Il termine welfare society (a volte anche caring society, sebbene non siano esattamente sinonimi) di chiara matrice anglosassone fa la sua comparsa nel dibattito scientifico verso la fine degli anni ’70 e primi anni ’80 del secolo scorso, per indicare uno spostamento di enfasi e di controllo dalle agenzie pubbliche dello Stato ai soggetti della società civile in materia di garanzia e mantenimento del benessere della popolazione. Il passaggio semantico emerge nella fase della cosiddetta “crisi” del welfare state in particolare a seguito dei movimenti di protesta anti-tasse della classe media americana, che apriranno la via al successo elettorale dei conservatori in UK - sotto la guida della signora Thatcher - e ai repubblicani negli USA - con l’elezione a presidente di Ronald Reagan. Nuove coalizioni di governo che daranno l’avvio a politiche economiche e sociali ispirate ai principi delle teorie economiche cosiddette “neo-liberiste”. Nel dibattito italiano il termine welfare society viene introdotto dal sociologo bolognese Achille Ardigò in due saggi seminali pubblicati sulla rivista La Ricerca Sociale nel 1979 e nel 1985. La terminologia welfare society viene introdotta da Donati nell’ambito della sua vasta bibliografia in un saggio del 1989 pubblicato sulla rivista Sociologia. L’argomentazione di Donati parte dal riconoscimento che il complesso politico-istituzionale denominato stato sociale (welfare state) non è più in grado di far fronte ai nuovi bisogni sociali emergenti che esso stesso ha contribuito a creare, anzi la sua modalità operativa intrinseca, basata sui mezzi (simbolici) del denaro e del diritto rischia di creare da se stessa nuove patologie sociali. La discontinuità introdotta dalla società dopo-moderna richiede pertanto il pieno riconoscimento di un nuovo medium simbolico e generalizzato, ovvero quello della solidarietà sociale (o interpersonale), per distinguerla dalla solidarietà impersonale (o sistemica) e da quella personale. Ovvero non una solidarietà ascrittiva ma scelta, il più possibile simmetrica, trasparente e sinergica. Attorno a questo principio la politica deve saper promuovere e valorizzare le solidarietà intermedie, capaci di auto-governo, che costituiscono il solo antidoto valido verso le tendenze di individualismo possessivo e pragmatismo a-morale, che attraversano le nostre società.

Welfare Society

BASSI, ANDREA
2016

Abstract

Il termine welfare society (a volte anche caring society, sebbene non siano esattamente sinonimi) di chiara matrice anglosassone fa la sua comparsa nel dibattito scientifico verso la fine degli anni ’70 e primi anni ’80 del secolo scorso, per indicare uno spostamento di enfasi e di controllo dalle agenzie pubbliche dello Stato ai soggetti della società civile in materia di garanzia e mantenimento del benessere della popolazione. Il passaggio semantico emerge nella fase della cosiddetta “crisi” del welfare state in particolare a seguito dei movimenti di protesta anti-tasse della classe media americana, che apriranno la via al successo elettorale dei conservatori in UK - sotto la guida della signora Thatcher - e ai repubblicani negli USA - con l’elezione a presidente di Ronald Reagan. Nuove coalizioni di governo che daranno l’avvio a politiche economiche e sociali ispirate ai principi delle teorie economiche cosiddette “neo-liberiste”. Nel dibattito italiano il termine welfare society viene introdotto dal sociologo bolognese Achille Ardigò in due saggi seminali pubblicati sulla rivista La Ricerca Sociale nel 1979 e nel 1985. La terminologia welfare society viene introdotta da Donati nell’ambito della sua vasta bibliografia in un saggio del 1989 pubblicato sulla rivista Sociologia. L’argomentazione di Donati parte dal riconoscimento che il complesso politico-istituzionale denominato stato sociale (welfare state) non è più in grado di far fronte ai nuovi bisogni sociali emergenti che esso stesso ha contribuito a creare, anzi la sua modalità operativa intrinseca, basata sui mezzi (simbolici) del denaro e del diritto rischia di creare da se stessa nuove patologie sociali. La discontinuità introdotta dalla società dopo-moderna richiede pertanto il pieno riconoscimento di un nuovo medium simbolico e generalizzato, ovvero quello della solidarietà sociale (o interpersonale), per distinguerla dalla solidarietà impersonale (o sistemica) e da quella personale. Ovvero non una solidarietà ascrittiva ma scelta, il più possibile simmetrica, trasparente e sinergica. Attorno a questo principio la politica deve saper promuovere e valorizzare le solidarietà intermedie, capaci di auto-governo, che costituiscono il solo antidoto valido verso le tendenze di individualismo possessivo e pragmatismo a-morale, che attraversano le nostre società.
2016
Lessico della Sociologia Relazionale
353
358
Bassi, Andrea
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