin Vaginov, eclettico scrittore che gravitava attorno alla nebulosa avanguardista oberiuta, si potrebbe parlare di un’autentica “poetica della fantasmagoria”. Infatti, servendosi del filo rosso del collezionismo, l’autore propone nei suoi romanzi una vera e propria doppia sfida, lanciata sia alla tradizione russa, sia alla nascente “tradizione” sovietica. Una competizione, questa, alimentata anche da un procedimento di traduzione culturale: in particolare, diversi oggetti legati alla lontana civiltà giapponese entrano nelle sue opere, diventando non solo parte integrante dell’elemento culturalmente sovversivo per eccellenza, la collezione, ma svolgendo anche una funzione descrittiva, come avviene nel caso del personaggio Teptelkin in "Il canto del capro" (Kozlinaja Pesn’, 1927). Questi oggetti, appartenenti a un retaggio alieno, entrano dunque nel tessuto narrativo innescando una reazione a catena, che ha come risultato finale quello dell’apertura del testo attraverso la polifonia. Il contributo analizza la presenza e la funzione degli oggetti giapponesi all’interno della prosa di Konstantin Vaginov, con particolare riferimento al suo ultimo romanzo, "Arpagoniana". Una simile ricerca mira, in ultima istanza, ad osservare il particolarissimo fenomeno messo in campo dall’avanguardia sovietica Oberiu, che opera una trasformazione in un più ampio contesto anch’esso di transizione.
2015
Tradizione, Traduzione, Trasformazione
103
112
Marchesini, Irina
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