La tradizione trobadorica medievale è avvicinata in questo libro con uno sguardo di tipo cartografico e archeologico, partendo dalla constatazione che essa, se studiata nelle sue fonti manoscritte, ha caratteristi-che di molteplicità e stratificazione simili a quelle di un campo di scavi. L’idea che emerge da questo in-novativo sopralluogo è che la poesia provenzale così come l’abbiamo sempre studiata non è mai esistita. Non c’è alcuna evidenza dell’esistenza della maggior parte dei trovatori; il presunto caposcuola Gugliel-mo IX non ha mai composto poesie; la stragrande maggioranza dei nomi di trovatori va interpretata come un insieme di denominazioni professionali (nomi comuni che significano “poeta” e non nomi propri die-tro i quali si nascondono delle persone identificabili); non ci sono date reali alle quali riferirsi. Anche la lingua poetica dei trovatori, poi, mostra caratteristiche di tipo tradizionale arcaico, che suggeriscono un accostamento del trovatore ai professionisti della parola dell’Europa preistorica piuttosto che ai chierici litterati delle scuole di retorica medievale. Bisognerebbe infine incominciare a pensare ai trovatori allo stesso modo in cui pensiamo ai moderni cantautori, con tutte le conseguenze (interpretative, filologiche, editoriali) che questo accostamento porta con sé. L’imm agine che resta è quella di una tradizione molte-plice e stratificata, una mappa non geometrizzabile e non periodizzabile in categorie di tipo storico-letterario, la cui bellezza, fatta di vuoti e discontinuità, è più simile alla geologia acentrica di un paesaggio che alle forme riconoscibili di un dipinto di passaggio.
Benozzo F. (2008). Cartografie occitaniche. Approssimazione alla poesia dei trovatori. NAPOLI : Liguori.
Cartografie occitaniche. Approssimazione alla poesia dei trovatori
BENOZZO, FRANCESCO
2008
Abstract
La tradizione trobadorica medievale è avvicinata in questo libro con uno sguardo di tipo cartografico e archeologico, partendo dalla constatazione che essa, se studiata nelle sue fonti manoscritte, ha caratteristi-che di molteplicità e stratificazione simili a quelle di un campo di scavi. L’idea che emerge da questo in-novativo sopralluogo è che la poesia provenzale così come l’abbiamo sempre studiata non è mai esistita. Non c’è alcuna evidenza dell’esistenza della maggior parte dei trovatori; il presunto caposcuola Gugliel-mo IX non ha mai composto poesie; la stragrande maggioranza dei nomi di trovatori va interpretata come un insieme di denominazioni professionali (nomi comuni che significano “poeta” e non nomi propri die-tro i quali si nascondono delle persone identificabili); non ci sono date reali alle quali riferirsi. Anche la lingua poetica dei trovatori, poi, mostra caratteristiche di tipo tradizionale arcaico, che suggeriscono un accostamento del trovatore ai professionisti della parola dell’Europa preistorica piuttosto che ai chierici litterati delle scuole di retorica medievale. Bisognerebbe infine incominciare a pensare ai trovatori allo stesso modo in cui pensiamo ai moderni cantautori, con tutte le conseguenze (interpretative, filologiche, editoriali) che questo accostamento porta con sé. L’imm agine che resta è quella di una tradizione molte-plice e stratificata, una mappa non geometrizzabile e non periodizzabile in categorie di tipo storico-letterario, la cui bellezza, fatta di vuoti e discontinuità, è più simile alla geologia acentrica di un paesaggio che alle forme riconoscibili di un dipinto di passaggio.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.