La rappresentazione del barbaro, del selvaggio, e del primitivo, categorie complesse e che hanno rivestito nei secoli campi semantici eterogenei tuttavia interagenti, evidenzia alcuni significati comuni dei termini che rimandano l’uno all’altro. Barbari selvaggi primitivi possono essere accomunati in una categoria più generica che li contiene, quella dell’alterità, dell’altro da sé, il polo-specchio proiettivo della nozione di identità. Othello di W. Shakespeare (1603-4) Heart of Darkness di J. Conrad (1902) e A Passage to India di E. M Forster (1924), pur nelle loro differenze storiche e di contesto, presentano una struttura ripetitiva della rappresentazione dell’alterità legata alla concettualizzazione e rappresentazione del primitivo. I testi in esame non presentano un’opposizione binaria identità-alterità, bensì una costruzione complessa del rapporto tra culture che entrano in contatto: l’alterità è spazio di rivelazione di sé e destino ineluttabile in Othello, spazio di contaminazione e rivelazione di sé e dell’umano in Heart of Darkness, di rivelazione e trasformazione ambivalente in A Passage to India. Il percorso di ‘rivelazione’ dell’alterità (come ‘altro’ o entro se stessi) è condotta nei tre testi attraverso strategie rappresentative comuni legate al primitivo (tra cui amnesie, afasie, indicibilità, ma anche violenza e non comunicazione) e si collega alla perdita e alla morte. Tale morte ha valenze diverse nei testi, tuttavia segnala un comune impossibile ritorno alla civiltà o come destino genealogico in Othello, o come contaminazione e morte di chi ha attraversato il confine tra sé e altro in Heart of Darkness e in A Passage to India. Come una fotografia e il suo negativo, ove il colore dominante cambia, - e in questi testi non è possibile eludere il colore della pelle, come indicazione di alterità - ma l’immagine rimane la stessa, mentre Othello percorre lo spazio dal primitivo alla civiltà, e ritorno, Heart of Darkness e A Passage to India rappresentano un percorso speculare, dalla civiltà alla wilderness, percorsi inversi, ma circolari, e che conducono alla stessa meta, rafforzando l’idea che il primitivo è uno stadio umano ‘universale’, uno spazio atemporale interiorizzato, ma ‘geograficamente’ collocabile in contrapposizione all’occidente civilizzato. Questa contrapposizione viene esplorata in modi diversi nelle tre opere, sebbene conduca sempre alla stessa esorcizzazione e eliminazione ‘rituale’ del primitivo. In tal senso il primitivo è una categoria psichica, morale e politica insieme. La ricerca di modelli nella rappresentazione del primitivo in opere nate in contesti storici-culturali diversi implica la consapevolezza che l’interpretazione di essi avviene oggi attraverso categorie ermeneutiche contemporanee, “il presente come metodo critico” (Said), e che tale ‘presente critico’ è inevitabilmente improntato alla nostra esperienza intellettuale e culturale e dalle interpretazioni che dello stesso testo sono state fatte nel tempo. Proprio per questo appare significativo che le modalità di rappresentazione in tempi così diversi si assomiglino così tanto da poterci chiedere se la rappresentazione dell’alterità non solo risponda ad un bisogno ripetitivo di confrontarsi con le paure più profonde dell’umano quali quella della perdita e della morte, e con il suo desiderio di unità, ricongiunzione, ma anche e soprattutto se i testi tramandanti non informino la percezione dell’alterità dei testi successivi – rafforzando così una sorta di trasmissione e tradizione narrativa dell’alterità. Perché queste paure e desideri vengono trasposti in un’alterità razziale, orientale, esotica, riproponendo un rapporto (gerarchico) di identità e alterità, perturbante e destabilizzante. L’’altro’, sia che venga allontanato scorporandolo dal sé, sia che venga fagocitato come interiorizzazione regressiva dell’umano, conduce alla perdita e alla morte. In tal senso il primitivo non è solo una categoria psichica o politica, ma...

R. Monticelli (2007). Amnesie, Afasie, (in)dicibilità del primitivo. BOLOGNA : CLUEB.

Amnesie, Afasie, (in)dicibilità del primitivo

MONTICELLI, RITA
2007

Abstract

La rappresentazione del barbaro, del selvaggio, e del primitivo, categorie complesse e che hanno rivestito nei secoli campi semantici eterogenei tuttavia interagenti, evidenzia alcuni significati comuni dei termini che rimandano l’uno all’altro. Barbari selvaggi primitivi possono essere accomunati in una categoria più generica che li contiene, quella dell’alterità, dell’altro da sé, il polo-specchio proiettivo della nozione di identità. Othello di W. Shakespeare (1603-4) Heart of Darkness di J. Conrad (1902) e A Passage to India di E. M Forster (1924), pur nelle loro differenze storiche e di contesto, presentano una struttura ripetitiva della rappresentazione dell’alterità legata alla concettualizzazione e rappresentazione del primitivo. I testi in esame non presentano un’opposizione binaria identità-alterità, bensì una costruzione complessa del rapporto tra culture che entrano in contatto: l’alterità è spazio di rivelazione di sé e destino ineluttabile in Othello, spazio di contaminazione e rivelazione di sé e dell’umano in Heart of Darkness, di rivelazione e trasformazione ambivalente in A Passage to India. Il percorso di ‘rivelazione’ dell’alterità (come ‘altro’ o entro se stessi) è condotta nei tre testi attraverso strategie rappresentative comuni legate al primitivo (tra cui amnesie, afasie, indicibilità, ma anche violenza e non comunicazione) e si collega alla perdita e alla morte. Tale morte ha valenze diverse nei testi, tuttavia segnala un comune impossibile ritorno alla civiltà o come destino genealogico in Othello, o come contaminazione e morte di chi ha attraversato il confine tra sé e altro in Heart of Darkness e in A Passage to India. Come una fotografia e il suo negativo, ove il colore dominante cambia, - e in questi testi non è possibile eludere il colore della pelle, come indicazione di alterità - ma l’immagine rimane la stessa, mentre Othello percorre lo spazio dal primitivo alla civiltà, e ritorno, Heart of Darkness e A Passage to India rappresentano un percorso speculare, dalla civiltà alla wilderness, percorsi inversi, ma circolari, e che conducono alla stessa meta, rafforzando l’idea che il primitivo è uno stadio umano ‘universale’, uno spazio atemporale interiorizzato, ma ‘geograficamente’ collocabile in contrapposizione all’occidente civilizzato. Questa contrapposizione viene esplorata in modi diversi nelle tre opere, sebbene conduca sempre alla stessa esorcizzazione e eliminazione ‘rituale’ del primitivo. In tal senso il primitivo è una categoria psichica, morale e politica insieme. La ricerca di modelli nella rappresentazione del primitivo in opere nate in contesti storici-culturali diversi implica la consapevolezza che l’interpretazione di essi avviene oggi attraverso categorie ermeneutiche contemporanee, “il presente come metodo critico” (Said), e che tale ‘presente critico’ è inevitabilmente improntato alla nostra esperienza intellettuale e culturale e dalle interpretazioni che dello stesso testo sono state fatte nel tempo. Proprio per questo appare significativo che le modalità di rappresentazione in tempi così diversi si assomiglino così tanto da poterci chiedere se la rappresentazione dell’alterità non solo risponda ad un bisogno ripetitivo di confrontarsi con le paure più profonde dell’umano quali quella della perdita e della morte, e con il suo desiderio di unità, ricongiunzione, ma anche e soprattutto se i testi tramandanti non informino la percezione dell’alterità dei testi successivi – rafforzando così una sorta di trasmissione e tradizione narrativa dell’alterità. Perché queste paure e desideri vengono trasposti in un’alterità razziale, orientale, esotica, riproponendo un rapporto (gerarchico) di identità e alterità, perturbante e destabilizzante. L’’altro’, sia che venga allontanato scorporandolo dal sé, sia che venga fagocitato come interiorizzazione regressiva dell’umano, conduce alla perdita e alla morte. In tal senso il primitivo non è solo una categoria psichica o politica, ma...
2007
Il primitivismo e le sue metamorfosi. Archeologia di un discorso culturale.
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R. Monticelli (2007). Amnesie, Afasie, (in)dicibilità del primitivo. BOLOGNA : CLUEB.
R. Monticelli
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