La sfida che abbiamo deciso di accogliere in questo libro è quella di definire la tortura nella sua truce autentica natura, perché convinti che se vi riuscissimo forse potremmo ampliare di un segmento lo spettro degli argomenti a favore della sua condanna e riconoscere le condizioni indispensabili perché si dia la possibilità, a coloro che hanno subito torture, di riacquistare col tempo la salute, di riallacciare rapporti con il mondo: con gli altri e con la propria storia di vita. Un veto coerente sulla tortura comporta la sua pubblica condanna, un divieto socialmente condiviso e preteso, nei riguardi di ogni politica che più o meno direttamente intenda farvi ancora ricorso. Fuori discussione è ogni ipotesi di rilegalizzazione per comunità che si fondino su un concetto di diritto e di autorità democratici. Come pure appare ineludibile la traduzione giuridica delle ragioni di un divieto senza eccezioni, attraverso l’introduzione in ogni Stato di diritto del reato di tortura. Se si riconosce la natura della tortura e se non se ne banalizza strumentalmente la gravità, si comprenderà che non ci si può dire democratici senza al tempo stesso accettare che una fattispecie penale ne punisca il crimine. Questo libro cerca di offrire il proprio contributo al progetto di una società più giusta, perché non più disposta ad accettare questa violenza brutale, oggi ancora troppo tollerata.
Lalatta Costerbosa, M. (2016). Il silenzio della tortura. Contro un crimine estremo. Roma : DeriveApprodi.
Il silenzio della tortura. Contro un crimine estremo
LALATTA COSTERBOSA, MARINA
2016
Abstract
La sfida che abbiamo deciso di accogliere in questo libro è quella di definire la tortura nella sua truce autentica natura, perché convinti che se vi riuscissimo forse potremmo ampliare di un segmento lo spettro degli argomenti a favore della sua condanna e riconoscere le condizioni indispensabili perché si dia la possibilità, a coloro che hanno subito torture, di riacquistare col tempo la salute, di riallacciare rapporti con il mondo: con gli altri e con la propria storia di vita. Un veto coerente sulla tortura comporta la sua pubblica condanna, un divieto socialmente condiviso e preteso, nei riguardi di ogni politica che più o meno direttamente intenda farvi ancora ricorso. Fuori discussione è ogni ipotesi di rilegalizzazione per comunità che si fondino su un concetto di diritto e di autorità democratici. Come pure appare ineludibile la traduzione giuridica delle ragioni di un divieto senza eccezioni, attraverso l’introduzione in ogni Stato di diritto del reato di tortura. Se si riconosce la natura della tortura e se non se ne banalizza strumentalmente la gravità, si comprenderà che non ci si può dire democratici senza al tempo stesso accettare che una fattispecie penale ne punisca il crimine. Questo libro cerca di offrire il proprio contributo al progetto di una società più giusta, perché non più disposta ad accettare questa violenza brutale, oggi ancora troppo tollerata.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.