L’argomento della scenografia e del suo rapporto con la prospettiva è un tema centrale e complesso poiché narra di eventi che sono al centro della materia del disegno, del progetto, e della rappresentazione e mi ha spintoa cercare di spiegarne i connotati, costruendo una sorta di cappello e inquadramento di quanto scritto nelle pagine che seguono. Per affrontare il cimento lo scritto parte dal tema della ‘rappresentazione’ e dalla sua etimologia che è sviscerata per scoprirne il legame con la scenografia in quanto mezzo di rappresentazione. Ulteriori fondamenti della questione sono ritrovati nella trattazione del problema prospettico rinascimentale partendo dai due famosi scritti di Ricahrd Krautheimer, il primo del 1948 The Tragic and Comic Scene of thè Renaissance. The Baltimore and Urbino Panels, e il secondo del 1994 Le tavole di Urbino, Berlino, Baltimora riesaminate, oltre alla profonda chiosa al primo scritto redatta da Hubert Damish. Passando dal soggetto al mezzo, assume importanza notevolissima la pur stringata testimonianza prodotta trenta anni prima Giovanni Sulpicio da Veroli che nella lettera dedicatoria della prima edizione a stampa del De Architectura di Vitruvio (Roma 1486 circa), al cardinale Raffaele Riario, include alcune allusioni a spettacoli patrocinati all’epoca dal cardinale, che egli loda tra l’altro per essere stato il primo “nel nostro secolo” a far vedere una “scena dipinta”. In questa direzione lo scritto dimostra come nel passaggio alla scena dipinta abbia giocato un ruolo determinante l’acquisizione rinascimentale della scienza prospettica – ‘prospettive’ vengono non a caso chiamate, nei documenti antichi, le scene di questo tipo - le cui leggi consentivano appunto di ricostruire su una superficie piana una convenzionale tridimensionalità, nella quale i movimenti degli attori avrebbero potuto trovare una collocazione spaziale credibile ed oggettiva. In questo contesto la finestra prospettica gioca un ruolo determinante nel passaggio alla scena dipinta – le sue leggi consentivano appunto di ricostruire su una superficie piana una convenzionale tridimensionalità, nella quale i movimenti degli attori avrebbero potuto trovare una collocazione spaziale credibile ed oggettiva. In questo senso la prospettiva non era solo un sistema pratico per i pittori. Essa era fondamentalmente un nuovo approccio, destinato a trasformare l’approccio dell’uomo occidentale ad illusione e realtà. Nel corso dei nostri ragionamenti abbiamo cercato di mostrare come il rapporto rappresentazione/realtà sia essenzialmente un rapporto complesso le cui soluzioni possibili possono comportare o non comportare la transitività da soggetto a oggetto. La modificazione di questo rapporto dipende da come ci si ponga rispetto ai mezzi che lo governano, cioè le convenzioni. Le convenzioni sono, teoricamente parlando i mezzi dell’imitazione, poiché senza esse, la sua azione non potrebbe avvenire”. Le convenzioni sono dunque definite in rapporto a chi ci ha preceduti e ha disegnato o comunque realizzato rappresentazioni, e a chi lo fa contemporaneamente a noi. Un determinato utilizzo di mezzi non è per noi allora l’impiego di una sorta di procedura aritmetica a cui obbedire o da capovolgere o modificare, ma costituisce l’insieme delle condizioni che fissano la nostra rappresentazione nel proprio stesso ‘essere’ ed ‘esistere’ nello spazio e nel tempo. Per questo ogni movimento architettonico ha sempre cercato di fissare un proprio sistema di convenzioni, e così la rappresentazione si muove entro convenzioni accuratamente fissate e largamente riconosciute. Cambiando forma rappresentativa, la prima cosa che deve essere nuovamente e chiaramente fissata è il sistema delle convenzioni. La creazione di scene virtuali digitali ripropone proprio questo problema: quello delle convenzioni della mimesi. Ora che i media stanno cambiando e abbiamo bisogno di nuove convenzioni è importante gettare solidi basi su ciò che andiamo a immettere...

M.Gaiani (2005). Scaena-scaenografia. MILANO : Polidesign.

Scaena-scaenografia

GAIANI, MARCO
2005

Abstract

L’argomento della scenografia e del suo rapporto con la prospettiva è un tema centrale e complesso poiché narra di eventi che sono al centro della materia del disegno, del progetto, e della rappresentazione e mi ha spintoa cercare di spiegarne i connotati, costruendo una sorta di cappello e inquadramento di quanto scritto nelle pagine che seguono. Per affrontare il cimento lo scritto parte dal tema della ‘rappresentazione’ e dalla sua etimologia che è sviscerata per scoprirne il legame con la scenografia in quanto mezzo di rappresentazione. Ulteriori fondamenti della questione sono ritrovati nella trattazione del problema prospettico rinascimentale partendo dai due famosi scritti di Ricahrd Krautheimer, il primo del 1948 The Tragic and Comic Scene of thè Renaissance. The Baltimore and Urbino Panels, e il secondo del 1994 Le tavole di Urbino, Berlino, Baltimora riesaminate, oltre alla profonda chiosa al primo scritto redatta da Hubert Damish. Passando dal soggetto al mezzo, assume importanza notevolissima la pur stringata testimonianza prodotta trenta anni prima Giovanni Sulpicio da Veroli che nella lettera dedicatoria della prima edizione a stampa del De Architectura di Vitruvio (Roma 1486 circa), al cardinale Raffaele Riario, include alcune allusioni a spettacoli patrocinati all’epoca dal cardinale, che egli loda tra l’altro per essere stato il primo “nel nostro secolo” a far vedere una “scena dipinta”. In questa direzione lo scritto dimostra come nel passaggio alla scena dipinta abbia giocato un ruolo determinante l’acquisizione rinascimentale della scienza prospettica – ‘prospettive’ vengono non a caso chiamate, nei documenti antichi, le scene di questo tipo - le cui leggi consentivano appunto di ricostruire su una superficie piana una convenzionale tridimensionalità, nella quale i movimenti degli attori avrebbero potuto trovare una collocazione spaziale credibile ed oggettiva. In questo contesto la finestra prospettica gioca un ruolo determinante nel passaggio alla scena dipinta – le sue leggi consentivano appunto di ricostruire su una superficie piana una convenzionale tridimensionalità, nella quale i movimenti degli attori avrebbero potuto trovare una collocazione spaziale credibile ed oggettiva. In questo senso la prospettiva non era solo un sistema pratico per i pittori. Essa era fondamentalmente un nuovo approccio, destinato a trasformare l’approccio dell’uomo occidentale ad illusione e realtà. Nel corso dei nostri ragionamenti abbiamo cercato di mostrare come il rapporto rappresentazione/realtà sia essenzialmente un rapporto complesso le cui soluzioni possibili possono comportare o non comportare la transitività da soggetto a oggetto. La modificazione di questo rapporto dipende da come ci si ponga rispetto ai mezzi che lo governano, cioè le convenzioni. Le convenzioni sono, teoricamente parlando i mezzi dell’imitazione, poiché senza esse, la sua azione non potrebbe avvenire”. Le convenzioni sono dunque definite in rapporto a chi ci ha preceduti e ha disegnato o comunque realizzato rappresentazioni, e a chi lo fa contemporaneamente a noi. Un determinato utilizzo di mezzi non è per noi allora l’impiego di una sorta di procedura aritmetica a cui obbedire o da capovolgere o modificare, ma costituisce l’insieme delle condizioni che fissano la nostra rappresentazione nel proprio stesso ‘essere’ ed ‘esistere’ nello spazio e nel tempo. Per questo ogni movimento architettonico ha sempre cercato di fissare un proprio sistema di convenzioni, e così la rappresentazione si muove entro convenzioni accuratamente fissate e largamente riconosciute. Cambiando forma rappresentativa, la prima cosa che deve essere nuovamente e chiaramente fissata è il sistema delle convenzioni. La creazione di scene virtuali digitali ripropone proprio questo problema: quello delle convenzioni della mimesi. Ora che i media stanno cambiando e abbiamo bisogno di nuove convenzioni è importante gettare solidi basi su ciò che andiamo a immettere...
2005
La falsa prospettiva come strumento di gestione degli spazi architettonici
7
31
M.Gaiani (2005). Scaena-scaenografia. MILANO : Polidesign.
M.Gaiani
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