Ha davvero un contenuto il termine merito? Date due azioni o caratteristiche, esiste un modo «naturale» e definitivo di ordinarle secondo il merito? Una società meritocratica significa qualcosa di diverso da un ordine sociale basato sulla produttività? E, posto che voglia dire proprio questo, è il modo migliore di realizzare la giustizia sociale? Questi sono i principali interrogativi a cui il libro cerca di dare una risposta. Il punto di partenza è un’analisi del concetto stesso di merito, che tenta di metterne in luce la fondamentale ambiguità semantica. Oltre a distinguersi dal concetto di entitlement o titolo valido, il termine può riferirsi a prestazioni e azioni individuali, di solito svolte al servizio della comunità o di entità sociali; a potenzialità, talenti o qualità intrinseche all’individuo; ad azioni sociali intenzionali, oppure a conseguenze inattese; ad atti effettivamente compiuti e coronati da successo, oppure a impegni e sforzi in direzioni socialmente approvate (a vario titolo); può essere individuale o di gruppo, può realizzarsi in competizione o in collaborazione con altri, può essere attribuito in assoluto o in comparazione con meriti altrui. La tesi qui sostenuta, in sintesi, è che l’oggettivazione sociale di un merito si compone di elementi distinti: un insieme di basi o titoli di merito, un insieme di ricompense, una o più fonti che erogano tali ricompense, un insieme di quadri regolativi che fondano un obbligo a ricompensare. Ne segue che i criteri di attribuzione del merito (gli standard su cui giudicare una prestazione o qualità) e il fatto di meritare (la corrispondenza di una prestazione o qualità a tali standard) possono avere un valore morale differente. Una prestazione può essere meritevole in quanto corrisponde a criteri che tuttavia, a loro volta, non sono giusti.
Brigati, R. (2015). Il giusto a chi va. Filosofia del merito e della meritocrazia. Bologna : Il Mulino.
Il giusto a chi va. Filosofia del merito e della meritocrazia
BRIGATI, ROBERTO
2015
Abstract
Ha davvero un contenuto il termine merito? Date due azioni o caratteristiche, esiste un modo «naturale» e definitivo di ordinarle secondo il merito? Una società meritocratica significa qualcosa di diverso da un ordine sociale basato sulla produttività? E, posto che voglia dire proprio questo, è il modo migliore di realizzare la giustizia sociale? Questi sono i principali interrogativi a cui il libro cerca di dare una risposta. Il punto di partenza è un’analisi del concetto stesso di merito, che tenta di metterne in luce la fondamentale ambiguità semantica. Oltre a distinguersi dal concetto di entitlement o titolo valido, il termine può riferirsi a prestazioni e azioni individuali, di solito svolte al servizio della comunità o di entità sociali; a potenzialità, talenti o qualità intrinseche all’individuo; ad azioni sociali intenzionali, oppure a conseguenze inattese; ad atti effettivamente compiuti e coronati da successo, oppure a impegni e sforzi in direzioni socialmente approvate (a vario titolo); può essere individuale o di gruppo, può realizzarsi in competizione o in collaborazione con altri, può essere attribuito in assoluto o in comparazione con meriti altrui. La tesi qui sostenuta, in sintesi, è che l’oggettivazione sociale di un merito si compone di elementi distinti: un insieme di basi o titoli di merito, un insieme di ricompense, una o più fonti che erogano tali ricompense, un insieme di quadri regolativi che fondano un obbligo a ricompensare. Ne segue che i criteri di attribuzione del merito (gli standard su cui giudicare una prestazione o qualità) e il fatto di meritare (la corrispondenza di una prestazione o qualità a tali standard) possono avere un valore morale differente. Una prestazione può essere meritevole in quanto corrisponde a criteri che tuttavia, a loro volta, non sono giusti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.