Aiutare un bambino a crescere richiede la capacità di relazionarsi con lui come persona pronta al rapporto intersoggettivo, bisognosa di interagire con gli altri così come dell’aria da respirare e del cibo con cui sfamarsi. Il vederlo piccolo e completamente dipendente dagli adulti non deve far pensare che sia un essere incapace di affrontare la quotidianità della vita, ma anzi gli si devono riconoscere incredibili potenzialità che chiedono solo spazi e tempi per essere espresse. La sua immensa voglia di vivere, l’esuberanza, l’infaticabile ricerca di sé stesso deve trovare piena corrispondenza nell’ambiente familiare e scolastico, deve rispecchiarsi in sguardi che accordino fiducia, che credano alle immense possibilità che spingono dentro di lui come il magma in un vulcano. È un viaggio, quello dello sviluppo, che il bambino vuole percorrere insieme ai familiari, forse stando un passo più in là per il piacere di agire, senza interessi, senza tornaconti, solo per l’emozione di sentirsi al mondo: fin dalla nascita infatti si dice che si viene al mondo non nel mondo, per essere protagonista della propria vita. L’azione senso-motoria rappresenta il linguaggio prioritario del bambino, è l’espressione stessa della sua intelligenza, l’arma vincente nella pulsione intenzionale verso l’appropriazione dell’ignoto che lo circonda: non conosce nulla, deve apprendere tutto. Curiosità, meraviglia, stupore, sete di conoscenza, alimentate da un’energia sproporzionata, lo sospingono verso l’esplorazione e la scoperta di tutto quanto lo affascina e lo interessa nell’ambiente in cui gli è consentito agire. Introduzione. Quale stupore, invece, per lui nel riscontrare le ansie dei genitori, il loro timore rispetto alle sue iniziative, il continuo intervento sostitutivo o limitante che interrompe l’azione e risolve tutti problemi, togliendogli il gusto e il sapore dell’esperienza. Quanta confusione quando il bambino si sente dire di stare fermo, di non toccare, di non arrampicarsi o di non scivolare a testa in giù. Il suo entusiasmo si smorza e quel piacere che pensava di procurarsi in ciò che sceglieva di fare con gioia viene cancellato da quanto deve fare per accontentare gli adulti. Il bambino si diverte se le esperienze piacevoli superano quelle spiacevoli, ma se la fatica supera il divertimento allora non c’è più gioco. È per questo che, appena può, si cimenta in tutte quelle situazioni proibite, fonti di emozioni bellissime, che gli adulti non capiscono più. Ci sono tante di cose da fare e da scoprire intorno a lui e mille limiti e divieti giustificati solo dall’ansia degli adulti che si faccia male. Ma non è normale da piccoli cadere e sbucciarsi un ginocchio? Quando il bambino gioca ai limiti delle sue possibilità lo fa per mettersi alla prova, per capire fino a dove si può spingere, per provare il piacere di controllare il suo corpo in determinate situazioni: arrampicarsi, saltare, correre, queste esperienze, tra le altre cose, sedimentano in lui l’autostima, lo fanno sentire capace di fare e agire, mentre l’ansia e la contrarietà che vede riflesse nei volti dei genitori lo frenano e lo rendono insicuro. Proprio da queste attività nascono in lui il senso di responsabilità, la prudenza, l’attenzione a giocare col rischio, perché è divertente, ma tenendosi lontano dal pericolo. Ma l’ansia dei genitori può derivare anche dal fatto che il bambino perda tempo a fare cose inutili, invece di imparare cose nuove e interessanti. Maria Montessori e più di recente Peter Gray sostengono che i bambini sono capaci di autoapprendimento se lasciati liberi di agire. Gli apprendimenti del bambino non devono appagare le attese e le aspettative degli adulti. La fretta di vederli crescere e imparare a camminare porta i genitori a limitare nei bambini delle fasi importanti, come quella del “gattonare”. L’ansia dei genitori verso l’errore e l’insuccesso viene trasmessa al bambino che non la conosceva, perché per lui tutto è esperienza. Quando gioca o esplora liberamente il bambino deve potersi permettere di sbagliare, perché così facendo impara dai suoi errori ad agire meglio e con maggior precisione nelle occasioni successive. Sbagliando s’impara! Che problema c’è? Per il bambino non è negativo il fatto di dover seguire delle regole ma, se in casa e al nido vigono sistemi educativi diversi, lui si sente confuso e disorientato. L’alleanza educativa è una serie di regole, abitudini, linee educative condivise che i bambini stabiliscono di rispettare sia a casa con i genitori sia a scuola con le educatrici, e serve a garantire pari trattamento in famiglia e al nido. Con il sistema dell’interdipendenza positiva, si dà invece qualità a tutta l’azione educativa che lo riguarda, con grande vantaggio per tutti. È importante creare un clima che permetta al bambino di esprimersi in maniera autentica e naturale, vicino ai suoi bisogni reali. Di seguito sono elencati alcuni consigli per realizzare questo clima. • Osservare il bambino per conoscerlo e comprenderlo. • Affiancarlo nelle attività senza sostituirsi a lui ma apprezzando il suo impegno e il suo agire. • Garantirgli opportunità di esplorazione e di gioco libero. In queste due attività lui è in grado di apprendere tante cose e di maturare la sua personalità. • Rispettare i suoi tempi, più lenti di quelli degli adulti e solo in apparenza dispersivi. • Aiutarlo a giocare autonomamente con le regole che lui ritiene importanti e necessarie. • Rispettare quanto sta imparando, senza forzarlo ad apprendere cose per le quali non è ancora pronto o non prova ancora interesse. • Accettare che abbia bisogno di muoversi, di manipolare, di sperimentare il suo corpo e l’ambiente perché l’intelligenza che lo sostiene in questa età è quella senso-motoria, anche detta cinestesico-corporea. Sviluppata bene questa, tutte le altre intelligenze sono un gioco da ragazzi. Il rispetto di queste regole verrà ripagato nel tempo con uno sviluppo completo del bambino e integrato in tutte le aree della sua personalità (cognitiva, motoria, emotivo-affettiva, sociorelazionale) con caratteristiche di autonomia, indipendenza e responsabilità. Per il resto, basta stargli vicino, apprezzare quanto cerca di fare, sostenerlo nelle attività, animare la sua giornata, consolarlo nei momenti di paura o di ansia, che è normale che capitino nei bambini. Non serve preoccuparsi troppo, perché il bambino è desideroso di fare, di apprendere, di partecipare, di crescere con gli adulti al suo fianco, condividendo il loro affetto, la loro comprensione e anche la severità che alle volte serve. L’importante è fargli capire che gli si vuole bene, che si sta agendo per lui, che si tiene a vederlo crescere e maturare per quello che è e non per quello che altri vorrebbero che fosse. In questo libro sono raccolte alcune indicazioni teoriche, nella Parte prima, e alcune esperienze concrete, nella Parte seconda, che possono aiutare una riflessione personale sull’educazione dei bambini da zero a tre anni. Lo scopo del testo è condividere orientamenti educativi in cui ciascun adulto, genitore o educatrice che sia, possa elaborare atteggiamenti e buone pratiche di cura allo sviluppo dei bambini, gli uomini e le donne di domani.

Gioco e movimento al nido. Facilitare lo sviluppo da zero a tre anni

CECILIANI, ANDREA
2016

Abstract

Aiutare un bambino a crescere richiede la capacità di relazionarsi con lui come persona pronta al rapporto intersoggettivo, bisognosa di interagire con gli altri così come dell’aria da respirare e del cibo con cui sfamarsi. Il vederlo piccolo e completamente dipendente dagli adulti non deve far pensare che sia un essere incapace di affrontare la quotidianità della vita, ma anzi gli si devono riconoscere incredibili potenzialità che chiedono solo spazi e tempi per essere espresse. La sua immensa voglia di vivere, l’esuberanza, l’infaticabile ricerca di sé stesso deve trovare piena corrispondenza nell’ambiente familiare e scolastico, deve rispecchiarsi in sguardi che accordino fiducia, che credano alle immense possibilità che spingono dentro di lui come il magma in un vulcano. È un viaggio, quello dello sviluppo, che il bambino vuole percorrere insieme ai familiari, forse stando un passo più in là per il piacere di agire, senza interessi, senza tornaconti, solo per l’emozione di sentirsi al mondo: fin dalla nascita infatti si dice che si viene al mondo non nel mondo, per essere protagonista della propria vita. L’azione senso-motoria rappresenta il linguaggio prioritario del bambino, è l’espressione stessa della sua intelligenza, l’arma vincente nella pulsione intenzionale verso l’appropriazione dell’ignoto che lo circonda: non conosce nulla, deve apprendere tutto. Curiosità, meraviglia, stupore, sete di conoscenza, alimentate da un’energia sproporzionata, lo sospingono verso l’esplorazione e la scoperta di tutto quanto lo affascina e lo interessa nell’ambiente in cui gli è consentito agire. Introduzione. Quale stupore, invece, per lui nel riscontrare le ansie dei genitori, il loro timore rispetto alle sue iniziative, il continuo intervento sostitutivo o limitante che interrompe l’azione e risolve tutti problemi, togliendogli il gusto e il sapore dell’esperienza. Quanta confusione quando il bambino si sente dire di stare fermo, di non toccare, di non arrampicarsi o di non scivolare a testa in giù. Il suo entusiasmo si smorza e quel piacere che pensava di procurarsi in ciò che sceglieva di fare con gioia viene cancellato da quanto deve fare per accontentare gli adulti. Il bambino si diverte se le esperienze piacevoli superano quelle spiacevoli, ma se la fatica supera il divertimento allora non c’è più gioco. È per questo che, appena può, si cimenta in tutte quelle situazioni proibite, fonti di emozioni bellissime, che gli adulti non capiscono più. Ci sono tante di cose da fare e da scoprire intorno a lui e mille limiti e divieti giustificati solo dall’ansia degli adulti che si faccia male. Ma non è normale da piccoli cadere e sbucciarsi un ginocchio? Quando il bambino gioca ai limiti delle sue possibilità lo fa per mettersi alla prova, per capire fino a dove si può spingere, per provare il piacere di controllare il suo corpo in determinate situazioni: arrampicarsi, saltare, correre, queste esperienze, tra le altre cose, sedimentano in lui l’autostima, lo fanno sentire capace di fare e agire, mentre l’ansia e la contrarietà che vede riflesse nei volti dei genitori lo frenano e lo rendono insicuro. Proprio da queste attività nascono in lui il senso di responsabilità, la prudenza, l’attenzione a giocare col rischio, perché è divertente, ma tenendosi lontano dal pericolo. Ma l’ansia dei genitori può derivare anche dal fatto che il bambino perda tempo a fare cose inutili, invece di imparare cose nuove e interessanti. Maria Montessori e più di recente Peter Gray sostengono che i bambini sono capaci di autoapprendimento se lasciati liberi di agire. Gli apprendimenti del bambino non devono appagare le attese e le aspettative degli adulti. La fretta di vederli crescere e imparare a camminare porta i genitori a limitare nei bambini delle fasi importanti, come quella del “gattonare”. L’ansia dei genitori verso l’errore e l’insuccesso viene trasmessa al bambino che non la conosceva, perché per lui tutto è esperienza. Quando gioca o esplora liberamente il bambino deve potersi permettere di sbagliare, perché così facendo impara dai suoi errori ad agire meglio e con maggior precisione nelle occasioni successive. Sbagliando s’impara! Che problema c’è? Per il bambino non è negativo il fatto di dover seguire delle regole ma, se in casa e al nido vigono sistemi educativi diversi, lui si sente confuso e disorientato. L’alleanza educativa è una serie di regole, abitudini, linee educative condivise che i bambini stabiliscono di rispettare sia a casa con i genitori sia a scuola con le educatrici, e serve a garantire pari trattamento in famiglia e al nido. Con il sistema dell’interdipendenza positiva, si dà invece qualità a tutta l’azione educativa che lo riguarda, con grande vantaggio per tutti. È importante creare un clima che permetta al bambino di esprimersi in maniera autentica e naturale, vicino ai suoi bisogni reali. Di seguito sono elencati alcuni consigli per realizzare questo clima. • Osservare il bambino per conoscerlo e comprenderlo. • Affiancarlo nelle attività senza sostituirsi a lui ma apprezzando il suo impegno e il suo agire. • Garantirgli opportunità di esplorazione e di gioco libero. In queste due attività lui è in grado di apprendere tante cose e di maturare la sua personalità. • Rispettare i suoi tempi, più lenti di quelli degli adulti e solo in apparenza dispersivi. • Aiutarlo a giocare autonomamente con le regole che lui ritiene importanti e necessarie. • Rispettare quanto sta imparando, senza forzarlo ad apprendere cose per le quali non è ancora pronto o non prova ancora interesse. • Accettare che abbia bisogno di muoversi, di manipolare, di sperimentare il suo corpo e l’ambiente perché l’intelligenza che lo sostiene in questa età è quella senso-motoria, anche detta cinestesico-corporea. Sviluppata bene questa, tutte le altre intelligenze sono un gioco da ragazzi. Il rispetto di queste regole verrà ripagato nel tempo con uno sviluppo completo del bambino e integrato in tutte le aree della sua personalità (cognitiva, motoria, emotivo-affettiva, sociorelazionale) con caratteristiche di autonomia, indipendenza e responsabilità. Per il resto, basta stargli vicino, apprezzare quanto cerca di fare, sostenerlo nelle attività, animare la sua giornata, consolarlo nei momenti di paura o di ansia, che è normale che capitino nei bambini. Non serve preoccuparsi troppo, perché il bambino è desideroso di fare, di apprendere, di partecipare, di crescere con gli adulti al suo fianco, condividendo il loro affetto, la loro comprensione e anche la severità che alle volte serve. L’importante è fargli capire che gli si vuole bene, che si sta agendo per lui, che si tiene a vederlo crescere e maturare per quello che è e non per quello che altri vorrebbero che fosse. In questo libro sono raccolte alcune indicazioni teoriche, nella Parte prima, e alcune esperienze concrete, nella Parte seconda, che possono aiutare una riflessione personale sull’educazione dei bambini da zero a tre anni. Lo scopo del testo è condividere orientamenti educativi in cui ciascun adulto, genitore o educatrice che sia, possa elaborare atteggiamenti e buone pratiche di cura allo sviluppo dei bambini, gli uomini e le donne di domani.
2016
254
978-88-7466-738-3
Andrea, Ceciliani
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/540940
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