Il corporativismo è il tema che maggiormente impegnò, dalla metà degli anni Venti, il dibattito culturale dell’Italia fascista e l’architrave di quel nuovo modello di organizzazione sociale, la «terza via» fascista, che il regime indicò, agli italiani e agli europei, come meta della propria presunta rivoluzione. La vicenda del corporativismo e dei progetti corporativi di rifondazione dello Stato e intervento nell’economia, tuttavia, non è racchiusa esclusivamente nella storia del fascismo, ma intreccia anche la formazione di quella prospettiva politica antifascista in cui convergono le diverse culture e organizzazioni che si oppongono alla dittatura. Fascismo e antifascismo, infatti, sono geneticamente connessi a quella «crisi dello Stato» che i giuristi più attenti segnalano già sul finire del primo decennio del secolo, e che vede nella crescita e nel maggior rilievo degli interessi organizzati un fattore di disgregazione della legittimità dello Stato e di incrinatura del funzionamento della pubblica amministrazione. È nel confronto con le conseguenze di quella crisi, e nella sempre più forte consapevolezza della necessità di una rifondazione dello Stato, per assorbire le spinte disgreganti prodotte dalle nuove forme di mobilitazione politica e organizzazione dei gruppi sociali, che si formano le culture politiche dei soggetti che danno vita alla lunga «guerra civile» italiana. È all’interno di queste coordinate che bisogna inserire l’evoluzione della riflessione sul corporativismo e della progettazione di riforme corporatiste dello Stato e dell’economia negli anni tra le due guerre mondiali. È possibile individuare diverse fasi del confronto e scontro tra fascismo e antifascismo intorno a questo nodo. Negli anni a cavallo tra il primo dopoguerra e l’avvento del fascismo si aprì una fase progettuale per la valorizzazione dei canali di rappresentanza della società all’interno dello stato, che vide impegnati componenti significative della dirigenza politica e amministrativa dello Stato liberale e che coinvolse la riflessione di un ampio arco di forze politiche e culturali, da alcuni importanti settori del socialismo riformista al primo fascismo. I primi anni del fascismo al potere si posero almeno in parte in continuità con questa fase. Alla metà degli anni Venti prese compiutamente forma il progetto corporativo di Alfredo Rocco (l’unico ad avere piena realizzazione), che introdusse rilevanti discontinuità: da un lato si impose una versione statalista-autoritaria, che voleva riaffermare il comando dello Stato sui corpi sociali, privandoli della loro autonomia e, al tempo stesso, come avevano con largo anticipo intuito le menti più lucide dell’antifascismo, svuotando gli organismi di resistenza economica (i sindacati e le cooperative) creati dal movimenti operaio e incorporandoli negli ingranaggi del nuovo apparato istituzionale; dall’altro, il carattere corporativo divenne, nella costruzione ideologica del regime, uno degli attributi dello «stato nuovo» e si venne in questo modo ad affermare nei fatti l’identificazione di corporativismo e fascismo. Nei primi anni Trenta, con l’istituzione delle corporazioni da parte dello Stato fascista, ebbe luogo il rilancio del tema del corporativismo, con effetti rilevanti sulla politica culturale del regime e, seppure in misura minore, sull’architettura dello Stato fascista. A esso l’antifascismo rispose con analisi spesso lucide e spregiudicate, con cui si sforzò di comprendere le caratteristiche originali e innovative del progetto dell’avversario. Al tempo stesso, anche sulla scia di quelle analisi, mise al centro della propria agenda il nesso tra libertà politiche e giustizia sociale e, in alcune sue voci autorevoli, si interrogò sulla possibilità di pensare un corporativismo democratico come soluzione alla crisi dello Stato e strumento di un nuovo modello di rappresentanza e cittadinanza. Un’esperienza, questa, che consegnò all’Italia del post1945 un’eredità complessa.

Per rifondare lo Stato: progetti corporativi tra fascismo e antifascismo

GAGLIARDI, ALESSIO
2016

Abstract

Il corporativismo è il tema che maggiormente impegnò, dalla metà degli anni Venti, il dibattito culturale dell’Italia fascista e l’architrave di quel nuovo modello di organizzazione sociale, la «terza via» fascista, che il regime indicò, agli italiani e agli europei, come meta della propria presunta rivoluzione. La vicenda del corporativismo e dei progetti corporativi di rifondazione dello Stato e intervento nell’economia, tuttavia, non è racchiusa esclusivamente nella storia del fascismo, ma intreccia anche la formazione di quella prospettiva politica antifascista in cui convergono le diverse culture e organizzazioni che si oppongono alla dittatura. Fascismo e antifascismo, infatti, sono geneticamente connessi a quella «crisi dello Stato» che i giuristi più attenti segnalano già sul finire del primo decennio del secolo, e che vede nella crescita e nel maggior rilievo degli interessi organizzati un fattore di disgregazione della legittimità dello Stato e di incrinatura del funzionamento della pubblica amministrazione. È nel confronto con le conseguenze di quella crisi, e nella sempre più forte consapevolezza della necessità di una rifondazione dello Stato, per assorbire le spinte disgreganti prodotte dalle nuove forme di mobilitazione politica e organizzazione dei gruppi sociali, che si formano le culture politiche dei soggetti che danno vita alla lunga «guerra civile» italiana. È all’interno di queste coordinate che bisogna inserire l’evoluzione della riflessione sul corporativismo e della progettazione di riforme corporatiste dello Stato e dell’economia negli anni tra le due guerre mondiali. È possibile individuare diverse fasi del confronto e scontro tra fascismo e antifascismo intorno a questo nodo. Negli anni a cavallo tra il primo dopoguerra e l’avvento del fascismo si aprì una fase progettuale per la valorizzazione dei canali di rappresentanza della società all’interno dello stato, che vide impegnati componenti significative della dirigenza politica e amministrativa dello Stato liberale e che coinvolse la riflessione di un ampio arco di forze politiche e culturali, da alcuni importanti settori del socialismo riformista al primo fascismo. I primi anni del fascismo al potere si posero almeno in parte in continuità con questa fase. Alla metà degli anni Venti prese compiutamente forma il progetto corporativo di Alfredo Rocco (l’unico ad avere piena realizzazione), che introdusse rilevanti discontinuità: da un lato si impose una versione statalista-autoritaria, che voleva riaffermare il comando dello Stato sui corpi sociali, privandoli della loro autonomia e, al tempo stesso, come avevano con largo anticipo intuito le menti più lucide dell’antifascismo, svuotando gli organismi di resistenza economica (i sindacati e le cooperative) creati dal movimenti operaio e incorporandoli negli ingranaggi del nuovo apparato istituzionale; dall’altro, il carattere corporativo divenne, nella costruzione ideologica del regime, uno degli attributi dello «stato nuovo» e si venne in questo modo ad affermare nei fatti l’identificazione di corporativismo e fascismo. Nei primi anni Trenta, con l’istituzione delle corporazioni da parte dello Stato fascista, ebbe luogo il rilancio del tema del corporativismo, con effetti rilevanti sulla politica culturale del regime e, seppure in misura minore, sull’architettura dello Stato fascista. A esso l’antifascismo rispose con analisi spesso lucide e spregiudicate, con cui si sforzò di comprendere le caratteristiche originali e innovative del progetto dell’avversario. Al tempo stesso, anche sulla scia di quelle analisi, mise al centro della propria agenda il nesso tra libertà politiche e giustizia sociale e, in alcune sue voci autorevoli, si interrogò sulla possibilità di pensare un corporativismo democratico come soluzione alla crisi dello Stato e strumento di un nuovo modello di rappresentanza e cittadinanza. Un’esperienza, questa, che consegnò all’Italia del post1945 un’eredità complessa.
2016
1914-1945. L'Italia nella guerra europea dei trent'anni
237
256
Alessio, Gagliardi
File in questo prodotto:
Eventuali allegati, non sono esposti

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/534298
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact