IL DEBITO E IL FANTASMA DELLA MERCE La scrittura sociale della relazione debitoria ha da sempre costituito un momento fondamentale nella determinazione della qualità soggettiva del legame sociale. Per comprendere se e come tale rapporto svolga ancora, nel capitalismo contemporaneo, un ruolo significativo, occorre intrecciare tale questione, da un lato con la crisi della “teologia politica” del moderno e dall’altra con la conseguente affermazione della merce come spazio privilegiato della solvibilità del debito stesso. Quest’ultima affermazione potrebbe sembrare paradossale, perché è proprio attraverso lo stemperamento della merce dentro l’astrazione del denaro ‒ inteso come ciò che può “appropriarsi di tutti gli oggetti, l’oggetto in senso eminente” ‒ che il rapporto di debito/credito assume una misura che permette il funzionamento del governo economico delle vite. E però, è proprio nell’andamento altalenante tra debito e indebito, tra presenza e assenza della norma, nella promessa che immancabilmente viene rilanciata e poi non mantenuta, che si radica e diventa cogente oggi, sul piano soggettivo, la questione del debito. Il modo in cui la merce abita e governa il rapporto debito/credito è dunque la questione attorno cui il presente articolo tenta di organizzare la riflessione sul debito. Riflessione che parte, è bene esplicitarlo subito, dall’ipotesi che, con l’avvento del neoliberalismo e l’imporsi di un modello di società regolato attorno all’imperativo del godimento del nuovo discorso capitalista, si produca una torsione e una riscrittura interna al rapporto di debito/credito così significativa che non possiamo oggi, nel momento in cui la crisi economica espone di nuovo la vita al problema della sua cruda sopravvivenza materiale, pensare che sia sufficiente riabilitare il tema della colpa e del sacrificio per leggere ciò che accade nel cuore della soggettività attuale.
Chicchi F. (2015). Dissolvenze e insolvenze. Il fantasma e l'indebito della merce. Milano-Udine : Mimesis Edizioni.
Dissolvenze e insolvenze. Il fantasma e l'indebito della merce
CHICCHI, FEDERICO
2015
Abstract
IL DEBITO E IL FANTASMA DELLA MERCE La scrittura sociale della relazione debitoria ha da sempre costituito un momento fondamentale nella determinazione della qualità soggettiva del legame sociale. Per comprendere se e come tale rapporto svolga ancora, nel capitalismo contemporaneo, un ruolo significativo, occorre intrecciare tale questione, da un lato con la crisi della “teologia politica” del moderno e dall’altra con la conseguente affermazione della merce come spazio privilegiato della solvibilità del debito stesso. Quest’ultima affermazione potrebbe sembrare paradossale, perché è proprio attraverso lo stemperamento della merce dentro l’astrazione del denaro ‒ inteso come ciò che può “appropriarsi di tutti gli oggetti, l’oggetto in senso eminente” ‒ che il rapporto di debito/credito assume una misura che permette il funzionamento del governo economico delle vite. E però, è proprio nell’andamento altalenante tra debito e indebito, tra presenza e assenza della norma, nella promessa che immancabilmente viene rilanciata e poi non mantenuta, che si radica e diventa cogente oggi, sul piano soggettivo, la questione del debito. Il modo in cui la merce abita e governa il rapporto debito/credito è dunque la questione attorno cui il presente articolo tenta di organizzare la riflessione sul debito. Riflessione che parte, è bene esplicitarlo subito, dall’ipotesi che, con l’avvento del neoliberalismo e l’imporsi di un modello di società regolato attorno all’imperativo del godimento del nuovo discorso capitalista, si produca una torsione e una riscrittura interna al rapporto di debito/credito così significativa che non possiamo oggi, nel momento in cui la crisi economica espone di nuovo la vita al problema della sua cruda sopravvivenza materiale, pensare che sia sufficiente riabilitare il tema della colpa e del sacrificio per leggere ciò che accade nel cuore della soggettività attuale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.