La genesi dell’arte buddhista in Cina è stata considerata, sin dall’inizio delle ricerche in questo campo, soprattutto come esito della diffusione di modelli provenienti dall’India e dall’Asia centrale passivamente recepiti durante i primi secoli della storia artistica. Numerosi indizi mettono in risalto, invece, che l’assimilazione non significò la semplice copiatura di modelli e che sin dalle prime espressioni l’arte buddhista in Cina manifestò scelte iconografiche, oltre che stilistiche, che riflettono la rielaborazione delle immagini, in una sorta di processo di traduzione e accomodamento al linguaggio della cultura di destinazione. Allo stesso tempo, altri indizi suggeriscono che nel periodo formativo il repertorio iconografico buddhista in Cina attingeva non solo dall’esterno, ossia dall’Asia centrale o dall’India, ma si alimentava anche attraverso la copiatura di nuove immagini realizzate in Cina. Il caso specifico, che viene analizzato in questo saggio riguarda l’impiego di statuine in bronzo raffiguranti il Buddha assiso, realizzate in Cina tra il III e il IV secolo, quali possibili modelli per i dipinti della grotta 169 di Binglingsi (Gansu) dell’inizio del V secolo. Nella seconda parte del lavoro, si esamina la produzione coroplastica della grotta quale possibile sorgente delle nuove sculture buddhiste in pietra che vennero prodotte intorno alla metà del V secolo nella Cina settentrionale e servirono da modello per le prime sculture monumentali del complesso rupestre di Yungang (Shanxi).
Celli, N. (2015). Importazioni e invenzioni nell’arte buddhista in Cina del V secolo. La grotta 169 di Binglingsi 炳靈寺. Palermo : Officina di Studi Medievali.
Importazioni e invenzioni nell’arte buddhista in Cina del V secolo. La grotta 169 di Binglingsi 炳靈寺
CELLI, NICOLETTA
2015
Abstract
La genesi dell’arte buddhista in Cina è stata considerata, sin dall’inizio delle ricerche in questo campo, soprattutto come esito della diffusione di modelli provenienti dall’India e dall’Asia centrale passivamente recepiti durante i primi secoli della storia artistica. Numerosi indizi mettono in risalto, invece, che l’assimilazione non significò la semplice copiatura di modelli e che sin dalle prime espressioni l’arte buddhista in Cina manifestò scelte iconografiche, oltre che stilistiche, che riflettono la rielaborazione delle immagini, in una sorta di processo di traduzione e accomodamento al linguaggio della cultura di destinazione. Allo stesso tempo, altri indizi suggeriscono che nel periodo formativo il repertorio iconografico buddhista in Cina attingeva non solo dall’esterno, ossia dall’Asia centrale o dall’India, ma si alimentava anche attraverso la copiatura di nuove immagini realizzate in Cina. Il caso specifico, che viene analizzato in questo saggio riguarda l’impiego di statuine in bronzo raffiguranti il Buddha assiso, realizzate in Cina tra il III e il IV secolo, quali possibili modelli per i dipinti della grotta 169 di Binglingsi (Gansu) dell’inizio del V secolo. Nella seconda parte del lavoro, si esamina la produzione coroplastica della grotta quale possibile sorgente delle nuove sculture buddhiste in pietra che vennero prodotte intorno alla metà del V secolo nella Cina settentrionale e servirono da modello per le prime sculture monumentali del complesso rupestre di Yungang (Shanxi).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.