A partire da una fotografia storica – in particolare di Eugène Atget, Magazin, Avenue des Gobelin, 1925 –, una serie di fotografe intervengono in successione per creare un'altra opera che verrà poi reinterpretata da un'altra fotografa e poi da un'altra e un'altra ancora, teoricamente all'infinito. In questa variazione della variazione cosa resta dell'originale e fini a quando si conserva la traccia del canone-fotografia di partenza? La superficie di ciascuna di queste opere conserva memoria della precedente; anzi, la utilizza come proprio supporto e come primo fondamentale nucleo semantico, sul quale vanno a innestarsi le successive reazioni. Ne deriva una serie di fotomontaggi inanellati a partire da una fotografia matrice che ne costituisce il minimo comune denominatore; in quanto reazioni, però, ognuna di queste immagini acquista una propria autonomia semantica. Non si ha a che fare con la produzione di un lavoro ex novo ed ex nihilo, bensì con la selezione e riorganizzazione a partire dal reimpiego di una materia prima già significante. Ogni immagine si offre come un deposito di materiali visivi preesistenti, cui, a ogni intervento, se ne aggiungono di nuovi, in un dialogo semantico continuo e incessante tra quanto già acquisito e quanto, di volta in volta, vi si va iscrivendo. Viene in questo modo dinamizzato un deposito, altrimenti relegato alla staticità. In definitiva, se ogni immagine-reazione sembra ubbidire di primo acchito a una pura logica dell’accumulo, in realtà, essa stessa diventa produttrice di senso. Partendo infatti da segni preesistenti, ogni reazione giunge a una differente struttura: nuova a livello figurativo e, al tempo stesso, plastico. Ogni successivo intervento, dunque, presuppone la ripresa di un inventario già fatto e rifatto e il confronto con le possibilità plastiche e semantiche dei vari elementi, agendo di volta in volta in termini di spogliazione o accrescimento dei loro tratti figurativi. In tutti questi opere l’azione e la reazione convivono sempre in uno stesso spazio, in una stessa immagine che si configura sia come supporto mnemonico di interventi precedenti, sia come superficie pronta a dialogare con successive rielaborazioni semantiche.

Reacciones en vitrina

CORRAIN, LUCIA
2015

Abstract

A partire da una fotografia storica – in particolare di Eugène Atget, Magazin, Avenue des Gobelin, 1925 –, una serie di fotografe intervengono in successione per creare un'altra opera che verrà poi reinterpretata da un'altra fotografa e poi da un'altra e un'altra ancora, teoricamente all'infinito. In questa variazione della variazione cosa resta dell'originale e fini a quando si conserva la traccia del canone-fotografia di partenza? La superficie di ciascuna di queste opere conserva memoria della precedente; anzi, la utilizza come proprio supporto e come primo fondamentale nucleo semantico, sul quale vanno a innestarsi le successive reazioni. Ne deriva una serie di fotomontaggi inanellati a partire da una fotografia matrice che ne costituisce il minimo comune denominatore; in quanto reazioni, però, ognuna di queste immagini acquista una propria autonomia semantica. Non si ha a che fare con la produzione di un lavoro ex novo ed ex nihilo, bensì con la selezione e riorganizzazione a partire dal reimpiego di una materia prima già significante. Ogni immagine si offre come un deposito di materiali visivi preesistenti, cui, a ogni intervento, se ne aggiungono di nuovi, in un dialogo semantico continuo e incessante tra quanto già acquisito e quanto, di volta in volta, vi si va iscrivendo. Viene in questo modo dinamizzato un deposito, altrimenti relegato alla staticità. In definitiva, se ogni immagine-reazione sembra ubbidire di primo acchito a una pura logica dell’accumulo, in realtà, essa stessa diventa produttrice di senso. Partendo infatti da segni preesistenti, ogni reazione giunge a una differente struttura: nuova a livello figurativo e, al tempo stesso, plastico. Ogni successivo intervento, dunque, presuppone la ripresa di un inventario già fatto e rifatto e il confronto con le possibilità plastiche e semantiche dei vari elementi, agendo di volta in volta in termini di spogliazione o accrescimento dei loro tratti figurativi. In tutti questi opere l’azione e la reazione convivono sempre in uno stesso spazio, in una stessa immagine che si configura sia come supporto mnemonico di interventi precedenti, sia come superficie pronta a dialogare con successive rielaborazioni semantiche.
2015
Re-Action. Genealogia i controcànon
20
27
Corrain, Lucia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/551125
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