L’esame di coscienza di un letterato esprime giudizi affatto negativi intorno alla guerra, definita un «gorgo che si consuma in se stesso». Eppure Renato Serra decise ugualmente di partire per il fronte, pur avendo potuto evitarlo. Il saggio indaga le ragioni della sua scelta, articolata in tre punti: in primo luogo la guerra è una scuola di vita che fortifica il carattere e insegna a vivere «con più religiosa semplicità». In secondo luogo l’andare in guerra risponde all’adempimento di un dovere che, essendo Serra un profondo conoscitore di Kant, fa pensare all’imperativo categorico, osservato senza secondi fini, ossia senza cercare ragioni ideologiche o ideali, senza quindi legittimazioni esterne. In terzo luogo si va in guerra per vincere l’isolamento del letterato, per identificarsi nella collettività di un gruppo, per un senso di solidarietà che spinge Serra ad «andare insieme». Queste pronunce, risalenti a un paio di mesi prima dell’inizio della prima guerra mondiale, sono poi messe a confronto con il Diario di trincea, scritto da Serra pochi giorni prima di essere colpito a morte, per vedere la differenza tra il momento dell’esigenza di “esserci” e il momento dell’“essere in mezzo alle cose”. Per meglio comprendere la posizione di Serra e la sua singolarità, la si mette anche in parallelo con le esperienze belliche di altri memorialisti della prima guerra mondiale, da Piero Jahier a Giani Stuparich, da Emilio Lussu a Carlo Emilio Gadda.
Renato Serra e la memorialistica della prima guerra mondiale, / Battistini, Andrea. - STAMPA. - 1:(2015), pp. 21-44.
Renato Serra e la memorialistica della prima guerra mondiale,
BATTISTINI, ANDREA
2015
Abstract
L’esame di coscienza di un letterato esprime giudizi affatto negativi intorno alla guerra, definita un «gorgo che si consuma in se stesso». Eppure Renato Serra decise ugualmente di partire per il fronte, pur avendo potuto evitarlo. Il saggio indaga le ragioni della sua scelta, articolata in tre punti: in primo luogo la guerra è una scuola di vita che fortifica il carattere e insegna a vivere «con più religiosa semplicità». In secondo luogo l’andare in guerra risponde all’adempimento di un dovere che, essendo Serra un profondo conoscitore di Kant, fa pensare all’imperativo categorico, osservato senza secondi fini, ossia senza cercare ragioni ideologiche o ideali, senza quindi legittimazioni esterne. In terzo luogo si va in guerra per vincere l’isolamento del letterato, per identificarsi nella collettività di un gruppo, per un senso di solidarietà che spinge Serra ad «andare insieme». Queste pronunce, risalenti a un paio di mesi prima dell’inizio della prima guerra mondiale, sono poi messe a confronto con il Diario di trincea, scritto da Serra pochi giorni prima di essere colpito a morte, per vedere la differenza tra il momento dell’esigenza di “esserci” e il momento dell’“essere in mezzo alle cose”. Per meglio comprendere la posizione di Serra e la sua singolarità, la si mette anche in parallelo con le esperienze belliche di altri memorialisti della prima guerra mondiale, da Piero Jahier a Giani Stuparich, da Emilio Lussu a Carlo Emilio Gadda.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.