Come recita una celebre sentenza nietzschiana, “l’uomo è l’animale non ancora stabilmente determinato” (Al di là del bene e del male, § 62). Si tratta di una definizione che, secondo alcuni interpreti, consente di far rientrare Nietzsche in una lunga e autorevole tradizione filosofica che, indipendentemente dalla direzione dell’orientamento dei diversi autori ascrivibili a essa, vede nell’essere umano, a differenza dell’animale che vive nel mondo stabilizzato dall’istinto, un essere caratterizzato da una carenza della dotazione istintuale, da una genericità e non rigidità degli istinti, che sarebbe poi alla base della sua ben nota plasticità di adattamento e che lo costringerebbe a costruirsi da sé un mondo grazie al proprio agire pratico e tecnico anziché ad adattarsi a un ambiente già dato. Muovendo da queste premesse, nel mio contributo cerco di mostrare come, nel Novecento, coloro che hanno massimamente contribuito alla ripresa, al rilancio e all’ulteriore sviluppo di una tale concezione dell’essere umano siano stati probabilmente i cosiddetti padri dell’antropologia filosofica: Max Scheler, Helmuth Plessner e Arnold Gehlen. Particolarmente rilevante, ai fini del mio discorso, è la posizione di Gehlen, giacché egli collega esplicitamente la propria idea dell’essere umano come creatura “carente” – la cui reale natura è una seconda natura e la cui dimora non è costituita, come per gli altri animali, da un ambiente naturale (Umwelt), ma da un mondo (Welt) storicamente, culturalmente e tecnicamente determinato – alla succitata concezione nietzschiana. Ora, è interessante notare come la complessa tematica antropologico-filosofica esemplarmente sintetizzata dai concetti di “seconda natura” e “mondo/ambiente”, le cui radici originarie possono essere individuate nell’opera biologica di Jakob von Uexküll, giunga – passando attraverso una serie di rielaborazioni filosofiche che includono, oltre a L’uomo (1940) di Gehlen, anche La posizione dell’uomo nel cosmo (1928) di Max Scheler e il corso di Heidegger del semestre invernale 1929/30 sui Concetti fondamentali della metafisica – fino a Verità e metodo (1960) di Gadamer e, tramite la mediazione di quest’ultimo, a uno dei “classici” della filosofia più recente: Mente e mondo (1994) di John McDowell. Dopo aver sinteticamente ricostruito le tematiche principali della filosofia di McDowell, nel mio contributo cerco quindi di stabilire un confronto tra il “naturalismo della seconda natura” di questo autore (uno tra i più autorevoli e influenti tra i filosofi contemporanei) e la concezione nietzschiana dell’animale non ancora stabilmente determinato.

Stefano Marino (2015). La (seconda) natura “non stabilmente determinata” dell’essere umano: un percorso fra Nietzsche e McDowell. Pisa : ETS.

La (seconda) natura “non stabilmente determinata” dell’essere umano: un percorso fra Nietzsche e McDowell

MARINO, STEFANO
2015

Abstract

Come recita una celebre sentenza nietzschiana, “l’uomo è l’animale non ancora stabilmente determinato” (Al di là del bene e del male, § 62). Si tratta di una definizione che, secondo alcuni interpreti, consente di far rientrare Nietzsche in una lunga e autorevole tradizione filosofica che, indipendentemente dalla direzione dell’orientamento dei diversi autori ascrivibili a essa, vede nell’essere umano, a differenza dell’animale che vive nel mondo stabilizzato dall’istinto, un essere caratterizzato da una carenza della dotazione istintuale, da una genericità e non rigidità degli istinti, che sarebbe poi alla base della sua ben nota plasticità di adattamento e che lo costringerebbe a costruirsi da sé un mondo grazie al proprio agire pratico e tecnico anziché ad adattarsi a un ambiente già dato. Muovendo da queste premesse, nel mio contributo cerco di mostrare come, nel Novecento, coloro che hanno massimamente contribuito alla ripresa, al rilancio e all’ulteriore sviluppo di una tale concezione dell’essere umano siano stati probabilmente i cosiddetti padri dell’antropologia filosofica: Max Scheler, Helmuth Plessner e Arnold Gehlen. Particolarmente rilevante, ai fini del mio discorso, è la posizione di Gehlen, giacché egli collega esplicitamente la propria idea dell’essere umano come creatura “carente” – la cui reale natura è una seconda natura e la cui dimora non è costituita, come per gli altri animali, da un ambiente naturale (Umwelt), ma da un mondo (Welt) storicamente, culturalmente e tecnicamente determinato – alla succitata concezione nietzschiana. Ora, è interessante notare come la complessa tematica antropologico-filosofica esemplarmente sintetizzata dai concetti di “seconda natura” e “mondo/ambiente”, le cui radici originarie possono essere individuate nell’opera biologica di Jakob von Uexküll, giunga – passando attraverso una serie di rielaborazioni filosofiche che includono, oltre a L’uomo (1940) di Gehlen, anche La posizione dell’uomo nel cosmo (1928) di Max Scheler e il corso di Heidegger del semestre invernale 1929/30 sui Concetti fondamentali della metafisica – fino a Verità e metodo (1960) di Gadamer e, tramite la mediazione di quest’ultimo, a uno dei “classici” della filosofia più recente: Mente e mondo (1994) di John McDowell. Dopo aver sinteticamente ricostruito le tematiche principali della filosofia di McDowell, nel mio contributo cerco quindi di stabilire un confronto tra il “naturalismo della seconda natura” di questo autore (uno tra i più autorevoli e influenti tra i filosofi contemporanei) e la concezione nietzschiana dell’animale non ancora stabilmente determinato.
2015
Prospettive Omaggio a Giuliano Campioni
379
386
Stefano Marino (2015). La (seconda) natura “non stabilmente determinata” dell’essere umano: un percorso fra Nietzsche e McDowell. Pisa : ETS.
Stefano Marino
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